Perché la segnaletica stradale è importante — per la mobilità lenta

Giulia Gnola 30/10/19
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Ci hanno detto che, come specie, gli esseri umani sono programmati per non guardare lontano, per ignorare un futuro che tanto potrebbe non arrivare mai. Questo è senz’altro il presupposto dei tecnici che compongono la segnaletica orizzontale dipinta sulle vie cittadine, i quali sembrano convinti che tutti noi guidiamo con gli occhi fissi su un punto appena oltre il cofano della nostra auto. […] Ma se non guardiamo al di là del nostro naso, come facciamo a vedere il pedone che sta attraversando la strada?

È strano. Quando impariamo a guidare, ci viene detto di tenere alto lo sguardo. Ma se vediamo una scritta in lontananza e la leggiamo normalmente, dall’alto in basso, ad esempio «STOP BUS», commettiamo un errore (la scritta «BUS STOP» indica un’area di fermata riservata ai bus, ma letta al contrario «STOP BUS» significa che l’autobus deve fermarsi e che l’indicazione non è realizzata per destare attenzione negli altri utenti).

Jonathan Franzen (se non sapete chi è, vi consiglio di cercarlo!) ha scritto queste parole tirando in ballo uno dei tanti problemi della segnaletica orizzontale: per come è normata, e di conseguenza disegnata, rende le nostre strade più sicure?

Certo non era questo il quesito o l’intento del suo capitolo finale di La fine della fine della terra, ma non ho resistito alla tentazione di usare le sue parole come incipit!

Segnaletica stradale e mobilità lenta: nuove soluzioni?

Ti è mai capitato di guidare oltreoceano, o al di là della Manica? Avrai senz’altro notato che l’attraversamento pedonale è spesso segnalato su asfalto con la scritta «PED XING»: non è cinese. «Ped» sta per «pedestrian», e la x di «xing» va letta «cross» (croce).
Il “rebus”, desta attenzione nei confronti del pedone?

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Torniamo in Italia: qui la segnaletica stradale è comparsa agli inizi del XX secolo su iniziativa dei soci del Touring Club Italiano. A oggi, per quanto riguarda le piste ciclabili e la mobilità dolce (di cui ci occupiamo in questa rassegna ormai da mesi), si fa riferimento principalmente all’Art. 10 del Decreto Ministeriale N. 557 del 30/11/1999:

– ferma restando l’applicazione delle disposizioni relative alla segnaletica stradale previste dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni, le piste ciclabili devono essere provviste della specifica segnaletica verticale di cui ai commi 9 e 10 dell’articolo 122 del suddetto decreto del Presidente della Repubblica all’inizio ed alla fine del loro percorso, dopo ogni interruzione e dopo ogni intersezione;

– le piste ciclabili devono essere provviste di appositi simboli e scritte orizzontali che ne distinguano l’uso specialistico, anche se la pavimentazione delle stesse è contraddistinta nel colore da quella delle contigue parti di sede stradale destinate ai veicoli a motore ed ai pedoni. Analogamente deve essere segnalato, con apposite
frecce direzionali sulla pavimentazione, ogni cambio di direzione della pista.

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Tutto questo, evidentemente, non basta. La sicurezza, specie degli attraversamenti e degli incroci non è valutata adeguatamente nei progetti, e per questo occorrono soluzioni diverse, che si aggiungano e implementino quanto prescritto dalla norma e quanto già i progettisti prevedono.

Continueremo a parlarne tra due mercoledì e prima di continuare con la seconda parte dell’articolo, dedicata alla simulazione di un progetto di incrocio stradale, vorrei rubarvi un ultimo minuto per farvi conoscere un approccio alternativo alla pianificazione standard del traffico: il Context Sensitive Approach.

Ecco il Context Sensitive Approach

È uno strumento molto utile per l’esame di un progetto o una strada esistente, per segnalarne l’incidentalità potenziale e le prestazioni di sicurezza, rilevarne le carenze e prendere in considerazione le comunità e le terre che attraversa.

