Crollo del palazzo a Roma: i droni potevano prevenirlo!

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Forse non a tutti è chiaro che quanto è avvenuto a Roma è un caso di una gravità assoluta. Il crollo in piena notte dei tre piani alti di un condominio in una zona centrale dove due ore prima, al teatro sottostante con una capacità di 1.500 posti, si era conclusa la prima di uno spettacolo.  Tanti gli interrogativi oltre il classico: “si poteva prevenire?” ma soprattutto siamo sicuri che è l’unico caso a Roma e in Italia? Quella situazione di instabilità a prescindere dalle singole responsabilità sono davvero un caso isolato? Non ci sono altri pericoli simili a Roma o in altre città?

Quanto accaduto al Flaminio riscriverà probabilmente le regole circa i calcoli statici, la normativa sui rilasci dei permessi comunali per costruire, ristrutturare, modificare e sopraelevare o abbellire con altre strutture e sui relativi controlli. E quelle sul rispetto delle ordinanze? Anche! I PM hanno ascoltato i responsabili della ditta che stava effettuando i lavori di ristrutturazione nell’appartamento al quinto piano, l’amministratore di condominio e quasi tutti gli inquilini del lungotevere Flaminio.

Come giustamente scrive Paolo Conti sul Corriere della Sera: “Il cedimento del Flaminio, solo per miracolo privo di vittime, ripropone la delicatezza del caso Roma e del suo tessuto urbano. Richiama ai più elementari doveri professionali non solo gli architetti (spesso modestissime archistar de Noantri) e i geometri ma anche, se non soprattutto, gli stessi proprietari, titolari di una responsabilità non da poco: la sicurezza strutturale non solo del loro appartamento ma di un intero edificio. Difficile dimenticare, per esempio, l’esplosione di un pilastro nella futuribile libreria Feltrinelli di via del Corso nell’ottobre 2012: anche allora, la mania di piegare a una contemporaneità nordamericana uno spazio cinquecentesco provocò quasi il crollo di uno stabile storico, evacuato e poi fortunatamente consolidato””.
E ancora:Le regole, edilizie e legali, esistono. E non possono né debbono essere vissute come «lacci e lacciuoli», tipica espressione di una incultura che detesta i paletti indispensabili in qualsiasi società organizzata. Le foto e i filmati del Flaminio dimostrano che basta poco, pochissimo per distruggere ciò che si vorrebbe a tutti i costi «ristrutturare», sottraendosi magari a controlli e verifiche. Ma non è così che si modernizza una città. Al contrario, la si fa regredire in un passato (alla Roma palazzinara) impastato di avida ignoranza, quindi di disamore per la storia di questa città che meriterebbe ben altra attenzione ed etica professionale”.

Ogni anno, solo a Roma, i vigili urbani registrano, in media, circa 1.800 abusi edilizi. Che rappresentano, con tutta evidenza, solo la punta di un ben più colossale iceberg. Ormai si fa, e si vede, di tutto. Palazzi cinquecenteschi sventrati e svuotati, come dimostrano i residui edilizi spesso mostrati per strada. Edifici liberty (per esempio ai Parioli, è un continuo) che mantengono del proprio tempo solo la facciata, disperdendo per sempre il gusto di un’epoca. Volumetrie che lievitano in una notte. Ex stenditoi avviliti ad appartamentini. Per non parlare della mania monoculturale degli open space, quasi che la città dei Papi avesse bisogno di scimmiottare New York o Los Angeles.

Eppure gli strumenti di controllo ci sono e dal punto di vista tecnologico sono sempre più avanzati. Anzi il limite è davvero la fantasia. E fantasia per fantasia allora perché non proponiamo agli Uffici Tecnici dei Comuni ed ai vari Enti ed Uffici competenti di organizzare delle ricognizioni in volo con dei semplicissimi droni appositamente attrezzati? Non c’è bisogno di aspettare le immagini dei satelliti ancorchè prive di alcune fondamentali indicazioni e dettagli e nemmeno di montare strampalate impalcature o sorvolare con elicotteri. Basterebbe un drone attrezzato con termocamera ed altri strumenti di misurazione. Un solo volo al mese permetterebbe di prevenire tante situazioni pericolose e di effettuare in tempi rapidi e secondo i canoni dell’economicità dei controlli su prescrizioni, divieti ecc.

Un drone dotato di attrezzatura in grado di scansionare i muri, di fare una vera  e propria ecografia ai muri con tanto di rilievo termometrico permetterebbe di accorgersi subito di usi, abusi, speculazioni e anche semplici ma pericolosi guasti o dissesti. Non solo.. è proprio di queste ore la polemica circa la messa in sicurezza di un’area sottoposta a sequestro della magistratura con conseguente impossibilità di effettuare rilievi immediati e ricognizioni per comprendere se possono esserci nuovi crolli.

La domanda è: “Perché? Se il condominio non fosse sotto sequestro qualcuno salirebbe le scale interne dell’edificio ed andrebbe a fare controlli più approfonditi? …e il pericolo?” Allora nuovamente il DRONE! Questo simpatico robot volante più o meno performante, che però appositamente dotato di sensori, ci permette di effettuare rilievi di altissima precisione senza incorrere in rischi gravi. Idem ai fini assicurativi e peritali. Sono numerose le attività che possono essere implementate attraverso i droni nel settore dell’edilizia: ad esplicitarle è stato Gabriele Santiccioli, membro del Collegio Geometri di Roma: “È possibile effettuare la cosiddetta aereofotogrammetria che permette di rilevare la condizione del territorio, di realizzare indagini termiche sul fotovoltaico o su edifici per capire a quali classi energetiche appartengano e poi ancora: indagini multispettrali per capire se ci siano edifici deteriorati”

Tutte funzioni che rivestono un ampio raggio di utilità, soprattutto quando si tratta di perizie giudiziarie o assicurative: un drone infatti riesce ad accedere a luoghi e quote precedentemente inaccessibili e può contribuire a permettere di scovare abusi altrimenti nascosti.

Ecco dunque l’importanza della proposta che sosteniamo di dotare i Comuni, gli Enti preposti, i professionisti, gli organi di Comando e Controllo come la Polizia Locale di droni attrezzati con termocamera, raggio laser per le misurazioni e la più evoluta sensoristica in modo da restituire periodicamente una mappa, completa e finita, già automaticamente aggiornata delle differenze e degli scostamenti in termini numerici e non, rilevati. E già che siamo in volo se, nella stessa missione semplicemente aggiungendo qualche sensore, mentre mappiamo territorio ed edifici,  acquisissimo una serie di dati tipo la qualità dell’aria, l’inquinamento atmosferico ed acustico, i vapori, i fumi, facessimo un’analisi delle falde acquifere, dei rilievi idrogeologici, misurassimo i campi magnetici e…, e mappassimo le condizioni delle strade in modo da realizzare poi un programma strutturato di interventi di manutenzione?

 

Francesco D’Alessandro

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