Post Coronavirus, come intervenire sul Codice dei contratti?

Gli emendamenti al dl 18/2020 non bastano. Servono misure drastiche, come agire sulle norme specifiche di settore per rilanciare il comparto edile

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Nei giorni scorsi molti rappresentanti degli ordini professionali italiani, guidati dal Comitato Unitario delle Professioni e dalla Rete delle Professioni Tecniche, hanno deciso di fare fronte unico per tutelare i liberi professionisti e le imprese in questa drammatica fase causata dall’emergenza Covid-19.

L’obiettivo comune è di predisporre un pacchetto di proposte unitario che tenga conto delle esigenze generali, nella logica della sussidiarietà al Paese, e di quelle specifiche delle singole professioni. Si parla di un “Manifesto delle professioni“.

Allo stesso tempo si parla di interventi post-Covid 19 che mirano a intervenire su norme specifiche, di settore, come il codice dei contratti, con l’obiettivo di promuovere una drastica semplificazione, finalizzata all’accelerazione della spesa pubblica non appena i cantieri potranno ripartire.

In merito, ecco le domande poste al Vicepresidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Rino La Mendola, quale Coordinatore del Dipartimento Lavori Pubblici dello stesso Consiglio Nazionale. (Fonte: LavoriPubblici.it).

Post Coronavirus, come intervenire sul Codice dei contratti?

>> Per rilanciare il settore dei lavori pubblici, messo in ginocchio dalla pandemia COVID-19, bisogna modificare o superare integralmente il testo attuale del codice dei contratti? Qual è il vostro punto di vista?

«È ovvio che, a medio termine, sia necessario un “superamento intelligente” del testo attuale del codice dei contratti, che ci possa consentire di salvaguardare, valorizzare e rilanciare gli obiettivi da noi raggiunti negli ultimi anni, riproponendo una disciplina speciale per i servizi di architettura e ingegneria, che attualmente vengono trattati come i servizi generici; ciò nella consapevolezza che, al di là delle sterili promiscuità generate dal testo attuale del codice ed in parte dalle direttive europee, la progettazione non può essere trattata come un servizio di ristorazione o di pulizia».

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«Al tempo stesso, siamo ben consapevoli del fatto che il codice non si può certamente riscrivere in poche settimane e che pertanto, nel breve termine, bisogna introdurre una serie di modifiche al testo attuale del codice, al fine di creare le condizioni per far ripartire velocemente i cantieri, non appena sarà superato il grave “fermo” determinato dall’emergenza COVID-19. Tutto ciò inserendo, se necessario, dispositivi “a termine” come già accaduto con il cosiddetto decreto sblocca cantieri».

>> Sulle modifiche urgenti avete già qualche idea?

«Sin dai primi giorni dell’emergenza, con il prezioso contributo dei competenti gruppi operativi della Conferenza Nazionale degli Ordini e dello stesso Consiglio Nazionale, abbiamo elaborato le nostre idee sulle modifiche da introdurre, nel breve termine, al codice dei contratti, finalizzate a semplificare il percorso che va dalla programmazione dei lavori, sino a raggiungere il collaudo degli stessi, soffermandoci su temi importanti come quelli dell’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria a liberi professionisti, della redazione e della verifica dei progetti. L’unica parte che non abbiamo trattato riguarda l’esecuzione dei lavori, che riteniamo di competenza di altre associazioni di categoria.

Partendo da queste idee, ci confronteremo presto con la Rete delle Professioni Tecniche e con il CUP, nella consapevolezza che sia necessario proporre al governo riforme condivise con il mondo delle professioni, non solo su aspetti specifici, come quello dei lavori pubblici, ma soprattutto su aspetti di carattere generale a sostegno di un rilancio socio-economico del Paese e di un nuovo modo di vivere le nostre città, che sarà certamente segnato dal brutto momento che stiamo vivendo».

>> Cominciamo dunque dalla programmazione. Quali sono le vostre idee in merito?

«Riteniamo necessaria una modifica all’art. 21 del codice, al fine di semplificare la programmazione dei lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria, stabilendo che gli stessi possano essere inseriti nella programmazione annuale, non più a seguito della redazione di un progetto di fattibilità tecnica ed economica, ma solo a seguito della redazione di un semplice “studio di fattibilità”, i cui contenuti, sino alla data di approvazione del regolamento di cui all’art. 216 comma 27 octies, siano quelli previsti dall’art. 14 del vecchio regolamento (DPR 207/2010). Ciò darebbe una spinta notevole alla macchina amministrativa che, spesso, si blocca proprio nella redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica».

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>> Per l’affidamento di servizi importanti come la progettazione avete proposto degli emendamenti?

«Per gli interventi che riguardano opere di particolare interesse architettonico, riteniamo che debba essere promosso, con maggiore convinzione, il concorso di progettazione a due gradi, finalizzato ad un immediato affidamento al vincitore del progetto esecutivo, evitando così di ricorrere ad ulteriori gare ed accelerando dunque il processo di esecuzione delle opere pubbliche di particolare interesse architettonico. Si pensi, ad esempio, alla recente esperienza del concorso per la riqualificazione del Parco del Polcevera, devastato dal crollo del Ponte di Genova: in poco più di un anno, è stato bandito il concorso, è stato acquisito il progetto esecutivo e sono stati anche eseguiti i lavori».

>> E per gli affidamenti ordinari di servizi di architettura e ingegneria, avete delle idee per semplificare le procedure, che spesso si allungano a dismisura?

