Contratto preliminare di vendita, le menzioni urbanistiche

Vediamo quali sono le sentenze che avvalorano il fatto che il preliminare non sia nullo nel caso in cui non ci fossero menzioni urbanistiche o se nel frattempo si rilevassero abusi edilizi

Davide Galfrè 18/12/19
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Le menzioni urbanistiche riferite a un immobile oggetto di compravendita comprendono la cronistoria edilizio/urbanistica dell’immobile stesso, elencando i vari titoli abilitativi quali Licenza di Costruzione, Concessione Edilizia, Permesso di Costruire, DIA, SCIA, Condoni, Agibilità eccetera. Questi dati devono essere obbligatoriamente indicati all’interno di qualunque atto traslativo della proprietà come dettato dalla Legge 47/1985 ora riportata nell’articolo 46 del DPR 380/2001.

Tali normative prevedono infatti che in tutti gli atti notarili in cui avvenga un trasferimento della proprietà di un immobile sia indicata la cronistoria dei titoli abilitativi almeno a partire dal 1/9/1967 e che questi ultimi siano conformi con lo stato dei luoghi o comunque commerciabili (in presenza per esempio di eventuali abusi minori).

Nella maggior parte dei casi, quando le parti concludono un accordo per una compravendita, viene firmato un contratto preliminare di compravendita con il quale le parti stesse si impegnano a rispettare l’accordo preso in attesa che si reperiscano tutti i documenti necessari al Notaio per rogitare e tra questi anche i titoli abilitativi riguardanti l’immobile; ne consegue che quando le parti firmano il contratto preliminare possono anche non essere a conoscenza di eventuali difformità o vizi edilizio/urbanistici, ma ciò non comporta l’estinzione degli obblighi che le parti si sono imposte firmando il preliminare.

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Contratto preliminare di compravendita, le sentenze

Sono numerose le sentenze in merito, come tra le più recenti la Cassazione Civile n. 6685 del 7/3/2019 seguita dalla 8230 del 22/03/2019, che avvalorano il fatto che il preliminare non sia nullo in assenza delle menzioni urbanistiche o se nel frattempo si rilevassero abusi edilizi. Il principio alla base di questo orientamento si basa sul fatto che se anche esistessero degli abusi, l’immobile potrebbe sempre essere sanato o il promittente venditore potrebbe produrre un’autodichiarazione in cui emerga che l’edificazione dell’immobile risalga a un’epoca anteriore al 1/9/1967, permettendo così di stipulare la definitiva compravendita o chiedere la sentenza di annullamento ai sensi dell’articolo 2932 del Codice Civile (vedi la Cassazione n. 14489/2005).

Dato che il contratto preliminare di vendita di un immobile con vizi edilizio/urbanistici non è “nullo” ma “risolubile”, subentrano in gioco la restituzione della caparra o acconto oltre al risarcimento del danno, mentre il trasferimento coattivo è possibile unicamente se i vizi siano effettivamente sanabili (o in corso di sanatoria o già sanati) o se il fabbricato sia stato realmente realizzato anteriormente al ’67.

Davide Galfrè

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