Ho trovato il Context Sensitive Design (CSD) o Context Sensitive Approach durante una ricerca sulle piste ciclabili di Rimini, e ho scoperto questo documento* in cui gli autori, partendo dai risultati raccolti sull’esistente, forniscono risultati utili per progettisti, appaltatori di costruzione e manutenzione, al fine di ottenere una pista ciclabile sicura.

Consiglio vivamente di consultare il paper completo per capirne l’effettiva efficacia.
* 2011 International Conference on Green Buildings and Sustainable Cities, Giulio Dondi, Andrea Simone, Claudio Lantieri, Valeria Vignali, Università di Bologna.

Qual è la definizione ufficiale di Context Sensitive Approach?

È della Federal Highway Administration: «si tratta di un approccio collaborativo e interdisciplinare che coinvolge tutte le parti interessate nello sviluppo di una struttura di trasporto che si adatti al suo ambiente fisico e preservi risorse paesaggistiche, estetiche, storiche e ambientali, mantenendo sicurezza e mobilità. Il CSD è un approccio che considera il contesto totale all’interno del quale esisterà un progetto di miglioramento dei trasporti».

Di norma, la progettazione convenzionale su strada prende in considerazione cinque criteri principali:
– la minimizzazione dei costi;
– la massimizzazione delle prestazioni;
– la domanda di traffico;
– il livello degli obiettivi di servizio desiderati;
– la massimizzazione della sicurezza.

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Quali sono i criteri principali del Context Sensitive Approach?

Il funzionamento di questo tipo di progettazione prevede:
– un team interdisciplinare per l’analisi, composto da competenze come ingegneri del traffico, progettisti urbani, ecologi, storici, pianificatori dei trasporti e urbani, biologi, scienziati sociali, architetti del paesaggio, geologi ecc.;
– valutazione e analisi del contesto come potenziale elemento interessato dal progetto;

sintesi di informazioni e articolazione di una dichiarazione di contesto (determinazione dei bisogni);
– sviluppo di alternative di progettazione;
– visualizzare e comunicare proposte e idee (strategie di visualizzazione);

– valutazione delle strategie di progettazione, inclusi finanziamenti, considerazioni normative, ambientali e feedback della comunità;
– valutazione del processo e dei risultati del CSD, man mano che il progetto viene costruito e inizia a essere utilizzato.

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Intersezione ciclabile: come renderla sicura? Pt. 2

Nello schema finale dell’articolo precedente (che potete rileggere qui), ho illustrato le principali componenti e strategie progettuali per incrementare la sicurezza di un incrocio. Fra queste, la c.d. visuale libera. Come determinarla?

La distanza di visuale libera deve essere tale da permettere alle persone alla guida e in bicicletta di vedersi reciprocamente prima dell’incrocio.

Il calcolo viene eseguito sommando: area di sosta vietata + strisce di attraversamento pedonale/ciclabile + l’isola di traffico per la retrocessione biciclette.

 

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La visuale libera è determinata anche dalla velocità con cui i ciclisti e i veicoli a motore viaggiano. Quando le velocità in bici sono elevate, come in discesa, o quando le velocità di avvicinamento dei veicoli a motore superano i 50 km/h, allora le aree vietate alla sosta sono necessarie; dunque vanno conteggiate per determinare la lunghezza di visuale libera.

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Si può invece diminuire la lunghezza della visuale libera quando la velocità (reale e di progetto) delle biciclette è bassa, così come quella di sterzata dei mezzi a motore, ad esempio nei vialetti o nei vicoli.

Facciamo un esempio numerico, come indicato nell’illustrazione sopra: se l’isola di traffico per la retrocessione è di 3,5 m, la velocità media dei veicoli a motore 40 km/h, la velocità delle biciclette medio-bassa, allora la lunghezza da conferire alla visuale libera dovrebbe essere almeno 12 m, misurata dall’ultimo stallo per le auto al punto in cui i ciclisti sono esposti ai veicoli in curva. In queste condizioni, il ciclista dovrebbe avere circa 15 m3 secondi per vedere il mezzo in sterzata e poter reagire.

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Appuntamento a mercoledì 13 novembre per continuare il progetto!

Per consigli, suggestioni, commenti, scrivetemi a: giulia.gnola@maggioli.it

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