Terremoto, Cnr: la responsabilità dei danni è dell’uomo

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Il direttore dell’Istituto per la tecnologia delle costruzioni (Itc) del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche) Roberto Vinci sostiene che le tecniche più innovative (e meno invasive) possono essere utilizzate solo in casi eccezionali e che non è immediato o semplice proteggere dai terremoti monumenti ed edifici costruiti in periodi storici in cui non esisteva alcuna normativa o tecnologia antisismica.

Il Direttore è intervenuto su Almanacco della Scienza (www.almanacco.cnr.it): “Ciò che appare relativamente semplice per l’edilizia moderna e tradizionale realizzata con colonne, travi, solai e setti portanti su disegni progettuali precisi, non lo è affatto per strutture spesso assai datate, in mancanza di progetti e nell’impossibilità di effettuare diagnosi invasive, nonostante la conoscenza. Sovente i muri portanti si rivelano ‘riempiti’ con detriti incoerenti, di spessore variabile, senza legature evidenti, con l’aggiunta di sovrastrutture, modifiche e interventi successivi, talvolta improvvisati. Analoga difficoltà si incontra nel ‘leggere’ crepe, irrigidimenti, fondazioni spesso appoggiate sul terreno, che rendono fondamentale l’analisi del suolo. Di tali edifici si conoscono le tipologie strutturali, le tecniche costruttive del periodo di edificazione e i possibili comportamenti al sisma per esperienza, ma è difficile adeguarli alle diverse forme di sollecitazione”.

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È assolutamente da evitare un approccio demagogico al problema dei danni del terremoto sugli edifici storici: “Le tecniche disponibili più conosciute ed efficaci sono talvolta assai semplici, come tiranti e catene, mentre altre più innovative e meno invasive, che richiedono competenze progettuali e applicative più raffinate, sono utilizzabili solo per casi eccezionali”.
Dunque, è meglio un approccio ‘low profile’, partendo dalla considerazione che “da un lato il rigore nell’approccio scientifico è irrinunciabile, dall’altro l’ingegneria predispone soluzioni su un approccio probabilistico che non possiede i connotati dell’esattezza. Alla diagnosi deve quindi seguire una terapia adatta a ciascun caso”.
Ci pare questa un’affermazione molto importante per cercare di evitare i crolli: “Alla diagnosi deve quindi seguire una terapia adatta a ciascun caso”.

Alla ricerca nel settore edilizio spetta però in quest’ambito un fondamentale ruolo culturale, cioè quello di migliorare la consapevolezza che la prevenzione è meglio della cura post terremoto. “Migliorare la consapevolezza significa, in una fase di criticità del finanziamento pubblico come quella attuale, ricordare ai decisori che la prevenzione ha costi economici inferiori a quelli dell’intervento a danno avvenuto, anche se non è banale attuare concrete forme di ‘prevenzione’ su aree molto vaste. Date le sue competenze multidisciplinari, il Cnr potrebbe proporsi come attore di un ‘programma-Paese’ che eviti il rischio di dissipare le sempre poche risorse, come accade reagendo sotto lo stimolo emotivo”.

La conclusione spetta, sempre su Almanacco della Scienza, a Giandomenico Cifani, ricercatore dell’Itc-Cnr, che ricorda che “non esistono calamità naturali, ma solo eventi che diventano tali a causa dell’inadeguatezza dell’uomo quando incontrano condizioni vulnerabili del patrimonio edilizio e del territorio in senso lato”. Un caso emblematico è il terremoto a L’Aquila “in cui, purtroppo, le valutazioni preventive sono state confermate: fin dal 1995 comparivano ai primi posti delle graduatorie di vulnerabilità tutti gli edifici pubblici crollati o gravemente danneggiati dal sisma del 2009 tra i quali, solo per citarne uno, la Prefettura, paradossalmente sede del Centro coordinamento soccorsi”.

Per maggiori informazioni
www.almanacco.cnr.it

Redazione Tecnica

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