Abbattimento barriere architettoniche in deroga alle distanze

L’abbattimento delle barriere architettoniche può essere fatto in deroga alle norme sulle distanze in edilizia?

Mario Petrulli 03/04/18
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Tra le sentenze pubblicate la scorsa settimana ce n’è una molto interessante sull’abbattimento delle barriere architettoniche e il rapporto con le distanze tra gli edfici. Gli altri argomenti sono: titolo edilizio con errata rappresentazione dello stato dei luoghi, obbligo di realizzazione delle opere di urbanizzazione, zonizzazione acustica, annullamento di un titolo edilizio e abuso edilizio (che deve dare prova dell’epoca di realizzazione?).

Abbattimento barriere architettoniche e regime delle distanze

– Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. I, sent. 27 marzo 2018 n. 809
– Massima: le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile; non risulta, dunque, applicabile in tali casi l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968

Ai sensi del combinato disposto degli articoli 78 e 79 del d.P.R. n. 380/2001, le opere dirette all’abbattimento delle barriere architettoniche possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, salvo l’obbligo di rispetto delle distanze di cui agli articoli 873 e 907 del codice civile. Non risulta, dunque, applicabile in tali casi l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968. È stato, invero, affermato che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 79 del d.p.r. n. 380/2001 porta a estendere la deroga delle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi (dettate nel comma 1 dell’art. 79 cit.) anche agli atti di normazione primaria, con il corollario di dover limitare al dato testuale il richiamo all’art. 873 c.c. e quindi dell’inapplicabilità della disciplina delle distanze dai fabbricati alieni prevista dall’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 22 settembre 2014, n. 726).

La normativa suddetta prevede, quindi, per l’abbattimento delle barriere architettoniche, una specifica e automatica deroga alla disciplina delle distanze prevista dagli strumenti urbanistici comunali, senza la necessità di valutazioni discrezionali dell’Amministrazione.

Titolo edilizio e stato dei luoghi errato

– Estremi della sentenza: TAR Valle d’Aosta, sent. 29 marzo 2018 n. 23
– Massima: è illegittimo il titolo edilizio rilasciato sulla base di un’errata rappresentazione dello stato dei luoghi

All’errata rappresentazione dello stato dei luoghi consegue l’illegittimità del titolo edilizio sulla cui base lo stesso è stato rilasciato (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., sent. n. 8/2017; sez. IV, 27/01/2012, n. 422, secondo cui “chi presenta istanza di autorizzazione “ad aedificandum” ha l’onere di accludere dati, documenti e misurazioni idonei a dare esatta contezza della situazione dei luoghi con la conseguenza che, ove invece fornisca dati incompleti, non rispondenti alla superficie e al volume impegnati dalla progettata edificazione e comunque tali da fornire una errata rappresentazione dello stato dei luoghi, l’Amministrazione legittimamente interviene sul piano dell’autotutela e annulla d’ufficio il titolo abilitativo già rilasciato”).

Opere di urbanizzazione: obbligo di realizzazione

– Estremi della sentenza: TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, sent. 27 marzo 2018 n. 762
– Massima: l’obbligazione di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione assunta da colui che stipula una convenzione edilizia è propter rem, nel senso che essa va adempiuta non solo da colui che tale convenzione ha stipulato, ma anche da colui, se soggetto diverso, che richiede la concessione edilizia e realizza opere di trasformazione edilizia ed urbanistica

L’obbligazione di provvedere alla realizzazione delle opere di urbanizzazione assunta da colui che stipula una convenzione edilizia è propter rem, nel senso che essa va adempiuta non solo da colui che tale convenzione ha stipulato, ma anche da colui, se soggetto diverso, che richiede la concessione edilizia e realizza opere di trasformazione edilizia ed urbanistica. La natura reale dell’obbligazione in esame riguarda, dunque, i soggetti che stipulano la convenzione, ma anche quelli che richiedono la concessione ed eseguono opere e quelli che realizzano l’edificazione avvalendosi della concessione rilasciata al loro dante causa (Cass., III sez. civ., 20 agosto 2015, n. 16999Cass. n. 10947 del 1994; n. 6382 dei 1988; n. 5541 del 1996, Cass. n. 12571 del 2002; T.A.R. Cagliari, sez. II, 10 gennaio 2017, n.13).

