Dissesto idrogeologico, il nostro Paese sarà sempre in stato di emergenza?

L’ultimo rapporto ISPRA datato 2018 non è stato scritto soltanto per gli addetti ai lavori. Le percentuali rivelano che siamo un’intera popolazione a rischio, che i nostri edifici sono in larga parte da tenere sotto controllo e che imprese e beni culturali devono tenere conto di questo quadro.

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Uno stivale maculato rosso arancio, a eccezione della Pianura Padana. È questa a grandi linee la mappatura riportata nel rapporto Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio costruito in collaborazione con l’ISCR (Istituto superiore per la conservazione ed il restauro) in merito alla vulnerabilità del nostro territorio e alla pericolosità per la popolazione residente in aree ad elevata pericolosità derivante da frana o da rischio idraulico.

Lo scenario medio non è promettente: si può fare qualcosa? Rivediamolo insieme.

Per un quadro completo Dissesto idrogeologico: da ISPRA la mappa nazionale rischio italiano

Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio

La bellezza del nostro territorio sta nel suo essere vario: mari, monti, colline, città, cittadine, comuni. Ma in questo sta anche la sua grande fragilità, e spesso l’entroterra nasconde piccoli borghi arroccati sulle montagne. Alcuni di questi sfida il processo di erosione delle rocce e la forza di gravità, aumentando però il rischio e la pericolosità per la popolazione che vi risiede. Sono però nati così, quindi nessuna novità. Il problema, come sottolinea ISPRA, è che stanno crescendo esponenzialmente le superfici potenzialmente soggette a frane (+2,9% rispetto al 2015) e quelle potenzialmente allagabili nello scenario medio (+4%).

Dissesto idrogeologico, il nostro Paese sarà sempre in stato di emergenza? vulnerabilità italiana

Volendo continuare con numeri che ben ci rendono consapevoli del problema, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (ben 50 mila km2). Oltre 550 mila edifici (quasi il 4% di quelli italiani) si trovano in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata, e più di 1 milione (oltre il 9%) in zone alluvionabili nello scenario medio.

In generale quindi siamo una popolazione che vive in territori fragili: oltre 7 milioni, sempre secondo il report (che potete scaricare direttamente qui).

Il rischio per industrie e servizi

Anche industrie e servizi sono posizionati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. Il numero maggiore di questa tipologia di edifici a rischio si trova in Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio e sono quasi 83 mila, con oltre 217 mila addetti. Per quanto riguarda l’inondazione, nello scenario medio, si trovano invece esposte ben 600 mila unità locali di impresa (12,4% del totale) con oltre 2 milioni di addetti ai lavori, in particolare nelle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia e Liguria.

E i beni culturali?

L’Italia come ben sappiamo ha 53 siti Unesco e oltre 200 mila beni architettonici, monumentali e archeologici. I beni culturali potenzialmente soggetti a fenomeni franosi sono 11.712 nelle aree a pericolosità elevata e molto elevata; raggiungono complessivamente 37.847 considerando anche quelli situati in aree a minor pericolosità. I monumenti a rischio alluvioni sono 31.137 nello scenario a pericolosità media e 39.426 per quello a scarsa probabilità di accadimento o concernente eventi estremi. Considerando che i danni sarebbero inestimabili ed irreversibili anche a seguito di un evento di minima portata, l’ISPRA sottolinea che in questo caso ha prestato molta attenzione allo scenario meno probabile.

Non è da sottovalutare l’effetto dell’inquinamento atmosferico e di altri fattori di pressione antropici su monumenti e beni culturali, troppo spesso sottovalutati.

Abitare nei piccoli Comuni è sicuro?

Il 91% dei Comuni italiani (7.275) è a rischio per frane e/o alluvioni (erano l’88% nel 2015) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità. La percentuale sale però al 100% in nove Regioni (Valle D’Aosta, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e Calabria), mentre resta tra il 90 e il 100% in Abruzzo, Lazio, Piemonte, Campania, Sicilia e la Provincia di Trento.

È interessante riscontrare che in Italia la percentuale dei piccoli Comuni (ovvero Comuni con 5 mila abitanti o meno) è pari al 70% circa del totale e che la popolazione italiana che vi risiede è pari al 16,32% del totale (elaborazione dati Ancitel su dati Istat 01/01/2018). Quindi, anche se dalla mappatura ISPRA appare con evidenza la maggior pericolosità delle aree ricadenti in piccoli Comuni (a causa della loro collocazione geografica), la popolazione che però effettivamente è ad alto rischio è esigua, dati i pochi residenti in questi Comuni.

Ne avevamo parlato anche qui La nuova mappa dei rischi, Comune per Comune

E allora qual è la novità? Nessuna, se non il costante aumento di rischio idrogeologico per il nostro territorio, e che forse, a volte, rileggere report importanti ci ricorda che potremmo fare di più per proteggere il nostro Paese (e noi stessi).

Per approfondire

Interventi in zone vincolate: scelte progettuali e gestione del cantiere

In Italia esistono norme e vincoli che regolano i beni storici, il paesaggio, le zone di interesse storico (come i centri città). Spesso sono disposizioni complesse e non d’immediata comprensione. Il presente manuale si configura per il Professionista tecnico come un supporto indispensabile sia dal punto di vista procedurale che di cantiere per la gestione degli interventi edilizi in zone sottoposte a vincoli (storici, ecologici, di tutela funzionale) gravanti su aggregati edilizi, centri storici, aree esposte a rischio idrogeologico ed idraulico, aree agricole. L’opera analizza e approfondisce i “vincoli” edilizi, indicando, da un lato l’iter procedurale e la documentazione necessaria, dall’altro i metodi di progettazione e le soluzioni tecnologicamente evolute per ridurre e mitigare l’impatto sul territorio.Ampio spazio viene dedicato non solo alla gestione del cantiere per grandi opere ma anche per interventi minimi compatibili con l’Ecobous e il Sismabonus: dalle metodologie per la messa in sicurezza strutturale (stabilizzazione dei fronti, apertura di varchi, consolidamenti, ecc.) all’organizzazione del cantiere (opere provvisionali, interazione tra attrezzature e spazi, mezzi di sollevamento appropriati, scelta delle aree di cantiere) con le relative problematiche derivanti da rumore, vibrazioni e dagli eventuali interventi in falda.Ennio Casagrande ingegnere civile, svolge attività di progettazione e divulgazione nel campo dell’ingegneria sismica. Si occupa di rischio sismico per grandi industrie e di progettazione strutturale per tensostrutture e opere in muratura armata e acciaio. Docente di corsi di formazione, ha scritto svariati articoli scientifici e ha pubblicato libri riguardanti la progettazione di tensostrutture, la verifica sismica di dighe e la valutazione del rischio sismico all’interno dei luoghi di lavoro.Volumi collegati:• F. Cortesi, L. Ludovisi, V. Mariani, La progettazione strutturale su edifici esistenti, I ed. 2018• A. Mezzina, Procedure per le ristrutturazioni edilizie residenziali, 1 ed. 2017• G. Berruquier, M. Corino, Autorizzazione paesaggistica: come redigere un’istanza completa, 1 ed. 201

Ennio Casagrande | 2018 Maggioli Editore

26.00 €  24.70 €

Redazione Tecnica

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