Veranda su balcone, quale titolo edilizio serve?

La domanda da porsi è: determina una variazione planovolumetrica e architettonica? In tal caso, serve un permesso di costruire. Leggi la rassegna sentenze di oggi, parleremo anche di cambio di destinazione d’uso e abusi edilizi

Mario Petrulli 22/09/20
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Eccoci come ogni martedì alla selezione di sentenze di edilizia e urbanistica della settimana. Oggi analizzeremo i seguenti temi: veranda su balcone, quale titolo edilizio serve? Cambio di destinazione d’uso da locali tecnici/servizi a residenziale, serve permesso di costruireOnere prova della data realizzazione di un immobile, che valore hanno le dichiarazioni provenienti dal dante causa dell’interessato?

E ancora: tettoie di dimensioni rilevanti, quando sono opere precarie? Abusi edilizi, che natura ha il potere sanzionatorio?

Vediamo in dettaglio tutte le sentenze.

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Veranda su balcone, quale titolo edilizio serve?

Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 15 settembre 2020 n. 5446

Una veranda realizzata sulla balconata d’un appartamento determina una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale è realizzata e, quindi, è soggetta al previo rilascio di permesso di costruire

Come affermato in passato dalla giurisprudenza (cfr., Cons. St., VI, 20 marzo 2000 n. 1507; id., 27 gennaio 2003 n. 419; cfr. pure, per l’antica giurisprudenza id., V, 29 gennaio 1996 n. 103; id., 7 ottobre 1996 n. 1194; cfr. altresì, da ultimo, id., VI, 26 marzo 2018 n. 1893; id., 5 settembre 2018 n. 5204; id., 9 ottobre 2018 n. 5801; id., 4 ottobre 2019 n. 6720; ma cfr. pure id., II, 12 febbraio 2020 n. 1092), una veranda realizzata sulla balconata d’un appartamento determina una variazione planovolumetrica ed architettonica dell’immobile nel quale è realizzata e, quindi, è soggetta al previo rilascio di permesso di costruire.

Si tratta, infatti, di strutture fissate in maniera stabile al pavimento che comportano la chiusura di tutto o parte del balcone, con conseguente aumento della volumetria e modifica del prospetto.

PERMESSO DI COSTRUIRE
Serve per la diversa collocazione delle finestre?
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Né rileva la natura dei materiali utilizzati, ché la chiusura, pur dove realizzata con pannelli in alluminio o altro materiale leggero, costituisce comunque un aumento volumetrico e, quindi, non può esser intesa qual “pertinenza” in senso urbanistico, poiché la veranda integra, infatti, un nuovo locale autonomamente utilizzabile, il quale viene ad aggregarsi a un preesistente organismo edilizio, per ciò solo trasformandolo in termini di sagoma, volume e superficie. Anzi, tal vicenda, ben lungi dall’esser un elemento di scarso rilievo (p.es., per i materiali adoperati o la modestia di superficie occupata), ha un proprio impatto paesaggistico e, come tale, oltre ad esser un intervento ampliativo di ristrutturazione è pure un manufatto edilizio equivalente ai fini della doverosa autorizzazione paesaggistica (cfr. Cons. St., VI, 2 luglio 2018 n. 4001).

Cambio di destinazione d’uso da locali tecnici/servizi a residenziale, serve permesso di costruire?

TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 18 settembre 2020 n. 9607

Il cambio di destinazione d’uso da locali tecnici/servizi a residenziale integra un intervento di “nuova costruzione” necessitante del permesso di costruire

Il cambio di destinazione d’uso del piano primo dell’immobile da locali tecnici/servizi a residenziale, con tamponatura esterna a chiusura dei locali e raddoppio di s.u.l., comportando un indubbio aumento di volumetria abitativa, rispetto a quella assentita, integra, in verità, un intervento di “nuova costruzione” che, lungi dal poter essere attuato liberamente, “all’interno della medesima categoria”, avrebbe necessitato di un permesso di costruire in variante.

Il mutamento di destinazione d’uso di un locale progettato e assentito per contenere impianti tecnici a servizio della sottostante abitazione, non è, infatti, né inquadrabile nell’ambito dell’art. 23 ter c. 3 TUE, (attenendo alla distinzione tra locali tecnici – che non integrano SUL – e superficie utile residenziale) né riconducibile, tantomeno, al novero degli interventi che l’art. 22, comma 2, d.p.r. n. 380/2001 consente di realizzare previa presentazione di semplice DIA, integrando, invece, una variazione essenziale ex art. 32 del DPR n. 380/2001

Secondo il medesimo art. 32 sono variazioni “non essenziali”, per le quali non è richiesto il permesso di costruire, soltanto le modifiche al progetto che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, ma si limitano a variare le cubature accessorie, i volumi tecnici e la distribuzione interna delle singole unità abitative; nel caso in questione, al contrario, locali originariamente destinati a servizi e apparecchiature tecniche (stenditoio, serbatoio solare, impianto fotovoltaico ecc.) sono stati adibiti ad uso residenziale, muniti di tutti i relativi impianti, nonchè tamponati con evidente aumento della SUL.

Il fatto che detti locali siano utilizzabili ed attualmente utilizzati a fini abitativi, ne esclude la attuale natura di vani tecnici, ed integra il cambio di destinazione rilevante dal punto di vista urbanistico ed edilizio, accertato dall’Amministrazione.

