Abuso edilizio sul suolo demaniale: quali conseguenze ci sono?

Nel caso di abuso edilizio su suolo demaniale che concessione è necessaria per procedere al ripristino?

Mario Petrulli 19/02/18
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Ecco le più rilevanti sentenze della scorsa settimana. Abbiamo scelto quella sull’abuso edilizio su suolo demaniale: quali sono? Poi, ecco gli altri temi. Fioriere: l’ordine di demolizione per mancanza di titolo edilizio è legittimo? Rinuncia al Permesso di costruire: conseguenze sul contributo di costruzione. Osservazioni sulla natura del PRG. Il vanco dell’ascensore va calcolato nella volumetria? Quali recinzioni non richiedono permesso di costruire?

Fioriere: l’ordine di demolizione per mancanza di titolo edilizio è legittimo

– Estremi della sentenza: TAR Campania, sez. VIII Napoli, sent. 15 febbraio 2018 n. 1041
– Massima: Illegittima l’ordinanza di rimozione di piccole fioriere per assenza di un titolo edilizio abilitativo

Secondo quanto previsto dall’art. 6 del D.P.R. n. 380 del 2001, “le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici” costituiscono opere realizzabili secondo il regime dell’attività edilizia libera e non richiedono dunque alcun titolo abilitativo; rientrano, tra dette opere, esemplificativamente, piccole strutture come altalene, scivoli, dondoli, panche, tavoli da picnic, cuccia del cane, casetta gioco bimbi, barbecue rimovibili, vasi e fioriere mobili, e simili, ovvero tutti manufatti strutturalmente non ancorati al suolo e comunque destinati alla più comoda fruizione di aree pertinenziali di edifici.

Peraltro le installazioni esterne fisse, in muratura o prefabbricate (quali fioriere, fontane ornamentali, forni esterni in muratura o prefabbricati, gazebo), ove non riconducibili all’art. 6, comma 1, del D.P.R. n. 380 del 2001, ma in passato ricomprese comunque nel medesimo art. 6, commi 2, 3 e 4 del D.P.R. n. 380 del 2001, devono ritenersi ora assoggettate a previa comunicazione di inizio lavori (e, prima, a DIA o SCIA), e, come tali, non sono in ogni caso sanzionabili con la demolizione che si commina solo, e tuttora, per gli interventi assoggettati a permesso di costruire (cfr. T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, Sez. I, 20 marzo 2017, n. 135).

Pertanto, è illegittima l’ordinanza di rimozione di dodici fioriere “allocate in piccoli scavi con profondità di circa cm. 10 per cm. 30 di lunghezza, e cm. 320 di larghezza”, installate lungo lo spazio antistante di alcuni negozi, perché prive di titolo edilizio abilitativo.

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Abuso edilizio su suolo demaniale: quali conseguenze?

– Estremi della sentenza:  TAR Campania, sez. IV Napoli, sent. 12 febbraio 2018 n. 933
– Massima: Nel caso di abuso su suolo demaniale non è necessaria la concessione di un termine di novanta giorni, ma solo di una previa diffida non rinnovabile al responsabile dell’abuso, per procedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi

L’art. 35 del d.P.R. 380/01, che dispone la demolizione delle costruzioni abusive eseguite su suoli demaniali, è una norma notoriamente di particolare rigore, in quanto l’abuso, se commesso ai danni del suolo pubblico, è ancor più grave che se commesso su suolo privato in assenza di titolo.

Pertanto, come ribadito da questa Sezione (cfr. decisione n. 1817 dell’8 aprile 2013), la disposizione in questione non lascia all’Ente locale alcuno spazio per valutazioni discrezionali, una volta accertata la realizzazione di interventi eseguiti in assenza o in totale difformità dal permesso di costruire sui suoli demaniali, che impone di ordinarne la demolizione a cura del Comune e a spese del responsabile dell’abuso. La disciplina de quo non richiede un termine preciso per la diffida al ripristino bensì soltanto una previa diffida al responsabile per il ripristino.

In definitiva l’art. 35, d.P.R. n. 380 del 2001, detta una disciplina apposita che non prevede la necessaria concessione di un termine di novanta giorni, ma solo di una previa diffida non rinnovabile al responsabile dell’abuso, di procedere alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Tale disciplina, differente rispetto a quella ordinaria dettata dall’art. 31, T.U. edilizia, trova la sua giustificazione attesa la peculiare gravità della condotta sanzionata, trattandosi nel caso di specie di costruzione realizzata su suoli pubblici (T.A.R. Napoli sez. III 23 gennaio 2009 n. 364).

