Progettisti, Cassazione: sanzioni pure per fatti non collegati all’esercizio della professione

La Corte di Cassazione si esprime in modo favorevole riguardo le valutazioni ad ampio spettro sulla condotta dei professionisti

Scarica PDF Stampa

I giudici della Corte di Cassazione, nei giorni appena passati, trattando un caso riferito ad un architetto, hanno emesso la sentenza 24679/2018, stabilendo che un progettista può essere sanzionato in un procedimento disciplinare anche per dei comportamenti che non sono strettamente collegati all’esercizio della professione di architetto.

Progettisti, il caso

La Corte di Cassazione si è espressa in merito al caso riguardante un architetto a cui erano stati contestate diverse violazioni dei doveri di trasparenza e lealtà nei rapporti con gli organi istituzionali della professione e con i colleghi.

Nel caso trattato, per spedire le comunicazioni personali, l’architetto aveva deciso di usare un indirizzo mail istituzionale, attraverso il quale si era reso protagonista di pareri negativi inerenti ad un convegno indetto da una associazione formata da architetti e ingegneri. Inoltre, l’architetto, aveva anche fatto girare delle informazioni false tra gli iscritti, che avrebbero potuto influenzare il voto per il rinnovo del Consiglio provinciale dell’Ordine.

Per queste ragioni, l’Ordine aveva deciso di sanzionarlo tramite la sospensione dall’esercizio della sua professione per un determinato periodo di tempo: dieci giorni. Però, l’architetto, aveva deciso di fare ricorso, affermando che le azioni che gli venivano contestate da parte dell’Ordine, non erano collegate all’esercizio della sua professione.

Progettisti, illeciti non connessi alla professione

I giudici della Corte di Cassazione hanno comunque rigettato il ricorso, respingendo le ragioni portate avanti dal professionista, sottolineando che: “in materia disciplinare è applicabile il principio, tipico di tutti i sistemi sanzionatori, quali quello penale, secondo cui è sufficiente che l’illecito sia ascrivibile all’autore del fatto a titolo di colpa”. Tradotto: la sanzione vale anche quando il comportamento non denota la natura dolosa.

Leggi anche Progettisti, come valutarne le capacità: criteri ambientali minimi 

I giudici della Corte di Cassazione, facendo riferimento al Regio Decreto 2537/1925 (Regolamento per le professioni di ingegnere e di architetto) e la Legge 1395/1923 (Tutela del titolo e dell’esercizio professionale degli ingegneri e degli architetti), hanno evidenziato che: “Gli abusi e le mancanze commessi nell’esercizio della professione non escludono la rilevanza disciplinare di altri fatti o comportamenti commessi dal professionista e contrari alle norme di deontologia, anche se non siano in diretta relazione con l’esercizio della professione e con la qualifica professionale”. Perciò, il progettista può essere punito ogni volta in cui si rende protagonista di un’azione che va contro le norme deontologiche, anche quando ciò non accade nell’esercizio della sua professione.

Infine, la Corte di Cassazione ha affermato che i comportamenti che sono stati contestati al progettista: “seppure non direttamente posti in essere nell’esercizio della professione intesa in senso stretto, erano pur sempre relativi a fatti direttamente inerenti l’attività di architetto esercitata”.

Sull’argomento consigliamo:

Redazione Tecnica

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento