Illecito professionale ed esclusione dalla gara, 3 chiarimenti del Consiglio di Stato

Concetto di illecito professionale, sentenza non definitiva e contraddittorio: ecco i punti chiariti dalla sentenza del Consiglio di Stato

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Come previsto dall’art. 80, comma 5, lettera c) del  D.Lgs. n. 50/2016 (il nuovo Codice degli Appalti), un operatore economico deve essere escluso dalla partecipazione a una procedura d’appalto se la stazione appaltante dimostra che si è reso colpevole di gravi illeciti professionali. La norma tutela il vincolo fiduciario tra amministrazione aggiudicatrice e operatore economico. Hanno rilievo tutti gli illeciti che per gravità minano l’integrità morale e professionale dell’operatore.

L’art. 80, insomma, non consente l’esclusione automatica del concorrente: è necessaria la valutazione della stazione appaltante sulla rilevanza dell’inadempimento contrattuale pregresso rispetto al rapporto di fiducia. Lo ricorda il Consiglio di Stato con la sentenza n. 4192 del 5 settembre 2017. Il Consiglio di Stato chiarisce quindi il concetto di  illecito professionale. Chiarisce anche i 3 seguenti concetti.

Il concetto di illecito professionale

Il concetto di grave illecito professionale per il quale un operatore economico deve essere escluso da un appalto comprende tutte le condotte contrarie a un dovere imposto dalle norme giuridiche. Tra i gravi illeciti contemplati ci sono “le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni”.

La sentenza non è definitiva

In riferimento al periodo di esclusione dalle gare, l’ANAC ha precisato che “il periodo di esclusione dalle gare non può superare i tre anni a decorrere dalla data dell’annotazione della notizia nel Casellario informatico gestito dall’Autorità o, per i provvedimenti penali di condanna non definitivi, dalla data del provvedimento”. Nel caso specifico analizzato dalla sentenza, non è condivisibile la tesi dell’appellante che sostiene che i tre anni sarebbero decorsi in quanto legati a quando si è verificato il fatto e non alla data di adozione del provvedimento giurisdizionale.

Il contraddittorio

Il contraddittorio previsto dal nuovo Codice degli appalti e ribadito nelle Linee Guida dell’ANAC, per l’accertamento della carenza sostanziale dei requisiti di ammissione alla gara, è possibile solo nei casi in cui il concorrente si sia dimostrato leale e trasparente nei confronti della stazione appaltante, e l’abbia informata di tutti i suoi precedenti, anche se negativi, e abbia fornito tutte le informazioni necessarie per dimostrare la sua affidabilità professionale.

Nel caso analizzato dal Consiglio di Stato, l’appellante in sede di gara ha rilasciato una dichiarazione incompleta e, per questo, non ha permesso alla stazione appaltante di svolgere le dovute verifiche sul possesso dei requisiti di moralità professionale. Non poteva pretendere che fosse il principio del contraddittorio.

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Redazione Tecnica

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