La gestione del fumo passivo negli ambienti aperti, semi aperti e confinati

Obiettivo: estendere i divieti di fumo nelle aree aperte, negli spazi esterni di luoghi pubblici e/o luoghi di lavoro

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L’esposizione al fumo passivo è un problema mondiale ed è considerato un fattore di rischio per la salute e di sicurezza. Per fumo passivo si intende l’inalazione involontaria di fumo di tabacco disperso nell’ambiente, che comprende sia il fumo prodotto dalla combustione lenta della sigaretta, o di altro prodotto, sia quello prodotto dall’espirazione del fumo dal fumatore diluito con aria dell’ambiente.

Dal punto di vista fisico-chimico non ci sono particolari differenze tra fumo attivo e passivo: si tratta sempre del prodotto di combustione del tabacco. Le uniche differenze sono la temperatura di combustione e la percentuale di ossigeno disponibile (maggiori per il fumo attivo).

Fumo passivo

Il fumo di tabacco è considerato una delle fonti più rilevante di inquinamento degli spazi confinati, sia per l’entità e la tossicità dei suoi componenti, sia per il numero delle persone ad esso esposte. Il fumo di tabacco, abbreviato come ETS (environmental tobacco smoke), si forma dalla combustione di diversi prodotti derivanti dal tabacco e di sostanze chimiche che arricchiscono tali prodotti.

L’ETS è composto da circa 4000 diverse sostanze chimiche e da particelle inquinanti allo stato solido, liquido e aeriforme. L’Organismo Mondiale della Sanità, definisce il tabacco come una sostanza psicoattiva il cui uso può causare disturbi mentali e comportamentali. Non solo, circa 200 composti organici sono stati scientificamente definiti irritanti, tossici e cancerogeni. È importante inoltre evidenziare altri fattori che determinano le modalità di emissione del fumo di tabacco:

  • grande diffusione rilevante incidenza anche come fattore passivo, al quale per molte persone è impossibile sottrarsi;
  • il fumo passivo causa un elevato numero di morti ogni anno nel mondo.

L’eliminazione quindi del fumo di tabacco all’interno di ambienti confinati, rappresenta una sfida per ogni sistema di purificazione d’aria. Le attuali e recenti politiche sanitarie nazionali e mondiali sulla lotta al tabagismo, alle malattie respiratorie e alle malattie croniche non trasmissibili hanno preso più piede. Il Piano di Azione Globale 2014-2020 per il controllo delle malattie croniche non trasmissibili OMS, il Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018, la Legge 8 novembre 2012, n. 189, la Legge 8 novembre 2013, n. 128, il Decreto Legislativo n. 6 del 12 gennaio 2016 sono sempre più frequenti.

L’esposizione dei non fumatori, che provoca gravi danni alla loro salute, si verifica nelle abitazioni e nei luoghi di lavoro, ma anche in ristoranti, bar e all’interno degli abitacoli dei veicoli, come le automobili. Siccome, in un ambiente chiuso, l’esposizione al fumo non si elimina separando e allontanando i fumatori dai non fumatori, né depurando l’aria o ventilando la stanza con l’apertura delle finestre, il solo modo per proteggere pienamente i non fumatori dal fumo negli ambienti chiusi è quello di eliminare il fumo negli ambienti chiusi (indoor).

In Italia, il fumo nei locali pubblici e nei luoghi di lavoro chiusi è vietato dalla Legge (art.51 della Legge 3/2003), mentre è ancora dibattuta la possibilità di vietare per legge il fumo in auto in cui viaggiano anche bambini e, solo a livello locale, esistono iniziative volte a ridurre l’esposizione al fumo passivo nelle abitazioni private.

  • Non c’è un livello di esposizione al fumo passivo che non comporti rischi per la salute: anche una breve esposizione può rivelarsi dannosa.
  • Le leggi per gli ambienti liberi dal fumo riducono il rischio di malattie cardiache e di cancro del polmone tra in non fumatori.
  • Eliminare il fumo negli ambienti chiusi è il solo modo per proteggere pienamente i non fumatori dall’esposizione al fumo passivo, perché la separazione dalle persone che fumano nella stessa camera, la depurazione dell’aria, tenere le finestre aperte e la ventilazione degli edifici non eliminano l’esposizione al fumo passivo.

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Legge sul divieto di fumo, in Italia è applicata davvero?

In Italia la legge sul divieto di fumo nei locali aperti al pubblico, inclusi i luoghi di lavoro, è in vigore dal gennaio 2005. Sebbene la legge consenta di fumare in locali dotati di impianti di aerazione, meno del 2% dei locali pubblici sono dotati di tali impianti che sono molto costosi. Diversi studi sono stati effettuati per valutare in che misura il divieto sia stato effettivamente applicato: si rilevano il numero di ispezioni effettuate e le sanzioni elevate.

