Requisiti case di lusso: conta l’utilizzabilità e non l’abitabilità della superficie

L’utilizzabilità della superficie dell’immobile, e quindi la sua potenziale abitabilità, e non l’abitabilità di fatto, è il metro su cui calcolare la superficie catastale e decidere se una casa è di lusso o no.

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Al di sopra dei 240 mq, la legge prevede che l’immobile ”debba essere considerato di lusso”.  La superficie utile complessiva non può identificarsi solo nella sola superficie abitabile. È l’utilizzabilità della superficie, che prescinde dalla sua abitabilità, il metro più idoneo a esprimere il carattere lussuoso o meno dell’immobile, visto che rappresenta un indice importante della sua potenzialità abitativa.

A seguito della notifica di un avviso di liquidazione con cui gli era stata revocata l’agevolazione fiscale relativa all’acquisto della “prima casa” (articolo 1, parte 1, tariffa allegata al Dpr 131/1986), un contribuente ha impugnato l’atto impositivo e contestato il recupero a tassazione dell’ordinaria imposta di registro e l’irrogazione delle sanzioni. Il ricorso alla fine è stato accolto, ma non ha avuto vita facile.

I giudici di primo grado avevano confermato l’operato dell’ufficio. La Commissione tributaria regionale aveva accolto l’appello del contribuente e riformato la decisione della Ctp che aveva respinto il ricorso.

La Commissione tributaria sosteneva che l’Agenzia delle entrate avesse (sbagliando) qualificato l’abitazione in questione come “di lusso”, ai sensi del decreto del ministero dei Lavori pubblici 2 agosto 1969 (con la conseguente revoca del beneficio per la prima casa). Per i giudici, la superficie utile complessiva era inferiore ai 240 mq previsti dal Dm, il cui articolo 6 stabilisce che devono essere considerate “di lusso” le unità immobiliari con superficie utile complessiva superiore a mq. 240 escludendo dal calcolo balconi, terrazze, cantine, soffitte, scale e posto auto. Secondo la Commissione tributaria, non potevano essere considerati né il vano seminterrato né il sottotetto, privi dei requisiti di abitabilità.

Contro la sentenza d’appello, l’Agenzia delle entrate ha fatto ricorso in Cassazione e il contribuente ha appunto impugnato l’atto.

Con la pronuncia la Cassazione ha ribadito, da un lato, il carattere tassativo dei locali da escludere dal calcolo della superficie dell’immobile elencati nell’articolo 6 del Dm 2 agosto 1969 (Cassazione, n. 18483/2016) e, dall’altro, che “in tema di imposta di registro, per stabilire se una abitazione sia di lusso” (e quindi sia esclusa dall’agevolazione per l’acquisto della prima casa) “occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui all’articolo 6 del Dm 2 agosto 1969, in base del quale è irrilevante il requisito dell’abitabilità dell’immobile” per stabilire se un immobile sia di lusso o meno, “mentre quello della utilizzabilità degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo a esprimere il carattere lussuoso di un’abitazione”.

Secondo la Cassazione, i giudici di secondo grado hanno sbagliato a escludere dal computo della superficie utile complessiva sia il piano seminterrato che il sottotetto motivando la decisione con la non abitabilità ai sensi del regolamento edilizio. La superficie catastale totale dell’immobile è di 371 mq, come risultante dalla visura, cui corrisponde una superficie utile complessiva che tiene conto, legittimamente, sia del piano seminterrato che del sottotetto.

Per quanto riguarda l’agevolazione e le sanzioni, sulla base della nuova disciplina (jus superveniens introdotto dal Dlgs 23/2011, articolo 10, comma 1, lettera a), l’esclusione dall’agevolazione prima casa non dipende più dalle intrinseche caratteristiche qualitative e di superficie dell’immobile, ma dall’iscrizione o meno dell’abitazione nelle categorie catastali A1, A8 o A9. Le nuove regole si applicano ai trasferimenti realizzati dopo il 1° gennaio 2014: la compravendita di cui stiamo parlando in questo articolo è anteriore a quella data e continua perciò a essere disciplinata in base al regime previgente. Ferma restando la revoca dell’agevolazione “prima casa”, la Corte ha applicato il secondo comma dell’articolo 3 del Dlgs 472/1997, secondo il quale “salvo diversa previsione di legge, nessuno può essere assoggettato a sanzioni per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce violazione punibile”.

Redazione Tecnica

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