Del resto, proprio l’irrilevanza dei volumi tecnici ai fini del calcolo delle superfici e della cubatura implica che, ove essi mutino destinazione per volgersi ad uso residenziale, acquistino una visibilità normativa – per superficie, sagoma, volume ed incidenza sugli standard urbanistici di zona – che prima non avevano e costituiscano, per questo, variazioni essenziali ai sensi dell’art. 32, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001, (Cons. Stato, Sez. IV, 10.7.2013 n. 3666).

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Onere prova della data realizzazione di un immobile, che valore hanno le dichiarazioni dal dante causa dell’interessato?

TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 14 settembre 2020 n. 1454

Grava esclusivamente sul privato l’onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell’opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio per essere stata l’opera medesima realizzata secondo il regime originariamente previsto dall’art. 31, primo comma, della l. n. 1150 del 1942, ossia prima della novella introdotta dall’art. 10 della c.d. “legge ponte” n. 765 del 1967; le dichiarazioni provenienti dal dante causa dell’interessato, anche a prescindere dalla loro autenticità, non costituiscono elementi di prova

Secondo consolidata giurisprudenza, “grava esclusivamente sul privato l’onere della prova in ordine alla data della realizzazione dell’opera edilizia al fine di poter escludere al riguardo la necessità di rilascio del titolo edilizio per essere stata l’opera medesima realizzata secondo il regime originariamente previsto dall’art. 31, primo comma, della l. n. 1150 del 1942, ossia prima della novella introdotta dall’art. 10 della c.d. “legge ponte” n. 765 del 1967. Tale onere discende attualmente, in linea di principio, dagli artt. 63, comma 1, e 64, comma 1, c.p.a. in forza dei quali spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità” (Cons. Stato sez. II, 08/05/2020, n. 2906; Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2019, n. 903; Cons. Stato, Sez. VI, 24 maggio 2016, n. 2179; id. 27 luglio 2015, n. 3666, 5 gennaio 2015, n. 6, 10 giugno 2014, n. 2960, e 22 settembre 2014, n. 4766).

Le dichiarazioni provenienti dal dante causa dell’interessato, anche a prescindere dalla loro autenticità, non costituiscono elementi di prova.

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Tettoie di dimensioni rilevanti, quando sono opere precarie?

TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 14 settembre 2020 n. 3788

Due tettoie di circa 80 mq. non sono opere precarie

Per opera di carattere precario deve intendersi quella, agevolmente rimuovibile, funzionale a soddisfare un’esigenza fisiologicamente e oggettivamente temporanea (es. baracca o pista di cantiere, manufatto per una manifestazione ecc.) destinata a cessare dopo il tempo, normalmente breve, entro cui si realizza l’interesse finale che la medesima era destinata a soddisfare; carattere escluso allorquando vi sia un’oggettiva idoneità del manufatto a incidere stabilmente sullo stato dei luoghi, essendo l’opera destinata a dare un’utilità prolungata nel tempo, ancorché a termine, in relazione all’obiettiva e intrinseca natura della costruzione (Cons. Stato Sez. VI, 13 novembre 2019, n. 7792).

Conseguentemente, due tettoie di circa 80 mq., destinate durevolmente al servizio di un complesso masserizio, sono opere di notevoli dimensioni, la cui apertura laterale non è sufficiente ad attestare la loro natura precaria che è invece desumibile solo dalla concreta destinazione “temporanea” dell’opera.

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Abusi edilizi, che natura ha il potere sanzionatorio?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 18 settembre 2020 n. 1187

In presenza di abusi edilizi, l’esercizio del potere sanzionatorio di natura demolitoria rappresenta un atto dovuto e vincolato alla mera verifica dei relativi presupposti

In presenza di abusi edilizi, l’esercizio del potere sanzionatorio di natura demolitoria rappresenta, per giurisprudenza pacifica, un atto dovuto e vincolato alla mera verifica dei relativi presupposti, ex lege delineati negli artt. 27 e ss. D.P.R. n. 380/2001, essendo prioritario ed in re ipsa, a prescindere dal tempo intercorso e dall’eventuale sanabilità degli stessi, l’interesse pubblico al ripristino dell’assetto urbanistico-edilizio violato, a fronte del quale non può dirsi, di norma, sussistente alcuna posizione di affidamento legittimo ed incolpevole e, come tale, meritevole di considerazione (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 21.01.2019, n. 89; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 04/01/2019, n.126; Consiglio di Stato sez. VI, 23/11/2017, n.5472; Cons. Stato, Ad. Pl., 17 ottobre 2017 n. 9, Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2017 n. 1267; Id., sez. VI, 6 marzo 2017 n. 1060; TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, 24.12.2018, n. 2186; T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 12/11/2018, n.6555; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 18/09/2018, n. 2098).

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Ne consegue l’esonero dell’amministrazione dall’obbligo di predisporre un impianto motivazionale che non si risolva nell’analitica descrizione delle opere da demolire nonché nell’indicazione della normativa violata, da cui è evincibile il regime autorizzatorio disatteso (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. II quater, 09/03/2020, n. 3037; TAR Campania, Salerno, sez. II, 04/11/2019, n. 1893; 18.06.2019, n. 1061; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 21.01.2019, n. 89; T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 04/01/2019, n.126; Consiglio di Stato sez. VI, 23/11/2017, n.5472; Cons. Stato, Ad. Pl., 17 ottobre 2017 n. 9, Cons. Stato, sez. VI, 21 marzo 2017 n. 1267; Id., sez. VI, 6 marzo 2017 n. 1060).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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Mario Petrulli

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