È abuso edilizio se l’opera non si vede?

O meglio, se il manufatto risulta non visibile, si tratta comunque di illecito? Vediamo cosa dice la Cassazione con la n.370/2020

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Il dubbio è sorto per il caso di un manufatto interrato, o comunque sottratto alla vista: se non incide sulla modifica del paesaggio, è comunque assimilabile a un abuso edilizio?

Si sono espressi in merito i giudici della III sezione Penale della Corte di Cassazione che hanno respinto tutti i ricorsi presentati da due proprietari contro le condanne decise dalla Corte d’Appello di Palermo per interventi edilizi realizzati in un’area tutela dell’isola di Pantelleria (Sentenza n.370/2020).

Abuso edilizio, e se il manufatto non si vede?

Il caso riguarda interventi eseguiti nel 2014, tra cui vani di utilizzo domestico come cucina, lavanderia, magazzino, e di varia altezza (tra i 2,20 m e 2,50 m). Tutti quasi interamente interrati e, per la parte fuori terra, comunque sottratti alla vista da un muro preesistente.

Tutti questi lavori sono però eseguiti in un’area sottoposta a vincolo paesaggistico.

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I promotori dell’intervento hanno sostenuto la loro tesi facendo leva sul fatto che l’oggetto giuridico tutelato dalle norme sul paesaggio sia «l’incidenza» intesa come una modifica visibile del paesaggio stesso, senza la quale la violazione non sussisterebbe o come dichiarano sarebbe «in una mera violazione formale del tutto irrilevante. […] La Corte territoriale, così come il giudice di primo grado, sarebbero pertanto incorsi in errore attribuendo visibilità esterna al manufatto in contrasto con quanto risultante dalla documentazione fotografica».

Cosa ha deciso la Cassazione?

I giudici hanno affermato contro il ricorso che «il riferimento alla rilevanza “visiva” degli interventi in zona vincolata ai fini della configurabilità della violazione paesaggistica non può in alcun modo essere condiviso perché non trova riscontro nella disciplina attualmente in vigore». Anzi, il concetto di paesaggio supera di gran lunga la mera modifica visibile (e il relativo «valore visivo» del paesaggio stesso) e include invece ogni aspetto «astrattamente idoneo a incidere, modificandolo, sull’originario assetto del territorio sottoposto a vincolo».

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In conclusione, «In tema di tutela delle aree sottoposte a vincolo, ai fini della configurabilità del reato paesaggistico, non assume alcun rilievo l’assenza di una possibile incidenza sul bene sotto l’aspetto attinente al suo mero valore estetico dovendosi invece tener conto del rilievo attribuito dal legislatore alla interazione tra elementi ambientali ed antropici che caratterizza il paesaggio nella più ampia accezione ricavabile dalla disciplina di settore, con la conseguenza che anche gli interventi non esternamente visibili, quali quelli interrati, possono determinare una alterazione dell’originario assetto dei luoghi suscettibile di valutazione in sede penale».

Per approfondire

Redazione Tecnica

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