Nel 2011-2012 è stato ispezionato un campione di esercizi pubblici, luoghi di lavoro e di ambienti sanitari e rilevati segni diretti o indiretti di fumo, dalla presenza di persone che fumano o di cicche, all’odore di fumo, e si è rilevato che il divieto era rispettato nel 95% dei casi.

Inoltre, dal 2008, si effettua il monitoraggio continuo intervistando un campione rappresentativo di adulti tra 18 e 69 anni. I dati sono concordi nel confermare che il divieto di fumo è ampiamente, anche se non completamente, rispettato in Italia: sia nei locali pubblici che nei luoghi di lavoro il divieto è sostanzialmente rispettato per circa il 90% dei rispondenti. L’andamento è stato in crescita in questi anni, pur con una differenza tra Nord e Sud del Paese, anche se i controlli delle forze dell’ordine e delle aziende sanitarie sono relativamente rari. Tuttavia, alcuni specifici gruppi della popolazione, in particolare i giovani, sono ancora frequentemente esposti, sia nei locali pubblici che in quelli privati.

Non del tutto inaspettatamente, anche nelle abitazioni private, per cui non esistono norme che vietano di fumare, è andata aumentando la percentuale di adulti che vivono in case in cui è vietato fumare dappertutto. Un dato questo che segnala la crescente consapevolezza degli italiani relativamente al bisogno di eliminare completamente l’esposizione al fumo passivo.

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Situazioni e ambienti in cui l’esposizione al fumo passivo è più frequente in Italia oggi

  • La casa è rimasta la sorgente principale di esposizione a fumo passivo in Italia. L’esposizione è particolarmente grave per i bambini ed è più frequente nelle famiglie di bassa condizione socio-economica, essendo legata all’abitudine al fumo dei genitori. Se il padre o la madre o entrambi i genitori fumano l’esposizione nei bambini è rispettivamente 3, 6 o 9 volte superiore di quella riscontrata in bambini con genitori non fumatori.
  • Gli abitacoli delle auto si riempiono di fumo quando ci sono persone che fumano. Con il finestrino parzialmente aperto non si previene l’accumulo di sostanze inquinanti; anche quando è completamente aperto, vengono rimossi il particolato grossolano e le sostanze volatili ma non il particolato sub micrometrico. Nel 2010, da una rilevazione effettuata nella Regione Veneto, è risultato che nel 7% dei veicoli circolanti si fumava a bordo e nell’1% dei veicoli si fumava in presenza di bambini a bordo. Quando intervistati, i fumatori in maggioranza (66%) affermano di fumare mentre sono alla guida e il 21% fuma in auto anche quando trasporta i bambini.
  • Gli spazi prospicienti i locali pubblici, i cosiddetti dehors esterni con tavolini per la somministrazione di cibo e bevande, coperti da tetto e spesso anche chiusi lateralmente su 3 lati, dotati di stufe a fungo per il riscaldamento. In questi ambienti, quando è stata misurata, la concentrazione di nicotina, è risultata pari all’incirca a 8 microgrammi per metro cubo di aria, il livello che si raggiungeva nei locali prima che fosse applicato il divieto.
  • Le sale fumatori negli spazi indoor all’interno dei bingo e di alcune discoteche o ristoranti, dove gli addetti alla somministrazione sono esposti al fumo di tabacco nell’ambiente.
  • Gli spazi esterni, parzialmente chiusi, prospicienti edifici pubblici e ospedali, dove proprio a causa del divieto di fumare all’interno, le persone si fermano per fumare. Quando questi spazi sono coperti o semi-chiusi vi si addensano livelli inaccettabili di fumo.

Gli italiani e il divieto di fumare nei luoghi chiusi

Gli italiani si sono mostrati via via sempre più favorevoli all’estensione degli ambienti liberi dal fumo: se prima della legge, l’83% degli italiani era d’accordo con il divieto di fumare in luoghi pubblici come bar e ristoranti, dopo l’entrata in vigore della legge, nel 2006, la percentuale di favorevoli è salita al 94%. In confronto agli altri Paesi europei, in Italia il supporto della popolazione al divieto di fumo è il più elevato: sia se il divieto riguarda l’ufficio o il luogo di lavoro, sia se riguarda bar o ristoranti, la percentuale di adulti totalmente in favore è circa il 90%.

