Mobilità sostenibile e moderazione del traffico: come e perché si progettano?

Ci occuperemo di interventi di moderazione del traffico, dalle zone 30 ai contestati dossi artificiali. Come si progettano? Nella seconda parte dell’articolo proseguiremo invece la simulazione di un progetto di rete ciclabile.

Giulia Gnola 03/07/19
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Lo sapete che in Europa siamo il paese che esporta il maggior numero di biciclette? E allo stesso tempo siamo il paese con il più alto tasso di motorizzazione, e che rivolge ben poca attenzione a tematiche riguardanti mobilità sostenibile e ciclabilità? Basta vedere la presenza praticamente nulla di nostri connazionali alla più grande Conferenza mondiale dedicata alla mobilità sostenibile, tenutasi dal 25 al 28 giugno a Dublino. Si tratta di Velo-city 2019, appuntamento giunto alla sua 39esima edizione, promosso dalla European Cyclist Federation, federazione che raccoglie le maggiori organizzazioni nazionali per la mobilità urbana in bicicletta.

Dato che a livello paese non eccelliamo per quanto riguarda ciclabilità e mobilità dolce, vediamo se un po’ alla volta, partendo da piccoli interventi sulle nostre infrastrutture, riusciremo a migliorare la situazione. Ad esempio: perché non trattare la moderazione del traffico come elemento progettuale a favore della mobilità sostenibile? Se poi vi doveste trovare vis a vis con un toro, vi sarebbe subito chiaro perché è importante parlare di utenti della strada…

La rassegna di oggi partirà da questo tema, come progettare e pianificare al meglio interventi di moderazione del traffico, dalle zone 30 ai contestati dossi artificiali. Nella seconda parte dell’articolo proseguiremo invece la simulazione di un progetto di rete ciclabile.

Mobilità sostenibile, come si modera il traffico?

Forse alcuni di voi sanno che la moderazione del traffico nasce nel 1971 nella cittadina olandese di Delft, grazie agli abitanti di alcuni quartieri nei quali, a causa della velocità eccessiva delle auto, il numero di incidenti (di cui erano vittime pedoni e bambini) non accennava a diminuire.

La moderazione del traffico nel tempo è diventata un’occasione per realizzare spazi urbani di qualità, costruendo un’alleanza funzionale con altre categoria di utenti della strada, prevenendo incidenti, e rendendo l’infrastruttura accessibile alla mobilità dei soggetti deboli come anziani o bambini sui percorsi casa scuola.

Il tema è vasto; si può parlare di moderazione nei centri storici, così come di zone 30 estese alle zone residenziali, di isole ambientali. Si può parlare di moderazione rispetto alla viabilità principale, fino alle nuove tendenze (per ora quasi solo tedesche e olandesi) delle “zone d’incontro” o dello “space sharing”.

Andiamo però con ordine, presentando le soluzioni più importanti e quelle più diffuse in Italia.

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Spazio di arresto, perché è importante valutarlo?

Lo spazio stradale all’interno delle località è “teatro” della vita di tutti i giorni. Di conseguenza è il luogo in cui si incontrano costantemente un elevato numero di utenti della strada, ed è qui (non al di fuori delle aree urbane) che si concentrano più frequentemente le situazioni di conflitto.

Qualunque statistica conferma che il numero degli incidenti e l’entità delle conseguenze stanno in rapporto diretto con la velocità del veicolo. Con una velocità di 30 km/h, lo spazio di arresto si dimezza rispetto a una velocità di 50 km/h. Le basse velocità in concomitanza con altri fattori agiscono pertanto positivamente sul numero degli incidenti. La probabilità di un incidente mortale per l’utenza debole si riduce dall’85 al 10 per cento abbassando il limite di velocità da 50 a 30 km/h.

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Già una minima riduzione della velocità produce effetti positivi. Per questa ragione, l’introduzione dei 30 km/h è uno strumento efficace per aumentare la sicurezza. Se a distanza di 14 metri spunta improvvisamente un bambino su una strada, con una velocità di 30 km/h e in presenza di una reazione normale e di una frenata ottimale ci si può ancora fermare in tempo. Nella medesima situazione, ma con una velocità di 50 km/h, l’automobile investe a piena velocità il bambino. Soltanto dopo circa 14 metri dal luogo dell’impatto il veicolo si arresta.

La riduzione della velocità necessita oltre che di una segnaletica adeguata anche di misure d’accompagnamento. Per ogni situazione esistono metodi diversi che hanno già dato i loro frutti nella pratica.

Soluzioni tecniche: zone con limite di velocità di 30 km/h

Riducendo la velocità a 30 km/h, le strade diventano più attrattive e sicure per le categorie più vulnerabili di utenti quali i pedoni e i ciclisti. Inoltre, ne traggono beneficio anche la qualità abitativa e di vita.

