Salubrità in casa: cos’è e perché è importante per committenza e tecnici

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L’ambiente indoor è lo spazio confinato di vita e di lavoro non industriale (per quelli industriali infatti vige una specifica normativa), ed in particolare, quello adibito a dimora, svago, lavoro e trasporto, come definito nell’ accordo tra il Ministero della salute, le regioni e le province autonome del 27/09/2001.

L’ambiente indoor comprende:

  • le abitazioni;
  • gli uffici pubblici e privati;
  • le strutture comunitarie (ospedali, scuole, caserme, alberghi, banche, ecc.);
  • locali destinati ad attività ricreative e/o sociali (cinema, bar, ristoranti, negozi, strutture sportive, etc.);
  • mezzi di trasporto pubblici e/o privati (auto, treno, aereo, nave, ecc.).

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Si tratta quindi di ambienti nei quali la popolazione trascorre gran parte del proprio tempo sottostando, ad un prolungato contatto con le potenziali sorgenti di inquinamento. Studi condotti in paesi altamente industrializzati quali gli Stati Uniti, hanno rivelato che la popolazione trascorre una parte molto rilevante del proprio tempo (fino al 90%)[1] negli ambienti confinati come le abitazioni, edifici pubblici e privati e mezzi di trasporto. Questa alta percentuale, insieme all’evidenza che in tali paesi la popolazione già da tempo vive in ambienti per la maggior parte climatizzati e quindi termicamente isolati, ha condotto a studi avanzati, da circa vent’anni, sulla questione del problema dell’inquinamento dell’aria indoor.

In Italia, secondo una ricerca condotta nel 1998 su un campione di popolazione di Milano, nei giorni feriali la popolazione impiegata in ufficio trascorre in media il 59% del tempo a casa, il 35% in ufficio ed il 6 % nei tragitti casa-ufficio[2].

Per alcuni gruppi di persone come bambini, anziani, e malati la percentuale di tempo trascorsa in casa è ancora più alta.

Un altro studio del 1998, condotto nel Delta del Po ha dimostrato che le persone trascorrono l’84% del loro tempo giornaliero all’interno di ambienti confinati (di cui il 64% in casa), il 3,6% in transito e solo il 12% all’aperto[3].

Gli studi condotti in questi ultimi decenni hanno documentato profondi cambiamenti sia qualitativi che quantitativi dell’aria indoor, con un progressivo aumento in assoluto delle sostanze inquinanti e dei relativi livelli nell’aria. In seguito alla crisi delle risorse energetiche mondiali, si sono imposti nuovi criteri tecnico-progettuali per gli edifici ad uso civile.

La necessità di contenere i consumi per il riscaldamento e per il condizionamento, ha imposto un migliore isolamento termico degli edifici, con conseguente spinta a sigillare gli ambienti interni, molte volte con materiali ed isolanti sintetici di scarsa qualità ed a sostituire le modalità naturali di aerazione ed illuminazione con mezzi artificiali.

Alle trasformazioni strutturali degli edifici si sono accompagnate modifiche rilevanti degli arredi (nuovi materiali per mobili, rivestimenti, ecc.) e degli strumenti di lavoro e di ricreazione.

Un cambiamento che influisce sulla salute.

Salubrità in casa: quali sono gli inquinanti indoor?

Gli inquinanti indoor sono numerosi e possono essere originati da diverse sorgenti. La loro concentrazione può variare nel tempo e dipende dalla natura della sorgente, dalla ventilazione, dalle abitudini e dalle attività svolte dagli occupanti negli ambienti interessati.

Leggi anche il focus sui VOC (Composti Organici Volatili) presenti nelle abitazioni

La composizione dell’aria indoor è spesso caratterizzata da una miscela di composti molto variabile rispetto a quanto riscontrabile nell’aria atmosferica esterna. A volte si registrano valori di concentrazione di inquinante all’interno superiori a quelli presenti nello stesso momento all’esterno dell’ambiente o, più comunemente, si riscontra la presenza di sostanze inquinanti non rilevabili all’esterno.

Va inoltre considerato che, anche se a basse concentrazioni, la presenza di contaminanti negli ambienti confinati può avere un importante impatto sulla salute e sul benessere degli occupanti a causa di esposizioni di lunga durata. Il rischio, infatti, più che alla concentrazione di inquinanti, in generale molto bassa, è legato all’esposizione, ovvero alla concentrazione integrata nel tempo.

Ricordando che il tempo di permanenza medio in un ambiente confinato raggiunge l’80-90% del tempo giornaliero disponibile, ben si comprende come questo costituisca un aspetto chiave nella valutazione degli effetti dell’inquinamento indoor.

