L’equo compenso non ha niente a che fare con i minimi tariffari

Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione per i grandi committenti e la Pubblica Amministrazione non va contro i principi di concorrenza come ha sostenuto l’Antitrust

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Ecco le parole di Zambrano, Presidente del CNI, a proposito del parere dell’Antitrust secondo il quale l’equo compenso è contrario ai principi di concorrenza: “Ci stiamo battendo per ottenere il riconoscimento di un diritto e stavolta la politica è stata ad ascoltarci. L’Antitrust ci ha dato una bacchettata, sostenendo che l’equo compenso viola la libera concorrenza. Noi diciamo che una libera concorrenza senza regole penalizza i professionisti, soprattutto quelli giovani”. Zambrano ha dato appuntamento alla manifestazione “Equo compenso: un diritto”, organizzato cda RPT e CUP in programma giovedì mattina a Roma al teatro Brancaccio.

Equo compenso: l’errore dell’Antitrust

Secondo il presidente di Confprofessioni, Gaetano Stella, la posizione dell’Antitrust contro l’equo compenso per i liberi professionisti conferma che l’Autorità garante “è rimasta ferma al secolo scorso”. E prosegue: “Il principio di una remunerazione adeguata di una prestazione professionale nei confronti di grandi committenti e della Pubblica Amministrazione non ha nulla a che fare con i minimi tariffari e non rappresenta alcuno ostacolo alla concorrenza”.

Stella sottolinea giustamente che l’equo compenso non fissa dei minimi tariffari, ma “interviene laddove esiste uno squilibrio nei rapporti di forza contrattuale tra il professionista e committenti”. Non c’è restrizione alla libera concorrenza, quindi, ma limitare le possibilità delle amministrazioni locali a pubblicare bandi con un compenso simbolico per prestazioni complesse e onerose.

I giovani sono stati i più penalizzati

L’Agcm sostiene che l’introduzione di un equo compenso danneggerebbe i professionisti più giovani, continua Stella, perché gli ultimi dieci anni di deregulation hanno colpito loro e i redditi medi dei giovani si attestano tra i 17 mila e 24 mila euro all’anno. Il processo di liberalizzazione delle professioni ha creato nuove forme di precariato tra i giovani professionisti, “calpestando ogni diritto dei lavoratori autonomi, a cominciare dal principio costituzionale che sancisce il diritto di ogni lavoratore ad avere una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del proprio lavoro”.

Redazione Tecnica

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