Dissesto idrogeologico, cambiare la testa per far funzionare i progetti

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Il problema della lotta al dissesto idrogeologico è economico ma prima di tutto è un problema di mentalità. Proprio per tentare di “cambiare la mentalità”, parte il giro di incontri della Struttura di missione di Palazzo Chigi, Italiasicura.

20 tappe (o meglio, altre 20 tappe: una già fatta l’8 settembre a Milano, con 400 presenti) che coinvolgono la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Ambiente e le Regioni assieme ai professionisti e ai tecnici della PA. Quattro tappe sono già programmate* e altrettante sono in cantiere.

L’obiettivo è fare il punto sul tema, centrale, del “progetto“, perchè è da lì che dipende buona parte del successo della lotta contro il dissesto idrogeologico intrapresa. Il seminario è quindi un confronto sulle “Linee guida” progettuali per la lotta al dissesto idrogeologico.

In termini di risorse disponibili per i lavori, finalmente si possono fare i primi conti. Ma per troppo tempo si è rimasti convinti che l’unico problema fosse quello economico: “mancano i soldi, mancano i soldi, mancano i soldi…”. In realtà i pochi soldi non sono il primo ostacolo alla lotta a frane e alluvioni. Il primo ostacolo è nella testa: per essere superato, ci vuole una rivoluzione.

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L’approccio utilizzato finora, come abbiamo potuto verificare, non ha retto al confronto con alcune realtà dei fatti: conflitti territoriali, questioni di sostenibilità, budget lievitati fino a livelli insostenibili e, soprattutto, tempi troppo lunghi nella realizzazione delle opere.

Di questo approccio, con i suoi scenari di sicurezza globali e quindi interventi complessi e impegnativi, vanno sicuramente conservati gli aspetti positivi, ma questi vanno rimodulati secondo un principio che sembra banale ma non lo è: la lotta al dissesto idrogeologico non deve essere legata a un singolo periodo storico e ad un singolo territorio, deve diventare una questione permanente e richiedere la partecipazione proattiva di territori diversi.

L’approccio ottimale è quello che, dopotutto, è già suggerito dalla Direttiva Europea 2007/60 (Direttiva Alluvioni), scritta con lo scopo di “istituire un quadro per la valutazione e la gestione dei rischi di alluvioni volto a ridurre le conseguenze negative per la salute umana, l’ambiente, il patrimonio culturale e le attività economiche” (Art. 1).

Vanno quindi migliorate le fasi di valutazione e di gestione del rischio (anche quello definito “residuo”), quindi la programmazione e la progettazione degli interventi, in modo che la definizione delle priorità non si basi su principi astratti di importanza degli interventi ma sulla loro effettiva efficacia. Solo in questo modo il rapporto tra costi e benefici può essere ottimale.

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Italiasicura, con le sue “Linee Guida” (l’edizione aggiornata è stata rilasciata, come sappiamo, il mese scorso), che presentano un chiaro percorso da seguire ma rimangono aperte alla collaborazione di tecnici, cittadini e altri portatori di interesse, ha avviato un processo di partecipazione senza precedenti.

Tutti i contributi ricevuti finora, da Istituzioni, ricercatori, professionisti, sono infatti pubblicati online (QUI). E altri ancora se ne aggiungeranno nel corso delle prossime 20 tappe di confronto programmate dalle Struttura di Missione #italiasicura, Ministero dell’Ambiente e Regioni (con la partecipazione di CNG, RPT e CNI).

* Ecco le prossime 4 tappe già programmate:

  • venerdì 21 ottobre 2016: Firenze
  • lunedì 24 ottobre 2016: Bologna
  • mercoledì 26 ottobre 2016: Cosenza
  • mercoledì 23 novembre 2016: Perugia

Redazione Tecnica

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