Muretti a secco patrimonio Unesco: una lunga storia, con dei nemici

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La Regione Puglia ha persino pubblicato il bando di “Sostegno per investimenti non produttivi connessi all’adempimento degli obiettivi agro – climatico – ambientali” riguardante contributi a fondo perduto del 100% per il rifacimento dei muretti a secco, al fine di salvaguardare il paesaggio agrario conservandone gli aspetti caratteristici.

I muretti sono incastonati ottimamente nella natura, su di essi nasce e vive una vegetazione che senza la disponibilità idrica presente nelle fessure dei muretti, dove si ha la condensazione della rugiada, supererebbe a stento le aride stagioni estive; inoltre tra gli interstizi piccoli rettili e anfibi creano la loro dimora o li usano semplicemente come nascondigli.

Questi muretti, esempi primitivi di manifattura, possiedono un ruolo importante nel riuscire a contenere il terreno soprattutto nelle zone più scoscese, soggette ad alluvioni e slavine, in quanto permettono all’acqua di scorrere senza essere trattenuta grazie agli interstizi tra una pietra e l’altra, e utilizzati anche a costituire il limite di un terreno, la sua delimitazione; quest’ultimo uso fu particolarmente messo in atto nel Meridione.

I muretti a secco: un po’ di storia e di geolocalizzazione

Ricordo, durante gli anni dell’adolescenza, di aver contribuito alla creazione di un muretto a secco costruito da mio padre nel terreno di famiglia. Lui, come tantissimi altri, “ripulendo” il terreno dalle pietre, le accantonava in un angolo per poi trasferirle in una zona ben precisa dell’appezzamento. Non le ammassava casualmente ma le riponeva con dedizione e accuratezza ridandogli valore in una costruzione ben strutturata, in cui ogni pietra veniva incastonata l’una con un’altra, cercando quelle che più combaciassero tra loro e riempiendone gli spazi rimasti tra l’una e l’altra con pietre più piccole o con semplice terra, dando solidità a tutta la struttura.

Il muretto a secco era utilizzato fin dai tempi dei patrizi per delimitare i poderi appartenenti alle famiglie benestanti, che li vedeva così separati da quelli riservati alla plebe. Invece, in territori come la Liguria questi muri venivano e vengono tuttora adottati a scopo principalmente agricolo nei terrazzamenti, in modo da sostenere le porzioni di terreno ricavate sui pendii. Essi vengono chiamati in dialetto Maixei, dal latino maceries ossia muretto a secco, e si prevede che risalgano all’età del ferro.

Nelle zone costiere come Amalfi, le strutture a secco hanno da sempre difeso le colture dagli agenti atmosferici, come quelle degli agrumi particolarmente soggette al vento e al freddo.

Questa tecnica la si ritrova anche fuori dai confini nazionali, come in Irlanda, soprattutto nel nord del paese, adottata non solo per delimitare i singoli terreni, ma soprattutto ai bordi delle strade, in modo da evitare che le numerose greggi di pecore al pascolo possano oltrepassare i terreni ed invadere le strade trafficate creando pericoli.

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I muretti a secco sono stati ritrovati anche nelle culture di quelle aree geografiche molto aride come in alcune zone della Cina, della Nuova Zelanda, dell’Africa e del Medio Oriente, che si sono dovute adattare alla scarsità di acqua e che hanno trovato nei muretti di pietra delle strutture capaci di limitare i problemi legati alla desertificazione e salificazione del suolo, captando l’acqua e riuscendola a trattenere tra gli interstizi mediante muschi e licheni.

Questa tecnica millenaria, che ha assunto forme differenti a seconda degli usi e delle regioni, era così diffusa in quanto aveva sicuramente il vantaggio di non costar nulla poiché si utilizzavano pietre trovate in loco, spesso trasportate solo per pochi chilometri da dove si trovavano e che si adattavano bene al paesaggio circostante.

Nel Salento queste strutture risultano risalenti ai tempi dei Messapi, intorno al 1000 a.C., costituite da blocchi più o meno squadrati poggiati orizzontalmente.

Anche nella Bibbia si ritrovano testimonianze di questi muretti utilizzati in particolare per realizzare gli altari, il versetto 25 dell’Esodo narra :“Se tu mi fai un altare di pietra, non lo costruirai con pietra tagliata, perché alzando la tua lama su di essa, tu la renderesti profana”, marcando il fatto di usare pietre direttamente trovate nel terreno senza doverle lavorare in alcun modo.

Questi muri sono divenuti dei simboli caratteristici di determinate zone, dal Salento alla Liguria, dal paesaggio arido africano alle campagne irlandesi, che li rendono uniche, ne rappresentano una tradizione secolare contadina, sono esempio di una primitiva architettura che si incastra bene col paesaggio naturalistico e per questo vanno tutelati.

I “nemici” dei muretti a secco

Purtroppo questo patrimonio storico e culturale viene minacciato oggi più che mai dall’incuria e dall’uso di innumerevoli mezzi agricoli meccanizzati che vedono i muretti come un ostacolo che va abbattuto.

L’importanza della conservazione e del restauro

Appare dunque fondamentale che queste antiche testimonianze della manifattura arcaica siano ricostruite o restaurate secondo l’antica tradizione tramandata nei secoli di padre in figlio, da regione a regione, per non far sì che si estinguano totalmente a danno degli ideali microclimi che riescono a ricreare al proprio interno e a danno di tutto il paesaggio, perdendo delle meravigliose opere e soprattutto la cultura in loro intrinseca.

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Antonietta Puma

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