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Rinuncia al Permesso di costruire: conseguenze sul contributo di costruzione

– Estremi della sentenza: TAR Veneto, sez. II, sent. 15 febbraio 2018 n. 173
– Massima: La rinuncia al permesso di costruire per intervenuta decadenza del titolo edilizio comporta l’obbligo dell’Amministrazione di restituire, a domanda, le somme precedentemente corrisposte a titolo di contributo di costruzione

Come è noto, la rinuncia al permesso di costruire per intervenuta decadenza del titolo edilizio (per esempio per la scadenza dei termini iniziali o finali, ovvero per il sopravvenire di previsioni urbanistiche contrastanti con le opere non ancora realizzate), oppure per fatti, giuridici o materiali che rendano in tutto o in parte non più realizzabile l’intervento edilizio assentito, comporta l’obbligo dell’Amministrazione di restituire, a domanda, le somme precedentemente corrisposte a titolo di contributo di costruzione, in quanto questo è strettamente connesso alla trasformazione del territorio, con la conseguenza che, ove tale trasformazione non si verifichi, il relativo pagamento diviene privo di causa (ex pluribus cfr. Tar Lazio, Roma, Sez. II bis,12 marzo 2008, n. 2294).

Osservazioni sulla natura del PRG

– Estremi della sentenza: TAR Lombardia, sez. I Milano, sent. 14 febbraio 2018 n. 418
– Massima: Le osservazioni costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative

Per giurisprudenza costante, le osservazioni costituiscono un mero apporto collaborativo alla formazione degli strumenti urbanistici e non danno luogo a peculiari aspettative; pertanto, il loro rigetto non richiede una dettagliata motivazione, essendo sufficiente che siano state esaminate e ritenute, in modo serio e ragionevole, in contrasto con gli interessi e le considerazioni generali poste a base della formazione del piano.

Sono, invero, riservate alla pubblica amministrazione le scelte discrezionali operate nell’esercizio della funzione urbanistica di pianificazione del territorio in ordine alle singole destinazioni di zona del piano regolatore generale, sindacabili in sede di legittimità solo ove risultino inficiate da evidenti errori di fatto o da vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà” (Cons. Stato, Sez. IV. Sent. n. 874, 24.02.2017).

Vano dell’ascensore: va calcolato nella volumetria?

– Estremi della sentenza: TAR Puglia, sez. I Lecce, sent. 13 febbraio 2018 n. 249
– Massima: Un vano corsa di una piattaforma elevatrice-ascensore è un organismo privo di autonomia e, come tale, strumentale e servente rispetto al bene principale cui accede e non può essere computato nel calcolo delle volumetrie assentibili

Per condivisa giurisprudenza amministrativa, “La costruzione di un ascensore, con la realizzazione dei relativi vani di accesso, integra la realizzazione di semplici volumi tecnici, esclusi dal calcolo della volumetria sia degli edifici a uso abitativo, sia, in assenza di esplicite disposizioni di segno contrario, degli edifici commerciali” (TAR Sardegna, II, 27.6.2016, n. 534).

In termini confermativi, si è precisato che “Possono essere qualificati volumi tecnici, esclusi dal calcolo della volumetria e dell’altezza dell’intero fabbricato e che non vanno presi in considerazione anche ai fini del rispetto della normativa in materia di distanze tra i fabbricati frontistanti, soltanto quelli adibiti alla sistemazione di impianti in rapporto di strumentalità necessaria con l’uso dell’edificio in cui vengono collocati e che non possono essere sistemati all’interno della parte abitativa, come per es. gli impianti termici, gli impianti idrici e l’ascensore …” (TAR Basilicata, I, 17.2.2016, n. 117).

Conseguentemente, un vano corsa di una piattaforma elevatrice-ascensore, delle dimensioni esterne di cm 75×116, con altezza da terra a cielo, è un organismo privo di autonomia, come tale strumentale e servente rispetto al bene principale cui accede e non può essere computato nel calcolo delle volumetrie assentibili.

Quali recinzioni non richiedono permesso di costruire?

– Estremi della sentenza: TAR Toscana, sez. III, sent. 12 febbraio 2018 n. 258
– Massima: Vanno ritenute esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e di immediata asportazione

La valutazione in ordine alla necessità del titolo abilitativo edilizio per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione, conseguendone che vanno ritenute esenti dal regime del permesso di costruire solo le recinzioni che non configurino un’opera edilizia permanente, bensì manufatti di precaria installazione e di immediata asportazione (T.A.R. Lazio, sez. II, 4 settembre 2017 n. 9529; T.A.R. Marche 23 gennaio 2017 n. 69, T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 15 settembre 2015, n. 1236).

Conseguentemente, la realizzazione di una recinzione di ml. 266 per un’altezza di mt. 2, con presenza di due cancelli incardinati al suolo mediante colonne in ferro con stesa di bitume e lampioni necessita del permesso di costruire.

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Mario Petrulli

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