Contributo di costruzione: dieci anni di tempo per chiedere l’extra

Lo stabilisce il Consiglio di Stato in adunanza plenaria

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Con la sentenza 12 del 30 agosto 2018, l’adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che il Comune ha 10 anni di tempo per chiedere (solo in caso di erronea determinazione del contributo di costruzione) un obolo extra all’impresa che ha ottenuto il permesso di costruire, a integrazione di quanto già aveva pagato. In linea teorica viene consentito anche il rimborso in caso di pagamenti in eccesso. L’intervento del CdS, incalzato dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione Sicilia, era divenuto indispensabile a causa delle molteplici pronunce contraddittorie sulla materia.

Contributo di costruzione, di cosa si tratta

L’articolo 16 del Dpr 380/2001 (Testo unico edilizia) tratta il contributo di costruzione, collegato al permesso di costruire. Il contributo, suddiviso in due voci riguardanti gli oneri di urbanizzazione e il costo di costruzione, costituisce una “compartecipazione del privato alla spesa pubblica occorrente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione”. Perciò, l’impresa che pretende di costruire, ha il compito di finanziare parzialmente le opere extra che il Comune dovrà realizzare, per via della presenza del nuovo edificio all’interno del suo territorio.

I contributi vengono conteggiati sulla base delle tabelle parametriche preparate dalle Regioni, che in seguito attraverso una delibera vengono recepite dal Comune. Si deve tener conto che potrebbero essere commessi anche degli errori nella quantificazione di questo pagamento. Per questo motivo in giurisprudenza si dibatte sulla possibilità per l’amministrazione comunale di tornare sui suoi passi, entro quali precisi termini lo possa fare e attraverso quale modalità. Un’alternativa proposta è quella che prevede l’annullabilità dell’atto esclusivamente in autotutela. Si tratta di un potere che in base alla legge 241/1990, prevede la sua attivazione secondo specifici presupposti. Un’ulteriore ipotesi riguarda la cristallizzazione degli oneri. Quindi, una volta fissato il contributo, non sarebbe suscettibile di successive modifiche.

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Contributo di costruzione, cosa ha stabilito il CdS

La decisione del Consiglio di Stato consente un ampio spazio di manovra ai sindaci e ci tiene a precisare che la pubblica amministrazione: “nel corso del rapporto concessorio, può sempre rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo del contributo di concessione, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell’ordinario termine di prescrizione decennale (articolo 2946 del codice civile) decorrente dal rilascio del titolo edilizio, senza incorrere in alcuna decadenza”.

La sentenza poi continua: “Certamente, il Comune ha l’obbligo di adoperarsi affinché la liquidazione del contributo di costruzione venga eseguita nel modo più corretto, sollecito, scrupoloso e preciso, sin dal principio”. Nel caso in cui l’amministrazione commetta un errore, viene prevista la possibilità di intervenire successivamente. Questa possibilità viene concessa anche al privato che, per ottenere quanto versato in eccesso potrà fare, entro il termine di dieci anni, ricorso davanti al giudice amministrativo.

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Redazione Tecnica

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