L’architettura secondo Ignazio Gardella, la lunga intervista di Antonio Monestiroli

Gloria Alberti 29/03/18
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Caro Antonio,
Ti sono molto grato per questa lunga intervista, non solo per l’amicizia e la stima che ho per te, ma anche perché – avendo io scritto durante la mia vita relativamente poco – mi fa piacere che alcuni miei pensieri sull’architettura restino espressi in parole invece che nascosti nelle pietre delle mie costruzioni.

Grazie e un abbraccio,
Ignazio

Antonio Monestiroli ha intervistato Ignazio Gardella (Milano, 30 marzo 1905 – Oleggio, 15 marzo 1999) nel 1995, prendendo ispirazione da Il cinema secondo Hitchcock di François Truffaut, quindi con l’idea di intraprendere una conversazione fra due che fanno lo stesso mestiere, sui trucchi del mestiere: “Ho pensato che sarebbe stato utile a chi il mestiere lo de­ve imparare, agli studenti, sapere come ha lavorato un protagonista dell’architettura italiana di tutto il Novecento. Ignazio Gardella ha accettato con entusiasmo, così sono ini­ziati i nostri incontri, uno alla settimana, di solito il merco­ledì mattina dalle undici all’una, per dodici settimane”.

Il risultato è il libro L’architettura secondo Gardella , che registra la lunga conversazione tra i due architetti, a partire dal primo incontro dell’8 febbraio fino all’ultimo del 30 maggio 1995. L’intervista è stata fatta a cavallo del novantesimo compleanno di Gardella. I novant’anni non sembrano comunque aver offuscato la sua memoria (“Si dice che la memoria è segno di intelligenza e penso che questa sia la maggiore delle sue doti, quella che gli ha guida­to la mano per più di sessant’anni, che gli ha permesso di es­sere felice”) dato che l’architetto parla con piacere e dovizia di particolari dei suoi progetti, senza sottrarsi al­l’approfondimento teorico.

Ha affrontato il discorso sui principi partendo dagli esempi e risalendo alle idee che ognuno di questi contiene e su cui ognuno si conforma. Ogni progetto contiene un’idea forte e precisa, un’idea che nasce sempre dal mondo a cui l’opera è destinata. Dal desiderio di rendere più intelligente la nostra esperienza del mondo. Da qui il segreto che gli ha permesso di andare oltre tutti i punti fermi che via via si sono succeduti nel Novecento, di rendere inesauribile la sua vena. Il suo segreto è l’interesse per il mondo  esterno, l’apertura al cambiamento, l’attitudi­ne alla conoscenza“, commenta Monestiroli.

A scrivere la prefazione è Federico Bucci (1959) – storico dell’architettura allora trentenne e collaboratore di Monestiroli presso il Dipartimento di Progettazione dell’Architettura del Politecnico di Milano – che ha partecipato a tutti gli incontri in qualità di “testimone dell’intervista” e assistente. Il suo compito è quello di “controllare la registrazione, cambiare le cassette e, infine, salvare le tazzine di caffè dal rovesciamento quando Gardella agita le mani, e l’irrinunciabile sigaretta, per spiegare qualche opera”. Nel testo Bucci ricorda: “I suoi gesti tagliano l’aria senza incertezze e sembrano disegnare, con ammirevole precisione, le linee di una pianta, un prospetto, un dettaglio costruttivo. La voce è inconfondibile, con quel tono acuto solo leggermente graffiato dall’età. L’accento milanese scivola via, con disinvolta naturalezza, in un eloquio semplice ed efficace, alla ricerca dei vocaboli e delle metafore studiate per rafforzare i concetti, peraltro già molto chiari”.

Si tratta di un libro che ci sentiamo di consigliare a chi voglia approfondire l’architettura di Ignazio Gardella, agli appassionati e agli studiosi di storia dell’architettura ma anche a chi, aspirante architetto, voglia avere una visione completa del mestiere di architetto dal punto di vista di uno dei protagonisti dell’architettura italiana del Novecento. Che nel 1995, e a novant’anni di età, fa considerazioni ancora oggi molto attuali.

