Decadenza piano particolareggiato: l’area di progetto diventa inedificabile?

Cosa succede alle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione e all’edificazione? Leggi la rassegna sentenze della settimana

Mario Petrulli 21/04/20
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In questa rassegna sentenze partiremo con il tema che compare come titolo: decadenza piano particolareggiato, quali conseguenze? L’area di progetto diventa inedificabile? Cessione aree a seguito di convenzione, qual è il termine di esigibilità? Obbligazioni derivanti da convenzioni urbanistiche, quali prescrizioni?

Oltre ai precedenti: ordinanza di sospensione dei lavori, di quale natura ed efficacia dispone? Impugnazione di un titolo edilizio, quando decorre il termine?

Decadenza piano particolareggiato: l’area di progetto diventa inedificabile?

Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 14 aprile 2020 n. 2390

L’intervenuta decadenza del piano particolareggiato non determina automaticamente l’inedificabilità delle aree oggetto della pianificazione ed il conseguente blocco di ogni attività nella zona, restando consentito il completamento delle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione e l’edificazione, in conformità alle prescrizioni urbanistiche di zona (cioé secondo gli indici di edificabilità praticati secondo il piano) nelle aree già lottizzate e dotate delle opere di urbanizzazione

L’art.17, comma 3, della l. 17.8.1942 n.1150, che disciplina la c.d. “ultrattività residuale dei piani particolareggiati” decaduti per decorso del tempo, infatti, stabilisce che “decorso il termine stabilito per la esecuzione del piano particolareggiato, questo diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione”, soggiungendo che resta “fermo a tempo indeterminato l’obbligo di osservare, nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti, gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano stesso”.

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Il principio che la giurisprudenza ha espunto da tale norma è che l’intervenuta decadenza del piano (per il decorso del tempo fissato ex lege per la sua attuazione) non determina automaticamente l’inedificabilità delle aree oggetto della pianificazione ed il conseguente blocco di ogni attività nella zona; dovendosi ritenere consentito il completamento delle opere di urbanizzazione in corso di realizzazione e l’edificazione, in conformità alle prescrizioni urbanistiche di zona (cioé secondo gli indici di edificabilità praticati secondo il piano) nelle aree già lottizzate e dotate delle opere di urbanizzazione (cfr. CGARS 18 novembre 2019, n. 974).

La ratio della norma è diretta ad evitare che l’assetto urbanistico della zona resti in uno stato di permanente disordine e che la pianificazione resti parzialmente inattuata e l’edificazione incompleta (o incompiuta) rispetto alle previsioni.

Il citato art.17, quindi, ha la duplice funzione di precludere – per un verso – la proroga sine die di piani attuativi mai avviati (o rimasti inattuati o quasi del tutto inattuati) ed ormai scaduti (e presumibilmente obsoleti in quanto non più conformi alle mutate esigenze urbanistiche), e di salvare – per altro verso – le opere già realizzate, consentendo comunque (al fine di evitare un “danno urbanistico/ambientale” maggiore rispetto a quello cagionato dalla visione della incompiutezza delle opere) il completamento urbanistico delle aree nelle quali la pianificazione sia stata correttamente avviata, consentendo, cioè, la ultimazione delle opere di urbanizzazione in corso e la ordinata edificazione, in conformità agli indici praticati nella zona secondo le disposizioni del piano stesso.

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Cessione aree a seguito di convenzione, qual è il termine di esigibilità?

TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 15 aprile 2020 n. 636

Il diritto dell’Amministrazione alla cessione delle aree diventa esigibile alla scadenza decennale della convenzione, con conseguente decorso del termine di prescrizione nei dieci anni successivi

Il diritto dell’Amministrazione alla cessione delle aree diventa esigibile alla scadenza decennale della convenzione, con conseguente decorso del termine di prescrizione nei dieci anni successivi, e ciò alla luce di quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui “nel caso di inadempimento da parte di un privato ad impegno assunto con un Comune nell’ambito di accordo corrispondente allo schema procedimentale contemplato dalla L. n. 1150 del 1942, art. 28 avente ad oggetto il rilascio di una o più licenze edilizie subordinate all’impegno di attuare le opere di urbanizzazione, il diritto del Comune di avvalersi della tutela dell’esecuzione del contratto non è indisponibile e, quindi, è soggetto a prescrizione: non basta, infatti, ad integrare l’indisponibilità – cui fa riferimento l’art. 2934 c.c., comma 2, – l’esistenza di una finalità di pubblico interesse, il cui perseguimento non si sottrae, in via di principio, agli effetti del trascorrere del tempo, nemmeno quando si sia in presenza di atti autoritativi della p.a., dovendosi, comunque, avere riguardo al contenuto oggettivo del diritto della cui prescrizione si discute, non già alla natura ed alla causa degli atti negoziali dai quali quel diritto trae origine” (v. Cass. civ., Sez. I, 28 gennaio 2015 n. 1615).

Obbligazioni da convenzioni urbanistiche, quali prescrizioni?

TAR Liguria, sez. I, sent. 14 aprile 2020 n. 208

Le obbligazioni nascenti dalle convenzioni urbanistiche sono soggette a prescrizione decennale

Le obbligazioni nascenti dalle convenzioni urbanistiche sono soggette a prescrizione, come ritenuto dalla più recente giurisprudenza.

