Permesso di costruire in sanatoria: annullabile se ottenuto con dichiarazioni false

Inoltre, nella rassegna di sentenze: certificato agibilità: presupposti, volume tecnico e autorizzazione paesaggistica postuma, e tanto altro…

Mario Petrulli 02/10/18
Scarica PDF Stampa

Gli argomenti della selezione di sentenze per l’edilizia e l’urbanistica pubblicate la scorsa settimana sono… 1) Permesso di costruire in sanatoria – dichiarazioni false – conseguenze; 2) Certificato agibilità – presupposti; 3) Volume tecnico – autorizzazione paesaggistica postuma; 4) Cessione di aree – prescrizione; 5) Recinzione con rete metallica – titolo edilizio necessario; 6) Interramento di una tubazione per uso irriguo – attività edilizia libera.

Permesso di costruire in sanatoria: dichiarazioni false, conseguenze

Estremi della sentenza: TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 25 settembre 2018 n. 1604
Massima: Se il permesso di costruire in sanatoria è ottenuto tramite una falsa o erronea rappresentazione della realtà è legittimo l’annullamento del titolo e del collegato certificato di agibilità.

Allorquando una concessione edilizia in sanatoria sia stata ottenuta in base ad una falsa, o comunque erronea, rappresentazione della realtà materiale, è consentito alla P.A. esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l’atto, senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa.

Da ciò discende la legittimità dell’annullamento anche del certificato di agibilità, che non può essere rilasciato per fabbricati abusivi e non condonati (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, 7 marzo 2018 n. 1458).

Leggi anche Permesso di costruire in deroga, aree degradate: facoltà del Consiglio, non obbligo

Certificato agibilità: presupposti

Estremi della sentenza: TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 25 settembre 2018 n. 1605
Massima: Il certificato di agibilità di un immobile adibito, lungi dall’essere subordinato all’accertamento dei soli requisiti igienico-sanitari, presuppone altresì la conformità urbanistica ed edilizia dell’opera.

L’inosservanza della regola tecnica di edificazione proporzionata al rischio sismico di zona, anche ove quest’ultimo si attesti su percentuali basse di verificabilità, integra pur sempre la violazione di una norma di aggravamento del pericolo (cfr. Cass. pen., Sez. VI 14 novembre 2017 n. 190, sull’applicabilità del sequestro preventivo).

In tale situazione, è dunque corretta la scelta di annullare il certificato di agibilità di un immobile adibito ad asilo nido, il quale, lungi dall’essere subordinato all’accertamento dei soli requisiti igienico-sanitari, presuppone altresì la conformità urbanistica ed edilizia dell’opera (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 5 febbraio 2016, n. 268 e Sez. II, 23 aprile 2018, n. 933; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 21 marzo 2018, n. 1773 e Sez. V, 6 luglio 2016, n. 3409; T.A.R. Piemonte, Sez. II, 30 giugno 2016, n. 964; T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II 5 maggio 2016, n. 1100).

Donde, il divieto di utilizzo del manufatto, attuato attraverso l’ordine di sgombero, che costituisce un atto dovuto, allorquando la costruzione manca dei requisiti di sicurezza per l’incolumità pubblica (cfr. T.A.R. Molise 15 gennaio 2018, n. 17).

Leggi anche Segnalazione Certificata Agibilità, cos’è cambiato e di chi è la responsabilità

Volume tecnico: autorizzazione paesaggistica postuma

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 25 settembre 2018 n. 900
Massima: La sanabilità postuma dell’opera sotto l’aspetto paesaggistico è esclusa in presenza di nuove superfici o volumi, per l’evidente finalità di preservazione posta alla base della tutela paesaggistica, che impedisce di mantenere nuovi ingombri in zona ove è vietata l’edificazione in assenza di autorizzazione paesaggistica.

La creazione di superfici utili o volumi è ostativa al rilascio della compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 167, quarto comma, del D.Lgs. 42/2004.