L’ architettura secondo Gardella

Milano, giovedì 2 marzo 1995. L’appuntamento, come al solito, è fissato alle 11.30 sotto lo studio di via Marchiondi, nella bella casa che Gardella stesso ha progettato nel dopoguerra, con Anna Castelli-Ferrieri e Roberto Menghi. È il terzo incontro di questa lunga e indimenticabile intervista, organizzata per pubblicare un libro destinato agli studenti d’architettura, sulla traccia di un famoso esempio che ha segnato la storia del cinema. “Tutto è iniziato da una caduta in acqua”: è questo l’incipit del libro Il cinema secondo Hit-chcock di François Truffaut. Nel nostro caso, l’atmosfera è molto meno grottesca di quella che i due giovani registi francesi, Truffaut e Chabrol, hanno vissuto durante il loro primo incontro con Alfred Hitchcock. Eppure, la scena del caffè che ogni volta siamo obbligati a recitare all’ora dell’aperitivo, ha sicuramente qualcosa del celebre umorismo hitchcockiano. L’orario è strategico: il maestro non può affaticarsi troppo e quindi dopo un’ora e mezza circa, giusto prima del pranzo, deve congedarci. A dire il vero, in quanto ad energie, oltre naturalmente a molto altro, il nostro interlocutore batte tutti e in ognuno dei dodici incontri, durati da febbraio a maggio di quell’anno, siamo sempre stati noi a dichiarare la chiusura della conversazione, complici anche i vecchi e rumorosi nastri per la registrazione impostati sui canonici 60 o 90 minuti.Dall’introduzione di Federico BucciAntonio Monestiroli, si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1965 con Franco Albini. Dal 1988 al 1994 è stato Direttore del Dipartimento di Progettazione dell’ Architettura del Politecnico di Milano. Dal 1999 è membro dell’Accademia Nazionale di San Luca. Dal 2000 al 2008 è stato Preside della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Dal 1970 insegna Composizione architettonica e dal 2007 Teorie dell’architettura contemporanea. Fra le principali pubblicazioni: L’architettura della realtà, Milano 1979, Torino 1999, La Metopa e il Triglifo, Roma-Bari 2002, Ignazio Gardella, Milano 2009, La ragione degli edifici. La scuola di Milano e oltre, Milano 2010 e il libro dei principali progetti Opere, progetti, studi di architettura, Milano 2000. Nel 1984 ha curato l’edizione italiana del libro di Hil-berseimer su Mies Van der Rohe.

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Antonio Monestiroli (1940), si è laureato in Architettura al Politecnico di Milano nel 1965 con Franco Albini. Dal 1968 al 1972 è stato assistente e collaboratore di Aldo Rossi. Dal 1988 al 1994 è stato Direttore del Diparti­mento di Progettazione dell’Architettura al Politecnico di Milano. Dal 1999 è membro dell’Accademia Nazionale di San Luca. Dal 2000 al 2008 è stato Preside della Facoltà di Architettura Civile del Politecnico di Milano. Dal 1970 insegna Composizione architettonica e dal 2007 Teorie dell’architettura contemporanea. Dal 2011 è Professore Emerito di Composizione Architettonica al Politecnico di Milano. Fra le principali pubblicazioni: L’architettura della realtà, Milano 1979, Torino 1999, La Metopa e il Triglifo, Roma-Bari 2002, Ignazio Gardella, Milano 2009, La ragione degli edifici. La scuola di Milano e oltre, Milano 2010 e il libro dei principali progetti Opere, progetti, studi di archi­tettura, Milano 2000. Nel 1984 ha curato l’edizione italiana del libro di Hilberseimer su Mies Van der Rohe.
Aggiornamento di dicembre 2019: Antonio Monestiroli è venuto a mancare l’8 dicembre 2019, a 79 anni.

Articolo originariamente pubblicato su Architetti.com

Per approfondire l’architettura di Gardella:

L’immagine di apertura è tratta dal volume L’architettura secondo Gardella e ritrae il primo incontro tra Ignazio Gardella e Antonio Monestiroli nello studio di via Marchiondi a Milano (foto di Filippo Fortis).

Gloria Alberti

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