Riforma Professioni, architetti: scarso l’impegno del Governo

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Il Dpr sulla Riforma delle Professioni, approvato preliminarmente dal Consiglio dei Ministri il 15 giugno, è all’esame della commissione Giustizia della Camera dei Deputati, che avvierà in proposito un ciclo di audizioni a partire dalla settimana prossima.

Il provvedimento è stato al centro dell’incontro avvenuto giovedì 12 luglio tra il ministro della Giustizia Paola Severino e i presidenti degli Ordini professionali appartenenti al Cup (Comitato unitario delle professioni).

Leopoldo Freyrie, presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Paesaggisti, Pianificatori e Conservatori Architetti ha chiesto di modificare il decreto riguardante la Riforma delle Professioni. Ha dichiarato: “Se il tirocinio deve innalzare lo standard qualitativo – e competitivo – dei nostri laureati e far sì che possano accedere in tempi ragionevoli al mondo del lavoro, non può essere un percorso a ostacoli nel corso del quale pagare altri corsi universitari e sottoporsi a continui esami: lo standard europeo è, invece, articolato, in modo semplice e razionale, in cinque anni di università, più uno di tirocinio negli Studi professionali, con un esame finale abilitante”.

“Circa la separazione, negli Ordini, della funzione amministrativa da quella del giudizio deontologico, non si comprende come si possa immaginare un modello più complicato e bizantino di quello di eleggere i Collegi di Disciplina separatamente dai Consigli degli Ordini”.

Freyrie definisce il testo “inadeguato all’importanza dell’obiettivo che intende perseguire”. Le sue parole non sono certo morbide: sua l’impressionie che “passata quella che nei mesi scorsi era la necessità di dimostrare all’Europa le intenzioni riformatrici, il tema delle libere professioni sia tornato ad essere di serie B. Sembra anche che manchi un impegno serio del Governo nello scrivere norme chiare, praticabili, utilizzabili e in linea con quelle europee, per innovare il sistema mantenendo le garanzie per la comunità”. Se questa ipotesi rispondesse a realtà “sarebbe un grave errore politico, perché è proprio rendendo più capace, affidabile e competitivo il sistema professionale che si può dare fondamento e impulso al rilancio del Paese; se così fosse, poi, vedremo presto rinascere le pulsioni conservatrici nel mondo delle professioni, che invece aveva messo a disposizione del Paese e del Governo conoscenze, proposte e, soprattutto, il forte desiderio di contribuire attivamente ad uscire dalla palude economica e culturale in cui annaspa l’Italia”.

Per il presidente del CNAPPC, “è davvero inimmaginabile che si possa fare pubblicità sul prezzo della prestazione professionale prima ancora che il potenziale cliente descriva i suoi bisogni”.

Pochi giorni fa, anche il Consiglio di Stato ha espresso molti dubbi sulla Riforma delle Professioni: leggi l’articolo Riforma delle Professioni, il no del Consiglio di Stato. Inoltre lo stesso consiglio di Stato aveva chisto l’obbligatorietà dei preventivi.

Redazione Tecnica

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