Contabilizzazione individuale del calore: un cambiamento per milioni di italiani

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Nell’affrontare le tematiche della contabilizzazione individuale del calore – oggi al centro dell’attenzione per l’urgenza di adeguare al d.lgs. 102/2014 gli impianti di riscaldamento condominiale centralizzato –  l’attenzione viene solitamente posta su aspetti quali l’entità degli investimenti richiesti, i benefici che ne possono derivare, l’importanza fondamentale della progettazione, i vantaggi ottenibili con dispositivi tecnologicamente allo stato dell’arte, e così via (consulta anche il dossier dedicato alla contabilizzazione individuale del calore).

Raramente – ma si potrebbe dire quasi mai – viene invece focalizzata l’attenzione sul fatto che l’adeguamento al decreto 102/2014 costituisce il più veloce e radicale cambiamento nella storia del riscaldamento degli edifici. L’affermazione sembra azzardata se la memoria corre ai vari e profondi mutamenti avvenuti in passato: basti pensare a ciò che ha comportato nel secolo scorso la sostituzione delle stufe a carbone, usate nelle singole unità immobiliari, con l’impianto di riscaldamento basato su una caldaia centralizzata che alimenta la rete di termosifoni installati in ciascun locale.

In realtà oggi siamo di fronte a cambiamenti di tipo sostanzialmente diverso. In primis per ragioni temporali: il passaggio dalle stufe ai termosifoni è avvenuto nel corso di molti decenni, con una logica che si potrebbe dire “generazionale”, mentre per l’adeguamento al d.lgs. 102/2014 i tempi disponibili, già costretti in un paio d’anni dal decreto stesso, nella gran parte dei casi si ridurranno ulteriormente rasentando i pochi mesi.

Ma l’aspetto più importante è un altro: è l’approccio totalmente innovativo che viene ora richiesto a ciascun cittadino nell’utilizzo del riscaldamento dei locali. Entro il 2016 cioè, decine di milioni di italiani dovranno cambiare radicalmente usi e abitudini riguardanti il comfort termico degli ambienti. È questa la sostanziale innovazione! Infatti i cambiamenti avvenuti nel passato sono stati tutti all’insegna dello “sgravare” via via le persone sia dal lavoro fisico (approvvigionare legna o carbone, accendere stufe e camini, alimentarli in continuazione, smaltire la cenere, ecc.), sia da ogni possibilità di intervenire regolando a piacimento la temperatura nelle stanze, giacché i radiatori non disponevano di valvole regolabili e l’unico modo per difendersi dagli eccessi era di aprire le finestre in caso di troppo caldo o di applicare fonti di calore aggiuntive nel caso di freddo insopportabile.

Gli effetti più importanti della contabilizzazione individuale del calore sono invece proprio quelli di fornire a ciascun utente gli strumenti sia per regolare al decimo di grado la temperatura di ogni locale, sia per sapere quanta energia sta consumando perché egli pagherà in base a essa, non più con logiche quali i millesimi. Ciò rende inoltre facilmente applicabile il D.P.R. 16 aprile 2013 n. 74, che fissa i valori massimi di climatizzazione invernale degli ambienti.

Tutto questo obbliga quindi ciascuna persona a livelli di responsabilità e di consapevolezza che in passato erano impensabili. Con la necessità imprescindibile di padroneggiare l’uso di dispositivi come le valvole termostatiche, di saper leggere congegni elettronici come i ripartitori, ecc.

La domanda che sorge inevitabilmente è fondamentale: come possono persone, di tutte le età e di tutti i livelli di istruzione, quand’anche dotate di tanta buona volontà, attingere ed apprendere in così poco tempo le conoscenze necessarie per arrivare a tali livelli di consapevolezza e di responsabilità?

La risposta avrebbero dovuto darla le istituzioni, ma sappiamo purtroppo che da esse non è arrivato ancora nulla.

È essenzialmente il cittadino che deve darsi da fare, documentarsi e assumere comportamenti più responsabili, prestando per altro molta attenzione nel ginepraio di informazioni non sempre chiare né corrette.

Fiorenzo Zerbetto

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