«Intanto, riteniamo indispensabile una modifica all’art. 24 del codice, al fine di stabilire che gli incarichi di progettazione e direzione dei lavori vengano riservati solo ai liberi professionisti, almeno sino al 31 dicembre 2021. In merito alla semplificazione degli affidamenti in regime ordinario riteniamo invece indispensabile la modifica degli articoli 36, 95 e 157 del codice, in modo da stabilire che, per affidamenti di servizi di architettura e ingegneria di importo inferiore a 40.000 euro, le stazioni appaltanti possano ricorrere all’affidamento diretto senza applicare alcun ribasso ai corrispettivi, in quanto, venendo a mancare, in tali affidamenti, la parte negoziale della procedura, non appare conducente l’adozione di un criterio di selezione, come quello del prezzo più basso».

«Per accelerare l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria a liberi professionisti, riteniamo inoltre importante l’estensione delle procedure attualmente previste per affidamenti di servizi di importo inferiore a 100.000 euro sino alla soglia comunitaria, eliminando così la fascia intermedia dei 100.000 euro e prevedendo dunque, per gli affidamenti di servizi di importo pari o superiore a 40.000 euro ed inferiore alla soglia comunitaria, l’affidamento con procedura negoziata, con invito ad almeno 15 professionisti, al fine di potere ridurre drasticamente i ribassi, con lo scarto automatico dell’offerta anomala (con taglio delle ali), che viene consentito dalle direttive comunitarie solo per gare con almeno 10 partecipanti».

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>> Una fase importante, nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, riguarda la redazione del progetto; avete delle idee per semplificare l’attuale articolazione in tre livelli?

«In merito a questo tema, riteniamo utile la modifica dell’art. 23 del codice, al fine di stabilire in modo chiaro che, fino alla pubblicazione del regolamento di cui all’art. 216 comma 27 octies, i contenuti dei tre livelli di progettazione sono determinati dal vecchio regolamento di cui al DPR 207/2010. Ciò consentirebbe il superamento della confusione generata, sul tema dei contenuti della progettazione, dalla sovrapposizione di norme di rango secondario e produrrebbe contestualmente un notevole alleggerimento dei contenuti del progetto di fattibilità tecnica ed economica».

«La modifica all’art. 23 che intendiamo proporre è finalizzata inoltre a velocizzare l’esecuzione dei lavori con l’accorpamento, ove possibile, della progettazione definitiva con quella esecutiva, purché il livello esecutivo ricomprenda tutti gli elaborati previsti dal livello omesso. In tal caso però, nel calcolo dell’importo da porre a base d’asta, devono essere comprese le aliquote previste dal decreto di cui all’art. 24 comma 8 relative alle prestazioni da eseguire, anche se afferenti al livello omesso».

>> Avete pensato anche a delle proposte per snellire le procedure di verifica dei progetti?

«Si. Intendiamo proporre la modifica dell’art. 26 del codice, al fine di estendere le competenze del RUP in materia di verifica dei progetti di importo sino alla soglia comunitaria, superando così l’attuale limite di un milione di euro. Inoltre, nell’ambito del processo di semplificazione necessaria per uscire dallo stallo determinato dalla crisi, riteniamo importante la modifica dell’art. 102 del codice al fine di sostituire il collaudo tecnico-amministrativo con un semplice certificato di regolare esecuzione, anche in questo caso per lavori di importo inferiore alla soglia comunitaria».

>> Per il rilancio del settore dei lavori pubblici saranno necessari anche investimenti. Avete delle proposte in merito?

«Come prima cosa, al fine di rendere attuativa la politica degli affidamenti esterni di servizi di architettura e ingegneria, oltre alla semplificazione di cui abbiamo parlato prima, è necessaria ed indifferibile una norma finanziaria, che costituisca un fondo di rotazione per alimentare gli incarichi ai liberi professionisti, fondata sulla costituzione di una cabina di regia centrale, che possa garantire la programmazione e la ripartizione delle risorse da anticipare alle stazioni appaltanti, indirizzando quest’ultime lungo assi di finanziamento certi, evitando così che tante amministrazioni investano in progetti che non hanno possibilità concrete di finanziamento, finendo per indebitarsi senza alcun profitto».

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«Inoltre, la nostra proposta prevede un termine più congruo, che può variare tra cinque e dieci anni, per la restituzione delle somme al fondo, al fine di consentire alle stesse amministrazioni di reperire per tempo le risorse da restituire attraverso il finanziamento dei lavori ed in particolare attraverso il recupero del ribasso della gara per l’affidamento degli stessi lavori. Ciò nella consapevolezza che uno dei limiti che ha determinato il fallimento dei precedenti fondi di rotazione siano da attribuire proprio alla mancanza di una cabina di regia ed ai tempi troppo stretti in cui l’amministrazione avrebbe dovuto restituire le somme al fondo. Oltre a queste risorse “strutturali” per rilanciare i progetti redatti dai liberi professionisti, sono necessari ovviamente una serie di investimenti, non solo nell’ambito delle infrastrutture, ma anche e soprattutto nell’ambito di una rigenerazione urbana che, come accennavo prima, dovrà tenere conto di un nuovo modo di vivere le nostre città, che porterà a lungo i segni prodotti dalla pandemia».

>> La Rete delle Professioni Tecniche ed il CUP stanno lavorando per la condivisone di un manifesto da proporre al governo, con le proposte per rilanciare l’economia del Paese, profondamente segnata dalla pandemia. Queste idee troveranno spazio in seno al manifesto?

«Con il manifesto, le professioni proporranno al governo le riforme necessarie per rilanciare l’economia del Paese, individuando non solo i provvedimenti fiscali e/o contributivi per rilanciare le attività dei liberi professionisti, ma anche un’idea di rigenerazione urbana delle nostre città, finalizzata al superamento della crisi economica e sociale determinata dalla pandemia. Le riforme di settore, come quelle che riguardano il codice dei contratti, il DPR 380/2001 ed altri testi unici specialistici, costituiranno documenti attuativi del manifesto».

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