Grazie a una zona 30 è possibile procedere a una moderazione del traffico sulle strade secondarie nei quartieri o nelle aree urbane senza sopprimere il diritto di precedenza del traffico motorizzato.

L’assenza di passaggi pedonali conferisce ai pedoni il diritto di attraversare in qualsiasi punto la carreggiata. Il diritto di precedenza per i veicoli previsto dalle norme della circolazione resta comunque valido. Laddove in presenza di esigenze particolari, p. es. in prossimità delle scuole, si riveli opportuno attribuire il diritto di precedenza ai pedoni, è possibile prevedere dei passaggi pedonali.

Per avere un quadro completo sul progetto della mobilità sostenibile

Progetto delle piste ciclabili

La Legge di Stabilità 2016 ha stanziato 91 milioni di euro per le attività di progettazione e realizzazione di nuove piste ciclabili in Italia nell’arco del triennio 2016-2018.Questo ebook rappresenta un utile strumento operativo di supporto al progettista che si approccia a questo tema. Nel testo, corredato da un ricco apparato di immagini, schemi e diagrammi tecnici, vengono affrontati gli aspetti tecnici, costruttivi e di fattibilità economica legati alla ideazione, progettazione e costruzione di ciclovie anche con opportuni raffronti con i casi di successo già sprimentati all’estero in molte città europee.A livello tecnico sono prese in esame la classificazione delle piste ciclabili e le caratteristiche fisiche e funzionali; vengono inoltre passati in rassegna i conflitti con la rete stradale e il controllo delle intersezioni oltre all’analisi della segnaletica specifica (orizzontale, verticale e luminosa).Dal punto di vista costruttivo i temi affrontati nell’ebook riguardano le pavimentazioni (flessibili, rigide, a elementi modulari, in terra stabilizzata o in stabilizzato di cava); gli elementi separatori (new jersey, cordoli separatori, dissuasori, delimitatori, ecc.); gli aspetti illuminotecnici nonché le strutture e le aree adibite a parcheggio e ricovero delle biciclette.Completano l’opera:- un capitolo dedicato alle valutazioni economiche per costituire un sistema di confronto tra le principali soluzioni progettuali utilizzate per la pavimentazione e la delimitazione delle piste e delle corsie ciclabili;- un’ampia trattazione del c.d. Bike Hiring o Bike Sharing quale crescente soluzione al problema della mobilità urbana- una raccolta di casi studio e l’elenco completo delle normative nazionali, regionali sulle piste ciclabili Roberta Maggio, Architetto, svolge da anni la libera professione, è titolare di uno studio associato che opera nel Nord Italia, si occupa principalmente di opere pubbliche con particolare attenzione alla riqualificazione urbana e all’impiantistica sportiva.Nicola Mordà, Ingegnere civile con pluriennale esperienza professionale, autore di varie pubblicazioni di carattere tecnico, è titolare di uno studio di progettazione strutturale e sismica, con sedi a Torino e all’estero. Ha collaborato e seguito importanti progetti di notevole impegno statico; si occupa di temi di carattere normativo, con particolare riferimento al settore delle strutture, e di nuove tecnologie in ingegneria civile.

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In via eccezionale, anche i tratti di strade principali possono essere sottoposti al regime dei 30 km/h. Ad esempio, nei centri delle località o in un centro storico, se sussistono i presupposti per una riduzione a 30 km/h del limite massimo di velocità.

Soluzioni tecniche: segnaletica in zone intercalate

È possibile realizzare una determinata zona all’interno di un’altra («zone intercalate»). In questo caso occorre prestare particolare attenzione alla segnaletica. Il segnale di fine della zona indica che vigono nuovamente le norme di circolazione generali. Ad esempio, dopo il segnale «Fine della zona d’incontro» si applicano nuovamente la velocità massima consentita di 50 km/h e il diritto di precedenza dei veicoli. Se invece una zona 30 segue immediatamente una zona d’incontro o viceversa, in essa non si applicano le norme di circolazione generali, bensì quelle della zona in questione. In questi casi non occorre segnalare soltanto la fine di una zona, ma anche l’inizio della zona successiva.

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Misure d’accompagnamento

Nella maggior parte dei casi, per raggiungere l’obiettivo voluto, in particolare il limite di velocità stabilito, non basta la posa di segnali. Occorrono invece soluzioni più efficaci, come le misure d’accompagnamento, che vanno dosate e decise gradualmente in base a controlli successivi condotti nelle zone 30.

Dossi artificiali

La sopraelevazione della carreggiata in determinati punti ha come effetto il rallentamento del traffico e nel contempo aumenta la sicurezza dei pedoni e degli altri mezzi del traf- fico lento che attraversano la strada.

Sfalsamento dell’asse della carreggiata

Questa misura permette una suddivisione della sede stradale in spazi delimitati e produce un effetto ottico tale da aumentare l’attenzione da parte del conducente.

Restringimenti laterali della carreggiata

Un restringimento puntuale della larghezza della carreggiata aumenta la sicurezza dei pedoni e del traffico ciclistico, ampliando la sede stradale destinata ad altri scopi.

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Di norma, specialmente negli altri paesi, dove la legislazione è più semplice, per la procedura di approvazione delle zone 30 o di interventi di moderazione del traffico è sufficiente procedere all’esecuzione di un rapporto accompagnato dai piani necessari. I punti essenziali sono i seguenti:

  • Situazione iniziale:
    – gerarchia delle strade comunali;
    – lacune di sicurezza nelle zone interessate;
    – incidenti nelle zone interessate;
    – dati in relazione ai livelli di velocità attuali nelle zone interessate;
    – esigenze in merito all’utilizzo di strade e piazze.
  • Descrizione degli obiettivi e delle condizioni quadro:
    – riduzione della velocità per aumentare la sicurezza della circolazione stradale nonché la qualità abitativa e di vita;
    – misure più efficaci per la tutela degli utenti del traffico lento;
    – maggiore ponderazione dello scopo abitativo e commerciale rispetto alla funzione di traffico.
  • Misure e loro effetti:
    – misure a favore della sicurezza della circolazione stradale;
    – misure a favore della qualità abitativa e di vita;
    – misure a favore dei commercianti locali;
    – effetti.
  • Conclusioni.

Progetto di un’infrastruttura per la mobilità lenta, pt.3

Eccoci all’esempio progettuale che abbiamo iniziato a delineare le volte precedenti.

Si era di fatto esplicitato come la pianificazione di nuovi percorsi ciclabili, come pure quella di percorsi già esistenti, comporti sei fasi:
1) pianificazione della rete;
2) suddivisione in segmenti;
3) esame delle varianti;
4) progettazione;
5) costruzione ed esecuzione;
6) esercizio e manutenzione.

Esame delle varianti, punto 3

L‘esame delle varianti serve a reperire il miglior tracciato possibile per ciascun segmento da pianificare.

La procedura prevede:
– l’indicazione del tracciato auspicato sulla rete stradale esistente;
– la localizzazione di eventuali lacune nella rete, p.es. mancanza di ponti o tratti stradali;
– la definizione delle varianti stradali;

– la localizzazione di eventuali punti problematici;
– il chiarimento delle modalità di passaggio verso i segmenti pianificati situati nelle vicinanze;
– la definizione del percorso.

I criteri per la valutazione delle varianti sono espressi in base ai seguenti livelli di qualità:

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Un livello di qualità è definito per l’intera lunghezza della variante.

Esempio: la qualità dell’ambiente circostante della variante 1 del percorso per la mobilità quotidiana nell’abitato è sufficiente. Scegliere il tracciato migliore significa soppesare attentamente i vari criteri in quanto raramente una variante si rivela subito e in modo univoco la migliore. Il risultato darà il miglior tracciato potenziale e localizzazione di eventuali punti pericolosi.

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Esame delle varianti: mobilità quotidiana nell’abitato

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Esame delle varianti: mobilità quotidiana fuori dall’abitato

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Esame delle varianti: mobilità legata al tempo libero nell’abitato

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Esame delle varianti: mobilità legata al tempo libero fuori dall’abitato

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Esame delle varianti, valutazioni

Qui di seguito viene illustrata la procedura da seguire nella definizione di un tracciato potenzialmente ideale. Il segmento per la mobilità quotidiana fuori dall‘abitato servirà da modello.

1° passo, raffronto tra le valutazioni dei tre criteri preponderanti.

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La variante 3 è eliminata in quanto non ottiene una valutazione sufficiente in nessuno dei criteri preponderanti (n. 4 Regime e volume di traffico, n. 6 Punti pericolosi, n. 8 Deviazioni e dislivelli).

2° passo, raffronto tra le valutazioni dei restanti criteri.

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Per quanto concerne i criteri qui considerati la variante 2 è leggermente migliore della variante 1. Inoltre le lacune della variante 2 sembrano poter essere eliminate tramite misure edili, mentre le deviazioni e i dislivelli della variante 1 non possono praticamente migliorare. La scelta cadrà quindi sulla variante 2.

Procedura da seguire se la valutazione non fornisce un risultato chiaro:
valutare le varianti prese in esame combinandole tra loro;
– valutare altre varianti;
– esaminare quali lacune possono essere eliminate con una minor spesa o più velocemente;
– progettare due o più varianti e decidere in base ai costi o ai tempi di realizzazione;
escludere le varianti quando un criterio risulta «scarso».

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