Natura della zonizzazione acustica

– Estremi della sentenza: TAR Lombardia, Milano, sez. III, sent. 27 marzo 2018 n. 829
– Massima: la zonizzazione acustica costituisce esercizio di un vero e proprio potere pianificatorio discrezionale, avente lo scopo di migliorare, ove possibile, l’esistente ma tenendo conto della pianificazione urbanistica, al fine di non sacrificare le consolidate aspettative di coloro che sono legittimamente insediati nel territorio

L’attività demandata all’Amministrazione, per la classificazione acustica, si connota in termini ampiamente discrezionali, sia quanto alla delimitazione delle singole zone, che quanto alla loro classificazione, specialmente in relazione all’individuazione delle classi intermedie.

La zonizzazione acustica costituisce, infatti, esercizio di un vero e proprio potere pianificatorio discrezionale, avente lo scopo di migliorare, ove possibile, l’esistente (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7.5.2015, n. 2316, conferma T.A.R. Lombardia, Milano, sez. II, 11.1.2013, n. 87; T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 2.4.2015, n. 477; id. Sez. I, 2.4.2015, n. 478) ma tenendo conto della pianificazione urbanistica, al fine di non sacrificare le consolidate aspettative di coloro che sono legittimamente insediati nel territorio (T.A.R. Toscana, sez. II, 4 novembre 2011, n. 1650, id., sez. II, 11 dicembre 2010 n. 6724).

Le scelte effettuate dal Comune in subiecta materia, quindi, sono espressione di discrezionalità tecnica, ancorata all’accertamento di specifici presupposti di fatto, il primo dei quali è proprio il preuso del territorio (cfr. T.A.R. Veneto, sez. III, 24 gennaio 2007, n. 187; T.A.R. Liguria, sez. I, 21 febbraio 2007 n. 354). Di guisa che, anche l’eventuale esercizio del potere discrezionale non può che essere esercitato secondo i principi di proporzionalità e ragionevolezza, i quali impongono alla Pubblica Amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato tenendo conto delle posizioni di interesse dei privati coinvolti (T.A.R. Lazio, Latina, sez. I, 16 settembre 2015, n. 616; T.A.R. Veneto, sez. I, 30 maggio 2016, n. 568; T.A.R. Toscana, I, 12.12.2016 n. 1771).

Annullamento di un titolo edilizio: motivazione

– Estremi della sentenza: Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 29 marzo 2018, n. 1991
– Massima: l’esercizio del potere di autotutela di annullamento di titolo edilizio è espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l’Amministrazione dalla motivazione

I presupposti dell’esercizio del potere di annullamento d’ufficio dei titoli edilizi sono pacificamente costituiti dall’originaria illegittimità del provvedimento, dall’interesse pubblico concreto ed attuale alla sua rimozione (diverso dal mero ripristino della legalità), tenuto conto anche delle posizioni giuridiche soggettive consolidate in capo ai destinatari (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 8 del 2017).

L’esercizio del potere di autotutela è dunque espressione di una rilevante discrezionalità che non esime, tuttavia, l’Amministrazione dal dare conto, sia pure sinteticamente, della sussistenza dei menzionati presupposti e l’ambito di motivazione esigibile è integrato dall’allegazione del vizio che inficia il titolo edilizio, dovendosi tenere conto, per il resto, del particolare atteggiarsi dell’interesse pubblico in materia di tutela del territorio e dei valori che su di esso insistono che possono indubbiamente essere prevalenti, se spiegati, rispetto a quelli contrapposti dei privati, nonché dall’eventuale negligenza o malafede del privato che ha indotto in errore l’Amministrazione (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 27 novembre 2010 n. 829).

Abuso edilizio: data di realizzazione, onere probatorio

– Estremi della sentenza: Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 30 marzo 2018 n. 2020
– Massima: l’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato e non sull’amministrazione

L’onere di fornire la prova dell’epoca di realizzazione di un abuso edilizio incombe sull’interessato e non sull’Amministrazione la quale, in presenza di un’opera edilizia non assistita da un titolo che la legittimi, ha solo il potere-dovere di sanzionarla ai sensi di legge e di adottare, ove ricorrano i presupposti, il provvedimento di demolizione.

La prova circa il tempo di ultimazione delle opere edilizie è stata sempre posta sul privato, e non sull’Amministrazione, dato che solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione di un manufatto. In tali casi, il privato dispone, ed è normalmente in grado di esibire, la documentazione idonea a fornire utili elementi di valutazione quali fotografie con data certa dell’immobile, estratti delle planimetrie catastali, il progetto originario e i suoi allegati, ecc. (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 14 febbraio 2012, n. 703).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Foto: corriereditaranto.it

Mario Petrulli

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