La compatibilità paesaggistica può, infatti, essere accertata, sempre che “i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, (…) non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati” (cfr. T.A.R. Campania, Napoli: sez. VII, 9 aprile 2018 n. 2259; sez. III, 30 gennaio 2017 n. 647).

La sanabilità postuma dell’opera sotto l’aspetto paesaggistico è, dunque, esclusa in presenza di nuove superfici o volumi, per l’evidente finalità di preservazione posta alla base della tutela paesaggistica, che impedisce di mantenere nuovi ingombri in zona ove è vietata l’edificazione in assenza di autorizzazione paesaggistica.

La giurisprudenza ha, inoltre, specificato che la norma riguarda qualsiasi incremento volumetrico, finanche interrato, aggiungendo che esulano dal concetto solo le opere aventi funzione servente e prive di funzionalità autonoma, circostanza che non ricorre nella fattispecie in esame (cfr. T.A.R. Campania, Napoli: sez. III, 30 agosto 2016 n. 4124 e 24 marzo 2017 n. 1604).

Se l’art. 167, comma 4, del D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 indica i casi in cui l’autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica in sanatoria; e, alla lettera a), prevede che possa essere autorizzata la compatibilità paesaggistica in sanatoria “per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati”, non può il Collegio omettere di convenire con l’orientamento giurisprudenziale del quale si è, precedentemente, dato conto (ed in ordine al quale, cfr. anche Cons. Stato, sez. VI, 18 aprile 2018 n. 2342), secondo cui:

– la regola generale è quella che non sia possibile sanare gli abusi realizzati in zona vincolata;

– la finalità è quella di prevenzione degli illeciti che incidono su beni paesaggistici mediante la previsione dell’obbligo di chiedere in via preventiva l’autorizzazione senza la possibilità di ottenere una sorta di approvazione successiva anche quando l’intervento non ha leso il bene tutelato;

– il Legislatore ammette la suddetta sanatoria soltanto quando ricorrono i rigorosi presupposti sopra indicati.

Cessione di aree: prescrizione

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Brescia, sez. I, sent. 25 settembre 2018 n. 902
Massima: La cessione gratuita di aree non è soggetta a prescrizione, almeno finché l’Amministrazione non decida di liberare il fondo dei privati disponendo la monetizzazione dello standard.

L’obbligo di cessione gratuita ricavabile dalla normativa urbanistica, pur non avendo carattere periodico, ha una consistenza analoga a quella dell’onere reale, sia in relazione al presupposto (rapporto con la cosa), sia relativamente alla funzione (utilità protratta nel tempo).

In particolare, sotto il primo profilo, perché si tratta del necessario bilanciamento al peso insediativo apportato dalle nuove costruzioni private; sotto il secondo profilo, perché soddisfa un interesse collettivo di natura permanente, che consiste nell’integrare le infrastrutture al servizio di una zona urbanistica.

Pertanto, mentre per i crediti espressi in un importo monetario (ad esempio, il contributo di costruzione) decorre il normale termine di prescrizione decennale (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 3 maggio 2014 n. 464), la cessione gratuita di aree non è soggetta a prescrizione, almeno finché l’Amministrazione non decida di liberare il fondo dei privati disponendo la monetizzazione dello standard (T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 15 settembre 2015 n. 991).

Recinzione con rete metallica: che titolo edilizio è necessario?

Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Brescia, sez. II, sent. 25 settembre 2018 n. 907
Massima: Una rete metallica sostenuta da pali in ferro infissi nel terreno, in sostituzione di quella preesistente costituita da pali in legno, senza alcun basamento in cemento o altro sostegno, è classificabile tra quelle che non esigono il rilascio del titolo abilitativo edilizio.

