Distanza tra edifici, in questi casi deve essere 10 metri

Attenzione, c’è differenza tra nuovi immobili e la ricostruzione di fabbricati preesistenti. Leggi la selezione di sentenze di questa settimana!

Mario Petrulli 19/03/21
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Eccoci nuovamente alla selezione di sentenze della settimana in materia edilizia e urbanistica. Come primo argomento vedremo i casi in cui la distanza tra edifici deve essere pari a 10 metri. A seguire: permesso di costruire per tettoie di rilevanti dimensioni, nozione di pergotenda, edificabilità in fascia di rispetto cimiteriale e legame tra onere di urbanizzazione e conseguenze del trasferimento del permesso di costruire.

Vediamo tutte le sentenze in dettaglio.

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Distanza tra edifici, in questi casi deve essere 10 metri

TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 11 marzo 2021 n. 1624

La distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti riguarda la realizzazione di nuovi edifici e non la ricostruzione di edifici preesistenti

È noto come, secondo la condivisibile giurisprudenza, la disposizione contenuta nell’art. 9 DM n. 1444/1968, che prescrive la distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza. Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell’interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal codice civile. La medesima disposizione tuttavia riguarda “nuovi edifici“, intendendosi per tali gli edifici o parti e/o sopraelevazioni di essi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3522/2016) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse (cfr Cons Stato sez IV, 16/10/2020 n.6282).

La stessa giurisprudenza ha precisato che si ha ricostruzione, che segue le sorti dell’immobile originario, quando ci si contenga nei limiti preesistenti di altezza, volumetria, sagoma dell’edificio. Si ha un novum, una nuova costruzione, soggetta alle distanze vigenti, per ciò che eccede (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 4728/2017 secondo cui , nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, proprio perché coincidente per tali profili con il manufatto preesistente, potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze dal confine e/o da altri fabbricati, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa); in particolare la Suprema Corte ha osservato che per gli interventi sul complesso edilizio preesistente, che non comportino variazioni della sagoma planivolumetrica, sono ammesse le distanze preesistenti. Qualora, invece, la ricostruzione non è fedele al fabbricato demolito occorre rispettare la disciplina delle distanze legali vigenti al momento della realizzazione dell’opera (cfr. Cassazione civile sez. II, 25/09/2018, n.22621).

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Permesso di costruire per tettoie di rilevanti dimensioni

TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 11 marzo 2021, n. 1613

Serve il permesso di costruire per le tettoie di rilevanti dimensioni

Due tettoie di rilevante impatto, per superfici di circa mq. 55,00 e mq. 60,00 e altezze di mt. 3,35, con sottostante platea in cemento, escluso che possano qualificarsi come pertinenze, necessitano di permesso a costruire, al pari di ogni altra opera che innova all’esistente conformazione dei luoghi, nel quale si insedia in maniera stabile e duratura (cfr. la sentenza della Sezione del 12/2/2020 n. 697, ribadendosi che: “<<La qualifica di pertinenza è applicabile solo ad opere di modesta entità, accessorie rispetto ad un’opera principale, ma non anche ad opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, si connotino per una propria autonomia rispetto all’opera c.d. principale e non siano coessenziali alla stessa, tale cioè che non ne risulta possibile alcuna diversa utilizzazione economica. Pertanto, una tettoia che occupi una superficie di dimensioni indubbiamente rilevanti indubbiamente non può ritenersi pertinenza urbanistica in quanto possiede una propria individualità fisica e determina un’alterazione significativa dell’assetto del territorio>> (T.A.R. Campania, sez. VII, 27.11.2017, n. 5564)”.

Sul tema: Pergolato coperto, se considerato tettoia non serve permesso di costruire

Nozione di pergotenda

TAR Emilia Romagna, Bologna, sez. II, sent. 9 marzo 2021 n. 237

Nella pergotenda l’opera principale non è costituita dalla struttura ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda

Si ha una pergotenda se l’opera principale è costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda: solo al ricorrere di tali caratteristiche, in linea generale, per la pergotenda non serve il permesso di costruire, potendo essere ricondotta all’attività di edilizia libera, in quanto arredo funzionale alla migliore fruizione temporanea dello spazio esterno all’unità a cui accede e, quindi, riconducibile agli interventi manutentivi liberi ai sensi dell’art. 6 comma 1 del D.P.R. 380/2001 (Consiglio di Stato, sez. VI – 12/3/2020 n. 1783 richiamata dalla sentenza breve di questa Sezione 1/10/2020 n. 590).

Conseguentemente, non si ha una pergotenda nel caso di una struttura di medie dimensioni, fissata da un lato al muro perimetrale e dall’altra appoggiata su montanti fissati ai pilastrini della terrazza, essendo la tenda elemento aggiuntivo e accessorio dell’opera in legno e non viceversa.

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Edificabilità in fascia di rispetto cimiteriale

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 12 marzo 2021 n. 640

Nella fascia di rispetto cimiteriale non è possibile realizzare spogliatoi in muratura né gradinate metalliche a corredo di due campetti polivalenti per attività sportive

Il titolare del permesso di costruire rilasciato per la realizzazione di due campetti polivalenti per attività sportive nella fascia di rispetto cimiteriale non può realizzare anche spogliatoi in muratura né gradinate metalliche rilevante, vista la presenta del vincolo cimiteriale.

Ed infatti, come affermato dal Consiglio di Stato, sez. IV, nella sent. 1 dicembre 2020, n. 7617, “Il vincolo cimiteriale determina una situazione di inedificabilità ex lege e integra una limitazione legale della proprietà a carattere assoluto, direttamente incidente sul valore del bene e non suscettibile di deroghe di fatto, tale da configurare in maniera obbiettiva e rispetto alla totalità dei soggetti il regime di appartenenza di una pluralità indifferenziata di immobili che si trovino in un particolare rapporto di vicinanza o contiguità con i suddetti beni pubblici; esso ha carattere assoluto e non consente in alcun modo l’allocazione sia di edifici, sia di opere incompatibili con il vincolo medesimo, in considerazione dei molteplici interessi pubblici che la fascia di rispetto intende tutelare, quali le esigenze di natura igienico sanitaria, la salvaguardia della peculiare sacralità che connota i luoghi destinati alla inumazione e alla sepoltura, il mantenimento di un’area di possibile espansione della cinta cimiteriale”.

Conseguentemente, la realizzazione di uno spogliatoio in muratura e copertura in lamiera, di un wc in muratura e copertura in lamiera coibentata, nonché l’accertato cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato del fabbricato rurale, adibito a spogliatoi a servizio dei campetti di calcio, costituiscono tutte opere che contrastano irreparabilmente con il vincolo cimiteriale suddetto.

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Non diversamente è a dirsi per la collocazione di due gradinate metalliche, sia pur soltanto appoggiate al suolo, che per le dimensioni, non certo trascurabili (ml. 14,50 x 4,00) non possono certamente ritenersi irrilevanti, ai fini della trasformazione urbanistico – edilizia dell’area, destinata a campetti per attività sportiva, né tampoco di natura – come ritenuto dalla medesima – meramente pertinenziale, bensì risultano strettamente connesse e funzionali alla complessiva trasformazione dell’area de qua, da valutarsi, quindi, insieme alle altre, sopra descritte, e non certo in maniera atomistica, e sganciata da esse (cfr. T. A. R. Campania – Napoli, Sez. III, 5/03/2020, n. 1017: “Non è prospettabile una valutazione atomistica degli interventi edilizi allorché gli stessi facciano parte di un disegno sostanzialmente unitario di realizzazione di una determinata complessiva opera, risultante priva di titolo. D’altronde, per apprezzare se un abuso edilizio necessiti o meno di permesso di costruire, occorre condurre un esame di insieme e non atomistico dell’alterazione urbanistica ed edilizia del territorio con esso prodottasi, al fine di stabilire se i singoli interventi siano o meno assoggettati a permesso di costruire e, cioè, a monte, se gli stessi hanno determinato trasformazioni urbanistico – edilizie del territorio, incremento di carico urbanistico e se hanno natura o meno di pertinenza”.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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