Invero, a fronte di un orientamento che si è in passato espresso negativamente sul tema della prescrittibilità delle obbligazioni derivanti da una convenzione urbanistica (C.S., V, 31 agosto 2017, n. 4144; C.S. IV, 26 agosto 2014, n. 4278), da ultimo la giurisprudenza amministrativa (C.G.A., 30 settembre 2019, n. 848; TAR Piemonte, II, 26 febbraio 2019, n. 221) ha ritenuto la prescrittibilità dei diritti derivanti dalle convenzioni urbanistiche.

Acclarata la prescrittibilità degli obblighi derivanti dalle convenzioni urbanistiche nell’ordinario termine di prescrizione decennale (art. 2946 c.c.), occorre accertare il dies a quo della prescrizione che viene genericamente individuato dal Codice civile nel momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.).

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L’obbligazione del privato relativa alla cessione all’Ente pubblico di aree destinate ad opere di urbanizzazione primaria diviene esigibile con la scadenza della convenzione relativa al piano di lottizzazione (in caso di mancata ultimazione delle opere nei termini), o con l’ultimazione delle opere medesime (se avvenuta prima di detta scadenza), con la conseguenza che il decorso del termine di prescrizione non è ipotizzabile prima di tali momenti, in quanto un’inerzia ingiustificata può verificarsi soltanto da quando il diritto poteva essere esercitato, ma non lo è stato.

In altre parole, il termine iniziale a partire dal quale occorre computare il decennio prescrizionale dei piani di lottizzazione non può identificarsi nell’ultimo giorno dell’efficacia decennale del piano di lottizzazione, bensì nella data di perfezione e di efficacia del titolo convenzionale che costituisce l’atto genetico fondativo dei pretesi diritti scaturenti dalla convenzione di lottizzazione e dei correlativi obblighi delle parti, ovvero dal diverso termine di durata del rapporto convenzionale eventualmente stabilito pattiziamente. Impostazione, questa, da ritenersi senz’altro preferibile e più coerente con l’inquadramento dogmatico della convenzione di lottizzazione, nell’ambito degli accordi amministrativi di cui all’art. 11 l. n. 241 del 1990.

Ordinanza di sospensione dei lavori, di quale natura ed efficacia dispone?

TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 14 aprile 2020 n. 3910

L’ordinanza di sospensione dei lavori ha natura di provvedimento cautelare e provvisorio, ad efficacia temporalmente limitata, esaurendosi al decorso del quarantacinquesimo giorno dalla sua adozione

L’ordinanza di sospensione dei lavori ha natura di provvedimento cautelare e provvisorio, inteso ad evitare che l’attività costruttiva abusivamente condotta possa essere portata ad ulteriori conseguenze e ha efficacia temporalmente limitata, esaurendosi al decorso del quarantacinquesimo giorno dalla sua adozione: e ciò sia che venga superata dal provvedimento definitivo di demolizione, sia che quest’ultimo non venga adottato.

In ambedue i casi, infatti, l’ordinanza di sospensione dei lavori consuma la sua efficacia e l’eventuale sua impugnazione, quand’anche proposta prima del decorso dei quarantacinque giorni dalla sua notificazione, diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse a motivo della postuma perdita di effetti dell’ordinanza stessa.

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Impugnazione di un titolo edilizio, quando decorre il termine?

TAR Lombardia, Milano, sez. II, sent. 15 aprile 2020 n. 635

Il termine per impugnare il titolo edilizio decorre con il completamento dei lavori, a meno che non venga provata una conoscenza anticipata 

Secondo l’orientamento consolidato, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un titolo edilizio, occorre la conoscenza cartolare del titolo e dei suoi allegati progettuali o, in alternativa, il completamento dei lavori, che disveli in modo certo e univoco le caratteristiche essenziali dell’opera. La piena conoscenza si verifica, di regola, con la conoscenza del titolo stesso e con la percezione della realizzazione dell’opera nei suoi contenuti essenziali. Detta “percezione della realizzazione dell’opera” non viene di norma fatta coincidere con la data in cui i lavori hanno avuto inizio, poiché non si può onerare il titolare dell’interesse legittimo oppositivo ad attivarsi immediatamente in sede giurisdizionale, tuttavia non può neppure andare oltre il completamento dell’opera (v., tra le altre, Cons. giust. amm. Sicilia, Sez. giurisd., n. 345 del 22/04/2015).

Il termine decorre quindi con il completamento dei lavori a meno che, tuttavia, non venga provata una conoscenza anticipata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, n. 1438 del 27/08/2019).

Infatti il principio della certezza delle situazioni giuridiche e di tutela di tutti gli interessati comporta che non si possa lasciare il soggetto titolare di un permesso edilizio nell’incertezza circa la sorte del proprio titolo oltre una ragionevole misura in quanto, nelle more, il ritardo dell’impugnativa si risolverebbe in un danno aggiuntivo connesso all’ulteriore avanzamento dei lavori.

La necessità di un termine è posto dall’ordinamento a tutela della posizione di tutte le parti direttamente o indirettamente interessate al procedimento e, pertanto, anche di quella del soggetto titolare del permesso a non realizzare una costruzione che sia suscettibile di un futuro abbattimento. Funzionale a questa necessità è l’onere posto a carico del terzo che intenda avversare un intervento edilizio di attivarsi tempestivamente secondo i canoni di buona fede in senso oggettivo, senza differire senza valida ragione l’impugnativa del relativo titolo.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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