Alberi killer e radici violente, cosa possono fare ingegneri e architetti?

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Purtroppo negli ultimi anni stiamo assistendo a degli eventi climatici sempre più estremi con conseguenze devastanti sul territorio. Piogge alluvionali concentrate in poche ore che colpiscono terre già a forte rischio idrogeologico e venti che spazzano via viali di alberi, e sono proprio questi ultimi ad essere le cause di morti verificatesi durante tali eventi che stanno ultimamente flagellando anche il nostro Bel Paese.

Alberi caduti, nuova polemica su un tema vecchio

Gli alberi sono da sempre oggetto di diatribe tra gli ambientalisti, che non vorrebbero vederne abbattuto neanche uno solo di essi, e le politiche di sicurezza ormai da non sottovalutare: ma chi ha ragione? Certamente gli studi dimostrano che la presenza di vegetazione nelle città aiuta a difendere i cittadini stessi dalle patologie respiratorie e cardiovascolari causate dagli agenti inquinanti, queste “difese” con l’arrivo del mal tempo rischiano però di diventare esse stesse armi che, se non vengono messe in sicurezza, vanno eliminate!

La causa dei crolli degli alberi è da ricercarsi proprio nella instabilità delle loro radici che risultano essere poco profonde, a cui viene tolto lo spazio dagli scavi per i sottoservizi, alberi coltivati in terreni non idonei e in spazi ristretti al minimo, non proporzionali al reale sviluppo dell’arbusto piantato, sottoposti a pessime potature e cure inesistenti.

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L’albero non deve essere più concepito solo come un ornamento, ma come una vera e propria infrastruttura polifunzionale complessa che produce servizi ecosistemici a tutti i cittadini. Da qui sono nati i vari regolamenti comunali che disciplinano il verde urbano, non solo più come fattore estetico, ma con tutti i connotati di un problema di sicurezza.

Il verde urbano una volta creato va tutelato e curato affinché perduri e non crei alcun danno durante la sua crescita; questi regolamenti comunali stabiliscono infatti i tempi della loro potatura, irrigazione e dei trattamenti curativi, qualora fossero necessari.

Dal febbraio del 2013 è entrata in vigore la legge per lo sviluppo delle aree verdi (legge 10/2013) con lo scopo di potenziare le aree verdi urbane, in cui si introduce anche il tema del censimento degli alberi monumentali per i quali l’abbattimento e le modifiche della chioma e dell’apparato radicale richiedono l’autorizzazione paesaggistica.

Le sanzioni dettate dalla legge 10/2013 sono infatti notevoli: chi abbatte o danneggia un albero monumentale è sottoposto al pagamento di una somma che va dai 5.000 ai 100.000 euro.

È di competenza del primo cittadino predisporre l’abbattimento o la messa in sicurezza di alberi pericolanti o incombenti sulla pubblica viabilità, interferenti con linee aeree elettriche, telefoniche, rete irrigua o che comportino pericolo per la pubblica incolumità. Per far fronte a questi problemi ci si affida a professionisti, architetti ed ingegneri, capaci di risolvere le complesse problematiche legate alla coesistenza di alberi ed infrastrutture.

Alberi killer: cosa devono fare gli architetti e gli ingegneri?

Architetti e ingegneri in architettura paesaggistica intervengono nella gestione del paesaggio per preservare la natura e la qualità della vita; in particolare si occupano di pianificare e progettare delle aree verdi urbane ed extraurbane puntando su uno sviluppo sostenibile del paesaggio. Uno dei problemi a cui devono far fronte nell’ambito urbano sono sicuramente le radici delle piante che sollevano il manto stradale provocando disagi e pericolosi incidenti.

Soluzione 1: ampliare le aiuole

Un rimedio da loro auspicato è senza dubbio quello di ampliare le aiuole in cui crescono le piante ed instaurare dei teli anti-radice in TNT (tessuto-non-tessuto), materiale traspirante in grado di eliminare il difetto delle radici affioranti e che permette anche di proteggere i sottoservizi quali le tubature.

Soluzione 2: le pavimentazioni drenanti

Una soluzione migliore trova strada nelle pavimentazioni “drenanti”, che impediscono il totale soffocamento degli apparati radicali, a bassi spessori, tra i 5 e gli 8 cm, che creano delle condizioni idonee allo sviluppo della pianta e allo stesso tempo realizzano un manto stradale idealeal transito di ogni tipo di mezzo, dal leggero al pesante, ripartendo equamente i carichi trasmessi dal piano viabile. Con questo tipo di pavimentazioni si riesce ad ottenere una struttura poco sollecitata e quindi con maggiore stabilità e durata a fatica nel tempo, essa prevede una percentuale di vuoti nella miscela che garantisce il giusto equilibrio tra permeabilità, isolamento acustico e termico con particolare resistenza agli agenti atmosferici, ai fenomeni di gelo e disgelo ed ai trattamenti antigelo.

Il vantaggio di queste pavimentazioni sta anzitutto nello spessore, in quanto le deformazioni del manto dovute alle dilatazioni termiche sono sicuramente più evolute nelle pavimentazioni con spessori maggiori e ciò comporta il verificarsi di fessurazioni più grandi e più diffuse. Questo fenomeno è dato dal fatto che il massetto esercita il proprio peso sul sottofondo la cui portata complessiva rimane sempre la stessa, ma il carico che viene sopportato durante il transito di veicoli e pedoni è inversamente proporzionale allo spessore, il suo modulo elastico è tanto minore quanto maggiore è lo spessore. Per esempio, una pavimentazione di 15 cm di spessore avrà una rigidità più elevata di una pavimentazione con minore spessore e ovviamente una capacità di assorbire eventuali avvallamenti del terreno quasi irrisoria.

Radici degli alberi, qual è la soluzione migliore?

La soluzione ideale sarebbe quella di adottare materiali con maggior prestazioni, quali resine e fibre, con sezioni sottili. Tuttavia ciò comporterebbe un aumento dei costi non indifferenti, ma su cui ogni Comune non può più sorvolare.

Fonte dell’immagine: www.jrrtolkien.it

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