Gazebo con impianto fotovoltaico, serve permesso di costruire?

Nella rassegna sentenze di oggi molto sui titoli edilizi: annullamento del permesso di costruire in caso di falso, quali limiti temporali? Il principio di silenzio-assenso vale nel caso di zona soggetta a vincoli?

Mario Petrulli 28/04/20
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Ecco una selezione delle sentenze per l’edilizia pubblicate la scorsa settimana; gli argomenti oggetto delle pronunce sono: gazebo con impianto fotovoltaico, serve permesso di costruire? Mancata prova della data ultimazione dei lavori, c’è sanatoria? Rideterminazione del contributo di costruzione in caso di errore, quale limite prescrizionale?

E sempre sul permesso di costruire: annullamento in caso di falso, quali limiti temporali sono prescritti? Il principio di silenzio-assenso vale nel caso di zona soggetta a vincoli? Leggiamo tutto in dettaglio.

Gazebo con impianto fotovoltaico, serve permesso di costruire?

TAR Puglia, Bari, sez. III, sent. 23 aprile 2020, n. 531

È una pertinenza rientrante nell’alveo dell’attività edilizia libera un pergolato aperto sui lati, costituito da quattro pilastrini (di dimensioni 15×15) in legno lamellare appoggiati sul terrazzo e sormontati da piccole travi, sempre in legno lamellare, su cui è destinato ad essere installato un impianto fotovoltaico di modeste dimensioni finalizzato a produrre energia elettrica per uso domestico a servizio esclusivo dell’abitazione

È una pertinenza rientrante nell’alveo dell’attività edilizia libera un pergolato aperto sui lati, costituito da quattro pilastrini (di dimensioni 15×15) in legno lamellare appoggiati sul terrazzo e sormontati da piccole travi, sempre in legno lamellare, su cui è destinato ad essere installato un impianto fotovoltaico di modeste dimensioni finalizzato a produrre energia elettrica per uso domestico a servizio esclusivo dell’abitazione.

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Trattandosi di una pertinenza, la sua realizzazione non richiede permesso di costruire essendo riconducibile al concetto di attività edilizia libera di cui all’art. 6 del T.U. Edilizia, di cui al D.P.R. 380/2001.

Già in passato la giurisprudenza amministrativa, prima della novella introdotta all’articolo 6 del precitato DPR, aveva stabilito che “la realizzazione di un pergolato sul lastrico solare di un edificio esistente, ancorché destinato a sostenere un impianto di produzione di energia elettrica, costituisce opera edilizia soggetta al regime delle opere assentibili ex art. 22 d.P.R. 380/01. Infatti l’installazione di pannelli fotovoltaici si considera attività edilizia libera, che non richiede un titolo edilizio, solo se i pannelli sono aderenti o integrati nei tetti o coperture di edifici esistenti” (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, sent. 15 giugno 2015, n. 883).

Questa chiave di lettura risulta confermata dall’art. 3 del d.lgs. 25 novembre 2016, n.222, che ha modificato l’art. 6 del Testo Unico in materia edilizia il cui articolato normativo si arricchisce di un comma e-quater, a mente del quale i pannelli solari, fotovoltaici, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori della zona A) di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

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Mancata prova della data ultimazione dei lavori, c’è sanatoria?

Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 20 aprile 2020 n. 2524

Nessuna sanatoria se l’interessato non prova la data di ultimazione dei lavori

In base a un consolidato orientamento giurisprudenziale, l’onere della prova circa l’ultimazione dei lavori entro la data utile per ottenere il condono grava sul richiedente la sanatoria, dal momento che solo l’interessato può fornire inconfutabili atti, documenti ed elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto da sanare.

Tale prova dev’essere rigorosa e deve fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, dovendosi, tra l’altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate (Cons. Stato, Sez. VI, 4/3/2019, n. 1476; 9/7/2018, n. 4168; Sez. IV, 30/3/2018, n. 2020).

In difetto di prova, l’amministrazione ha il dovere di negare la sanatoria dell’abuso (ex plurimis Cons. Stato, Sez. VI, 3/4/2019, n. 2203; 6/2/2019, n. 897; 9/7/2018, n. 4168 e 17/5/2018, n. 2995; Sez. IV, 30/8/2018, n. 5101).