Tra le fonti di inquinanti più comuni troviamo il fumo di tabacco, i processi di combustione, i prodotti per la pulizia e la manutenzione della casa, gli antiparassitari, l’uso di colle, adesivi, solventi etc.., l’utilizzo di strumenti di lavoro quali stampanti, plotter e fotocopiatrici e prodotti per l’hobbistica (es. colle e vernici).

Anche le emissioni dei materiali utilizzati per la costruzione (es. isolanti contenenti amianto, schiume, colle, ecc.) e l’arredamento (es. mobili fabbricati con legno truciolato, con compensato o con pannelli di fibre di legno di media densità, oppure trattati con antiparassitari, ma anche moquette e rivestimenti) possono contribuire alla miscela di inquinanti presenti. I materiali in edilizia sono più di 88.000 e la loro composizione interagisce con la salute. Sono molte le direttive europee, che riportano restrizioni sempre più severe, come quella  in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi quali nonilfenolo, nonilfenolo etossilato e cemento.

Infine, il malfunzionamento del sistema di ventilazione o una errata collocazione delle prese d’aria in prossimità di aree ad elevato inquinamento (es. vie ad alto traffico, parcheggio sotterraneo, autofficina, ecc.) possono determinare un’importante penetrazione di inquinanti dall’esterno.

I sistemi di condizionamento dell’aria possono, inoltre, diventare terreno di coltura per muffe e altri contaminanti biologici e diffondere tali agenti in tutto l’edificio.

Norme tecniche

Le norme tecniche relative all’inquinamento dell’aria possono essere internazionali (emanate dall’ISO), europee (EN) o nazionali (nel caso italiano UNI).

All’interno dell’organizzazione UNI esistono due commissioni che lavorano in questo campo: il gruppo di lavoro GL4 che si occupa delle norme relative alla qualità dell’aria in generale, della misura e dei metodi di campionamento; ed il gruppo GL7 che si occupa degli aspetti relativi agli impianti per il trattamento delle emissioni.

In ambito europeo l’organo tecnico che svolge la funzione corrispondente del GL4 è il Comitato Tecnico CEN/TC 264, suddiviso in vari gruppi operativi. A livello internazionale lavora l’ISO/TC 146. In definitiva, a tutt’oggi, è praticamente il CEN/TC 264 che stila queste norme e l’UNI le riprende. Allo stesso modo anche il CEN/TC 264 riprende spesso le norme ISO o contribuisce alla loro stesura lavorando a stretto contatto con il comitato tecnico TC 146. Molte norme sono riconducibili all’UNICHIM, l’Associazione per l’Unificazione nel settore dell’Industria Chimica, che è federata all’UNI. Fra i campi di lavoro di questa associazione vi sono ad esempio il campionamento, le metodologie di analisi, la determinazione degli inquinanti nell’atmosfera e nei flussi delle emissioni ed il campionamento e le analisi negli ambienti di lavoro oltre agli studi sul microclima ambientale. I comitati tecnici europei competenti nello stesso settore sono molti, il più importante in questo campo è comunque il TC 137 che si occupa del controllo dell’esposizione agli agenti chimici e biologici negli ambienti di lavoro.

Per limitare i danni dei materiali da costruzione non idonei alla salute, i fabbricanti sono obbligati ad accompagnare i prodotti da costruzione con la Dichiarazione di Prestazione DoP  ed apporre  l’etichetta di marcatura CE. La documentazione tecnica e la DoP va conservata dal Fabbricante stesso per 10 anni dall’immissione del prodotto sul mercato.

I fabbricanti devono inoltre assicurare che il prodotto sia accompagnato da informazioni relativamente alla sicurezza del prodotto stesso ed implementare le azioni correttive necessarie se ritengono che il prodotto immesso sul mercato non sia conforme alla DoP o non risponda ai requisiti del Reg. 305/2011. Se il prodotto presenta un rischio devono informare immediatamente le autorità competenti dello stato membro in cui il prodotto è stato immesso indicando i dettagli relativi alla non conformità rilevata e le azioni correttive adottate.

Più certezza per l’edilizia e più sicurezza per la salute delle persone. I professionisti sono chiamati ad una formazione sempre più competente, perché abitare in luoghi salubri è oramai una necessità di tutti per frenare i danni ed i rischi per la salute.

[1] [U.S.EPA, 1989]

[2] [Carrer et al., 2000]

[3] [Simoni et al., 1998]

Valerio Mercuriali

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