Anche per quanto riguarda le automobili, l’80% si dichiara favorevole a estendere il divieto di fumare alle auto, con e senza bambini a bordo ed alle aree esterne immediatamente prospicienti ospedali ed edifici pubblici.

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Eliminare l’esposizione al fumo passivo: cosa resta da fare

L’esposizione al fumo passivo andrebbe eliminata del tutto perché causa danni gravi per la salute e peggiora la qualità della convivenza civile. Aumentando sempre di più gli ambienti liberi dal fumo si proteggono i non fumatori, soprattutto quelli più vulnerabili come i bambini. Oltre che giustificato in termini di salute, agire per eliminare il fumo passivo, che danneggia persone costrette a ispirarlo involontariamente, è giustificato anche sotto il profilo dell’etica. Le misure che hanno dimostrato di essere efficaci sono quelle che mirano a:

  • aumentare la consapevolezza della nocività del fumo passivo
  • far rispettare il divieto nei luoghi aperti al pubblico e in quelli di lavoro
  • aggiornare le norme per evitare che vengano aggirate, come avviene per i dehors
  • adottare regole condivise che vietino di fumare nelle abitazioni e in auto per evitare di danneggiare la salute.

Fumo di terza mano

Fumo di terza mano, un concetto relativamente nuovo, si riferisce alla contaminazione da fumo di sigaretta che rimane nell’ambiente dopo che la sigaretta è stata spenta. Si tratta di una miscela invisibile di tossine fortemente tossiche, che resta attaccata ai capelli e ai vestiti di chi fuma, oltre che ai rivestimenti, ai tappeti e tessuti in genere, e che permane a lungo, anche quando il fumo passivo (di seconda mano) non è più presente in un locale.

Le persone possono essere esposte al fumo di terza mano per inalazione, ingestione o contatto con la pelle. Poiché gli effetti a lungo termine legati ad un’esposizione ripetuta nel tempo sono ancora sconosciuti, il consumo di sigarette elettroniche andrebbe fortemente scoraggiato tra i giovani.

Conclusioni

Le persone che vivono a contatto con fumatori inalano senza volerlo quantità rilevanti di fumo tossico disperso nell’ambiente. Questo prende il nome di fumo passivo ed è considerato il maggior inquinante dell’aria negli ambienti confinati. Per fumo passivo si intende il fumo prodotto dalla combustione della sigaretta più quello esalato dal fumatore.

Gli inquinanti sprigionati dal fumo passivo sono costituiti da sostanze chimiche e dal “particolato sottile” conosciuto anche con il termine di “polveri fini e ultrafini” (PM10 o RSP). Il grado di inquinamento di un ambiente chiuso dipende da diversi fattori, tra questi la grandezza della stanza, la possibilità o meno di creare un ricambio d’aria e sua durata, numero di fumatori e sigarette fumate.

Il fumo passivo appartiene alla categoria di sostanze denominate “Cancerogeni del Gruppo 1 (o “A”) cioè sostanze cancerogene per l’essere umano, così classificato dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS (IARC). Alla stessa categoria appartiene l’amianto che come ben sappiamo è stato bandito già da molto tempo da tutti gli ambienti lavorativi, ricreativi e domestici. Il fumo passivo, inoltre, può interagire con altre sostanze tossiche che si trovano negli ambienti lavorativi creando effetti sinergici che potenziano il rischio di far contrarre malattie.

L’obiettivo è estendere i divieti di fumo nelle aree aperte, negli spazi esterni di luoghi pubblici o luoghi di lavoro. Divieti già in vigore ad esempio in molti ospedali grazie a regolamenti interni. Analizzata la letteratura e le indagini ad oggi disponibili, si ritiene quindi che i tempi possano essere maturi per proporre interventi normativi sul territorio nazionale più restrittivi relativamente all’ introduzione del divieto di fumo negli spazi all’aperto in presenza di minori, in particolare:

  • ambienti semi-aperti o aperti di pertinenza degli esercizi di ristorazione, quali terrazze, dehors o gazebo;
  • aree all’aperto di pertinenza di tutte le strutture sanitarie (ambulatori, stabilimenti ospedalieri o universitari, residenze sanitarie) ricomprese all’interno dei perimetri dei presidi;
  • stadi, alle strutture/campi sportivi;
  • luoghi di spettacolo all’aperto;
  • parchi e/o giardini pubblici;
  • spiagge con ombrelloni assegnati (stabilimenti balneari gestiti da assegnatari nell’ambito dei PUA – Piani Unici per gli Arenili), in particolare nelle aree gioco;
  • frequentate dai bambini o nelle aree riservate alle famiglie con bambini;
  • fermate degli autobus, tram, treni e metropolitane.

Patrizia Cinquina

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