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Rideterminazione contributo di costruzione in caso di errore, quale limite prescrizionale?

Consiglio di Stato, sez. II, sent. 20 aprile 2020 n. 2532

Possibile, entro il termine decennale di prescrizione, la rideterminazione del contributo di costruzione in caso di erronea liquidazione

Gli atti con i quali la Pubblica Amministrazione determina e liquida il contributo di costruzione costituiscono l’esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, nell’ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico e soggetta al termine di prescrizione decennale; nel corso del rapporto concessorio, dunque, la Amministrazione può rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo del contributo di concessione, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale, ai sensi dell’art. 2946 c.c., decorrente dal rilascio del titolo edilizio ( cfr. C.G.A. 3 febbraio 2020, n. 89; Cons. Stato Sez. II, 18 novembre 2019, n. 7854; Sez. IV, 17 settembre 2019, n. 6198; Ad. Plen. 30 agosto 2018, n. 12).

Annullamento permesso di costruire in caso di falso, quali limiti temporali sono prescritti?

TAR Toscana, sez. III, sent. 20 aprile 2020 n. 449

Senza limiti temporale l’annullamento del permesso di costruire in caso di falsa prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento del titolo conseguito

La falsa prospettazione da parte del privato delle circostanze in fatto e in diritto poste a fondamento del titolo conseguito non consente di configurare in capo alcuna posizione di affidamento legittimo, di modo che l’onere motivazionale gravante sull’amministrazione potrà dirsi soddisfatto anche solo attraverso il documentato richiamo alla non veritiera prospettazione di parte; ma non per questo può dirsi che, in materia edilizia, l’autotutela assuma una connotazione vincolata, né che sia configurabile un interesse pubblico in re ipsa all’annullamento d’ufficio, trovando pur sempre applicazione la disciplina generale di cui all’art. 21-nonies della legge n. 241/1990 (Cons. Stato, A.P., 17 ottobre 2017, n. 8).

A tali indicazioni si è allineata la giurisprudenza successiva, la quale, con riferimento alla novellata previsione dell’art. 21-nonies cit., in presenza di false attestazioni ammette che l’amministrazione possa intervenire in autotutela anche oltre il termine tassativo di diciotto mesi oggi stabilito per l’annullamento d’ufficio, fermo restando che, in ossequio alla natura tradizionalmente riconosciuta all’autotutela decisoria, non si tratta di scelta vincolata (per tutte, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 novembre 2018, n. 6308).

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Il principio di silenzio-assenso vale nel caso di zona soggetta a vincoli?

Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 21 aprile 2020 n. 2535

Niente silenzio-assenso del permesso di costruire in caso di zona soggetta a vincoli

L’art. 20 del T.U. 380/2001, che disciplina il procedimento per il rilascio del permesso di costruire, prevede un termine complessivo di novanta giorni entro il quale l’amministrazione deve determinarsi, dato che entro sessanta giorni dalla presentazione della relativa domanda il responsabile del procedimento, ai sensi del comma 3, deve formulare una proposta di provvedimento, sulla quale come previsto dal comma 6, il dirigente deve esprimersi, emanando il provvedimento.

Ove ciò non avvenga, ovvero nel caso in cui ci si trovi davanti al silenzio, dispone il comma 8, che va considerato – in base al principio tempus regit actum – nel testo vigente all’epoca dei fatti, ovvero nel momento in cui vennero a scadere i novanta giorni per provvedere sull’originaria domanda dell’appellante, di data 29 dicembre 2014: “Decorso inutilmente il termine per l’adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell’ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui al comma 9”.

A sua volta, il comma 9 disponeva, per quanto interessa, che, “Qualora l’immobile oggetto dell’intervento sia sottoposto a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, il termine di cui al comma 6 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso, il procedimento è concluso con l’adozione di un provvedimento espresso e si applica quanto previsto dall’ articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.

In presenza di vincoli del tipo indicato, pertanto, all’epoca dei fatti era escluso che di silenzio assenso si potesse parlare, e quindi non era possibile la formazione tacita del titolo pretesa dalla parte ricorrente appellante.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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Foto: iStock/filo

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