In via generale, la posa di una recinzione – manufatto essenzialmente destinato a delimitare una determinata proprietà allo scopo di separarla dalle altre, di custodirla e difenderla da intrusioni – è solo diretta a far valere lo ius excludendi alios che costituisce il contenuto tipico del diritto dominicale, e per pacifica giurisprudenza persino la presenza di un vincolo dello strumento pianificatorio non può incidere (di per sé) negativamente sulla potestà del dominus di chiudere in qualunque tempo il proprio fondo ai sensi dell’art. 841 del c.c. (T.A.R. Campania Napoli, sez. II – 4/2/2005 n. 803; T.A.R. Lombardia Milano, sez. II – 11/2/2005 n. 367).

È stato osservato che il titolo abilitativo edilizio non è necessario per modeste recinzioni di fondi rustici senza opere murarie, e cioè per la mera recinzione con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno (senza muretto di sostegno), in quanto entro tali limiti il manufatto rientra appunto tra le manifestazioni del diritto di proprietà che comprende lo “jus excludendi alios” (C.G.A. Sicilia, sez. consultive – 18/12/2013 n. 1548; T.A.R. Campania Salerno, sez. II – 11/9/2015 n. 1902; T.A.R. Umbria – 18/8/2016 n. 571 e la citata giurisprudenza).

Solamente la recinzione che presenti un elevato impatto urbanistico deve essere preceduta da un titolo abilitativo del Comune, mentre tale atto non risulta necessario in presenza di trasformazioni che – per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento – non comportino un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale: la distinzione tra esercizio dello jus aedificandi e dello jus excludendi alios va rintracciata quindi nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. III – 6/2/2015 n. 938, che risulta appellata e che richiama Consiglio di Stato, sez. V – 9/4/2013 n. 922).

È quindi al tipo di recinzione in concreto che occorre guardare per stabilire se si tratti dell’uno o dell’altro tipo di manufatto: un esempio del secondo tipo è la modesta recinzione di fondo rustico senza opere murarie, con rete metallica sorretta da paletti di ferro o di legno; occorre, invece, la concessione, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica (T.A.R. Toscana, sez. III – 27/2/2015 n. 320, che risulta appellata; cfr. anche TAR Brescia, n. 869/17 e n. 246/16).

In termini più generali anche il giudice d’appello ha confermato il principio testè ricordato, ribadendo che la realizzazione della recinzione non richiede un idoneo titolo edilizio solo in presenza di una trasformazione che, per l’utilizzo di materiale di scarso impatto visivo e per le dimensioni dell’intervento, non comporti un’apprezzabile alterazione ambientale, estetica e funzionale, con la conseguenza che la distinzione tra esercizio dello ius aedificandi e dello ius excludendi alios ex art. 831 cod. civ. va rintracciata nella verifica concreta delle caratteristiche del manufatto.

Le caratteristiche della recinzione oggetto di contestazione – una rete metallica sostenuta da pali in ferro infissi nel terreno, in sostituzione di quella preesistente costituita da pali in legno, senza alcun basamento in cemento o altro sostegno – la rendono classificabile tra quelle che non esigono il rilascio del titolo abilitativo edilizio (cfr. anche T.A.R. Umbria – 18/8/2016 n. 571).

Interramento di una tubazione per uso irriguo: è attività edilizia libera?

Estremi della sentenza: TAR Piemonte, sez. II, sent. 26 settembre 2018 n. 1056
Massima: L’interramento, al di sotto di una strada interpoderale, di un tratto di tubazione funzionale all’uso irriguo dei fondi di proprietà è attività edilizia libera.

L’interramento, al di sotto di una strada interpoderale, di un tratto di tubazione funzionale all’uso irriguo dei fondi di proprietà è attività edilizia libera, ricompresa nell’art. 6 comma 1 lett. d) del Testo Unico Edilizia (DPR n. 380/2001), norma che si riferisce sia ai“movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola”, sia alle “pratiche agro-silvo-pastorali”, sia agli “interventi su impianti idraulici agrari”, in quanto riconducibili a tali pratiche.

Una lettura non parcellizzata della norma consente di farvi rientrare anche tale tipo di intervento, in quanto riguardante la posa di opere destinate ad un uso irriguo funzionale all’attività agricola, nonché i connessi movimenti di terra.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento