Serve il cambio destinazione d’uso per trasformare una concimaia in stalla?

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Anche questa settimana siamo arrivati al momento atteso da tutti noi (e anche voi no?): ecco una selezione delle sentenze di interesse per le materie dell’edilizia e dell’urbanistica, pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti oggetto delle pronunce sono:
– per i muretti, che titolo edilizio è necessario?
– sequestro penale di un immobile abusivo: esecuzione di ordinanza di demolizione
trasformazione concimaia in stalla e cambio destinazione d’uso
conformità edilizia e deduzione dal certificato di agibilità
pergotenda di rilevanti dimensioni, per svolgerci un’attività commerciale che titolo edilizio è necessario?

Attività commerciale in una pergotenda grande

TAR Lazio, Roma, sez. II bis, sent. 26 marzo 2019 n. 4030
Una pergotenda di rilevanti dimensioni al servizio di un’attività commerciale richiede il permesso di costruire

Una “struttura in ferro di m. 21,00 x 4,70 x h da m. 2,60 a 3,40 circa, coperta da tenda in pvc trasparente retrattile sui tre lati perimetrali, …(con) all’interno attrezzature, tavoli sedie e vettovaglie per la somministrazione” per le sue dimensioni, assai rilevanti, e per la sua funzione a servizio stabile e duraturo di un’attività commerciale (la cui superficie viene di fatto estesa) non può, per l’assenza dei requisiti della precarietà e della facile amovibilità, in ogni caso rientrare, come affermato dalla ricorrente, nella categoria della cosiddetta “edilizia libera”, quanto piuttosto, in quella degli interventi di ristrutturazione edilizia, necessitanti, come tali, di permesso di costruire.

Come evidenziato dalla costante giurisprudenza amministrativa, “nel caso in cui nella pergotenda si installino delle tamponature laterali idonee a creare volume non si è dinanzi ad un’ipotesi di attività edilizia libera, ma serve un vero e proprio titolo edilizio…(poiché) le chiusure verticali, seppure in materiale leggero e facilmente amovibile, impediscono di considerare la stessa come un arredo esterno funzionale alla fruizione temporanea dell’area, essendo al contrario riconoscibile una vera e propria opera di ristrutturazione edilizia” (cfr. Cons. St, IV, 1.12.2014 n. 5934).

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Muretti: che titolo edilizio è necessario?

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 marzo 2019 n. 473
Per i muretti rivestiti di pietrame basta la SCIA e non serve il permesso di costruire

La sistemazione esterna con muretti rivestiti di pietrame non può essere inserita nel novero delle opere che richiedono il rilascio del permesso di costruire. In tal senso, ad esempio, cfr.:
Consiglio di Stato, Sez. VI, 4/01/2016, n. 10: “In linea generale, la realizzazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate rimane assoggettata al regime della DIA (ora SCIA) ove dette opere non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico – edilizia, occorrendo – invece –il permesso di costruire, ove detti interventi superino tale soglia”;

TAR Puglia – Lecce, Sez. III, 25/09/2013, n. 2017: “La realizzazione di muri di recinzione postula il previo rilascio del permesso di costruire se, tenuto conto della struttura e dell’estensione, essi modificano l’assetto urbanistico del territorio, il che generalmente avviene quando si tratta di recinzione in parte in muratura e in parte in acciaio o di recinzione costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica”;

Consiglio di Stato, sez. V, 11/04/1991, n. 547: “Ai sensi dell’art. 1 l. 28 gennaio 1977 n. 10 sono sottoposte a concessione edilizia tutte le opere che modifichino il suolo per adattarlo ad un fine diverso da quello proprio, ma non anche quelle che non incidono sulla fisionomia del fabbricato e non ne alterino i volumi. Pertanto la realizzazione di un muretto di modeste dimensioni e un’armatura in ferro su un solaio, non richiedono il rilascio di concessione attesa la loro ridotta struttura e funzione di mera strumentalità e pertinenza all’uso del fabbricato e, conseguentemente, non possono soggiacere al regime sanzionatorio di cui all’art. 15 legge n. 10 cit.”;

Cassazione penale, Sez. III, 16/07/1990: “La realizzazione di un muretto di recinzione di altezza variante tra cm. 90 e m. 1,50 e la contemporanea messa in opera di otto cancelli in ferro non comporta trasformazione del territorio: non necessita quindi la concessione edilizia”.

Di conseguenza, in considerazione delle specifiche caratteristiche dei muretti de quibus, rivestiti di pietrame e collocati in area pertinenziale, in quanto volti “alla sistemazione esterna” dell’edificio, non può ritenersi che gli stessi abbiano modificato l’assetto urbanistico del territorio, essendo del resto di tutta evidenza, proprio in virtù di tali caratteristiche, come gli stessi non abbiano inciso sulla fisionomia del fabbricato e non ne abbiano alterato, in alcun modo, i volumi.

Non essendosi, quindi, verificata alcuna trasformazione urbanistico – edilizia del territorio, in conformità alla prima della massime citate, era sufficiente la DIA (oggi SCIA), e quindi le opere in questione, al più, avrebbero potuto essere assoggettate a sanzione pecuniaria.

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Sequestro penale di un immobile abusivo e ordinanza di demolizione

TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 marzo 2019 n. 472
La presenza di un sequestro penale sull’immobile abusivo non è ostativo alla demolizione

La presenza di un sequestro penale sull’immobile abusivo non è ostativo alla demolizione; in tal senso, infatti, si è espressa la giurisprudenza prevalente in più occasioni:

T. A. R. Campania – Napoli, Sez. III, 16/02/2018, n. 1049: “La sottoposizione di un manufatto abusivo a sequestro penale non costituisce impedimento assoluto ad ottemperare all’ordine di demolizione”;

T. A. R. Calabria – Reggio Calabria, Sez. I, 16/07/2018, n. 419: “La sottoposizione a sequestro del bene oggetto della ingiunzione a demolire non determina nullità – per carenza degli elementi essenziali, nella specie l’oggetto – ma, eventualmente, annullabilità del provvedimento; la parte che intenda impugnarlo in via giurisdizionale è quindi onerata della proposizione del relativo ricorso nel termine decadenziale di sessanta giorni decorrente dalla notificazione dello stesso.

Infatti, in ragione dell’autonomia del procedimento amministrativo edilizio dalle vicende del giudizio penale, il sequestro penale delle opere oggetto del provvedimento di demolizione non incide sulla validità o sull’efficacia dello stesso e conseguentemente sul provvedimento che accerta la sua inottemperanza; e ciò attesa la non qualificabilità della misura cautelare reale penale quale impedimento assoluto (alla stregua del caso fortuito o della forza maggiore) all’attuazione dell’ingiunzione stante la possibilità, per il destinatario dell’ordine, di ottenere il dissequestro del bene ai sensi dell’ art. 85 disp. att. c.p.p.”;

Cassazione penale, Sez. III, 31/05/2018, n. 41722: “L’ingiustificata inottemperanza all’ordine di demolizione dell’opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, entro novanta giorni dalla notifica dell’ingiunzione a demolire emessa dall’autorità amministrativa, determina l’automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’opera e dell’area pertinente, anche qualora il manufatto sia gravato da sequestro e, pertanto, l’ordine di demolizione si debba ritenere sospeso nella sua efficacia, poiché l’interessato può rimuovere la condizione di inagibilità derivante da tale provvedimento, chiedendo all’autorità giudiziaria la revoca del vincolo per dar corso a detto ordine”;

T. A. R. Puglia – Bari, Sez. III, 3/04/2018, n. 501: “L’esistenza di un sequestro penale sul manufatto abusivo oggetto di ingiunzione comunale di demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi non determina la sospensione del termine di novanta giorni, il cui inutile decorso comporta, in caso di inottemperanza, l’acquisizione gratuita di diritto al patrimonio del Comune. Il soggetto, il quale intenda evitare l’effetto del provvedimento dell’acquisizione gratuita legato ope legis alla scadenza del termine per ottemperare all’ordine di demolizione, ove il manufatto sia stato sottoposto a sequestro penale, deve osservare un comportamento attivo e collaborativo rivolto comunque ad eliminare l’abuso perpetrato sollecitando il dissequestro all’autorità giudiziaria allo scopo di poter provvedere direttamente alla sua eliminazione”.

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Trasformazione concimaia in stalla: serve il cambio destinazione d’uso?

TAR Valle d’Aosta, sent. 25 marzo 2019 n. 14
La trasformazione di un locale adibito a concimaia/deposito attrezzi in stalla non determina un mutamento della destinazione d’uso

La giurisprudenza, nell’occuparsi della vexata quaestio in ordine alla configurazione del mutamento di destinazione d’uso come intervento abbisognevole o meno del titolo edilizio abilitativo, ha avuto modo di precisare che “necessitano del permesso di costruire quegli interventi di cambio di destinazione d’uso che avvengono tra fra categorie edilizie non omogenee o quegli interventi che comunque comportino una modifica dell’aspetto esteriore, dei volumi, delle superfici mentre il cambio di destinazione d’uso fra categorie edilizie omogenee, non incidendo sul carico urbanistico, non necessita di permesso di costruire (cfr. Tar Lazio- Roma. Sez. II bis n. 4994/2013; TAR Campania sez. IV n. 6195/2014; idem n. 2365/2016; TAR Valle d’Aosta, sent n. 33 del 14/5/2015)”.

Se quello testè indicato è lo scenario legislativo e giurisprudenziale entro ci si muove la vicenda all’esame, appare giocoforza dedurre che non vi sia cambio di destinazione d’uso nella trasformazione di una concimaia/deposito di attrezzi in stalla, essendo la destinazione a stalla è compatibile con quella agricola.

Cambio destinazione d’uso: ammesso con Scia tra categorie omogenee

Conformità edilizia: deduzione da certificato di agibilità

TAR Toscana, sez. III, sent. 26 marzo 2019 n. 436
Non è possibile ricavare la conformità edilizia delle opere dall’accertamento incidentalmente compiuto ai fini del rilascio del certificato di agibilità, cui non può essere ascritto il significato di riconoscimento implicito di sanatoria edilizia

Il permesso di costruire e il certificato di agibilità sono collegati a presupposti diversi e danno vita a conseguenze disciplinari non sovrapponibili, dato che il certificato di agibilità ha la funzione di accertare che l’immobile al quale si riferisce è stato realizzato nel rispetto delle norme tecniche vigenti in materia di sicurezza, salubrità, igiene, risparmio energetico degli edifici e degli impianti (come espressamente recita l’art. 24 del Testo unico dell’edilizia), mentre il rispetto delle norme edilizie ed urbanistiche è oggetto della specifica funzione del titolo edilizio, essendo stato sottolineato che i diversi piani possano convivere sia nella forma fisiologica della conformità dell’edificio ad entrambe le tipologie normative sia in quella patologica di una loro divergenza (Cons. Stato, sez. V, 29/05/2018, n. 3212; id., sez. V, 30 aprile 2009 n. 2760; id., sez. IV, 24 ottobre 2012 n. 5450).

Ne discende che non è possibile ricavare la conformità edilizia delle opere dall’accertamento incidentalmente compiuto ai fini del rilascio del certificato di agibilità, cui non può essere ascritto il significato di riconoscimento implicito di sanatoria edilizia (T.A.R. Liguria, sez. I, 25/06/2018, n. 5649.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Redazione Tecnica

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