Una centralina telefonica è un’opera di urbanizzazione?

Una centralina telefonica fuori terra è opera di urbanizzazione? La risposta a questa e altre domande nella consueta rassegna di sentenze

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Eccoci, come sempre, con la selezione delle sentenze sull’edilizia e l’urbanistica pubblicate la scorsa settimana. Gli argomenti sono: Diritti di segreteria per il rilascio di un titolo edilizio; centralina telefonica come opera di urbanizzazione; legittimazione alla richiesta del permesso di costruire: natura dei controlli; scelte urbanistiche: reformatio in pejus; decadenza del permesso di costruire: termine non scaduto per inizio lavori.

Diritti di segreteria per il rilascio di un titolo edilizio

TAR Veneto, sez. II, sent. 21 gennaio 2019 n. 64
I diritti di segreteria sono dovuti per il solo fatto che un privato abbia presentato una domanda di titolo edilizio, la cui pratica abbia implicato lo svolgimento di una attività istruttoria da parte degli uffici comunali ai fini del rilascio

I diritti di segreteria sono dovuti per il solo fatto che un privato abbia presentato una domanda di titolo edilizio, la cui pratica abbia implicato lo svolgimento di una attività istruttoria da parte degli uffici comunali ai fini del rilascio; in termini: “I diritti di segreteria de quibus sono una prestazione economica dovuta dal privato a fronte dell’attività amministrativa svolta dal Comune per il rilascio del titolo abilitativo edilizio, attività che risulta essere stata regolarmente effettuata ed esaurita, essendo stato anche rilasciato il già citato permesso di costruire n. 3275, prot. n. 27027, del 29 maggio 2007” (TAR Lazio, Latina, sent. n. 349/2018).

Centralina telefonica: è opera di urbanizzazione?

TAR Veneto, sez. II, sent. 21 gennaio 2019, n. 57
Una centralina telefonica fuori terra è opera di urbanizzazione compatibile con qualsiasi destinazione urbanistica

Una centralina telefonica fuori terra, ai sensi del D. lgs. 1 agosto 2003, n. 259, art. 86 comma 3, è un’infrastruttura pubblica di comunicazione e, quindi, opera di urbanizzazione primaria, compatibile con qualsiasi destinazione urbanistica.

Legittimazione alla richiesta del permesso di costruire

TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 21 gennaio 2019 n. 70
Il controllo sulla legittimazione all’istanza del titolo abilitativo va esercitato con serietà e rigore

In base all’art. 11 comma 1 del DPR 380/2001, il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo, e tale ultima espressione va intesa nel senso più ampio di una legittima disponibilità dell’area, in base ad una relazione qualificata con il bene, sia essa di natura reale, o anche solo obbligatoria, purché, in questo caso, con il consenso del proprietario (Consiglio di Stato, sez. IV – 28/3/2018 n. 1949, il quale ha precisato che “il Comune, prima di rilasciare il titolo, ha sempre l’onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che questi sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (Cons. Stato, sez. IV, n. 4818/2014 cit.; in senso conforme, sez. V, 4 aprile 2012 n. 1990)”.

Il controllo sulla legittimazione all’istanza del titolo abilitativo va esercitato con serietà e rigore, dovendo pertanto l’autorità pubblica accertare che l’istante sia il proprietario dell’immobile oggetto dell’intervento costruttivo o che, comunque, abbia un titolo di disponibilità sufficiente per eseguire l’attività edificatoria (Consiglio di Stato, sez. IV – 25/5/2018 n. 3143).

L’onere del Comune è dunque quello ricercare la sussistenza di un titolo (di proprietà, di altri diritti reali, etc.) che fonda una relazione giuridicamente qualificata tra soggetto e bene oggetto dell’intervento, e che possa renderlo destinatario di un provvedimento amministrativo autorizzatorio, senza che l’Ente locale debba comprovare – prima del rilascio – la “pienezza” (nel senso di assenza di limitazioni) del titolo medesimo, dato che ciò comporterebbe l’attribuzione all’amministrazione di un potere di accertamento della sussistenza (o meno) di diritti reali e del loro “contenuto”, ad essa non assegnato dall’ordinamento.

In linea di diritto, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio sussiste l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, a condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili e/o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’Ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici, sicché l’amministrazione normalmente non è tenuta a svolgere indagini particolari in presenza di una richiesta edificatoria, salvo che sia manifestamente riconoscibile l’effettiva insussistenza della piena disponibilità del bene oggetto dell’intervento edificatorio in relazione al tipo di intervento richiesto (Consiglio di Stato, sez. VI – 5/4/2018 n. 2121).

L’accertamento demandato all’Ente locale va compiuto con “serietà e rigore”, e “la più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, superando l’indirizzo più risalente, è oggi allineata nel senso che l’Amministrazione, quando venga a conoscenza dell’esistenza di contestazioni sul diritto del richiedente il titolo abilitativo, debba compiere le necessarie indagini istruttorie per verificare la fondatezza delle contestazioni, senza però sostituirsi a valutazioni squisitamente civilistiche (che appartengono alla competenza dell’A.G.O.), arrestandosi dal procedere solo se il richiedente non sia in grado di fornire elementi prima facie attendibili” (Consiglio di Stato, sez. IV – 20/4/2018 n. 2397).

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La scelta urbanistica non può ritenersi preclusa per la sola circostanza che determina una asserita reformatio in peius dello stato dell’area.

La reformatio in peius della disciplina urbanistica attraverso il ridimensionamento dell’attitudine edificatoria di un’area è interdetta solo da determinazioni vincolanti per l’amministrazione in ordine ad una diversa “zonizzazione” dell’area stessa, ovvero tali da fondare legittime aspettative potendosi configurare un affidamento qualificato del privato esclusivamente in presenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio-rifiuto su una domanda di concessione o ancora nella modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo.

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La declaratoria di decadenza del permesso emessa prima della scadenza del termine per l’ultimazione dei lavori può decretarsi solo in caso in cui le opere intraprese siano così esigue da testimoniare con chiarezza l’assenza di una effettiva volontà di realizzazione dell’opera. È il caso in cui sia realizzato il semplice sbancamento del terreno e la predisposizione degli strumenti e materiali di costruzione (cfr., T.A.R. per la Puglia, sede di Lecce, sez. I, 10 aprile 2018, n. 603; Consiglio di Stato, Sez. V, 22 novembre 1993 n. 1165).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Foto: www.ottopagine.it

Redazione Tecnica

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