
Sono frequenti gli interventi sul patrimonio edilizio esistente relativi al cambio destinazione uso da una categoria funzionalmente autonoma ad un’altra, per soddisfare eventuali nuove esigenze di utilizzazione del bene.
La norma di riferimento per il cambio destinazione uso è il decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nello specifico l’articolo 10, comma 1, lettera c) , per i mutamenti di destinazione d’uso negli immobili compresi nelle zone omogenee A, mentre l’articolo 22, comma 3, lettera a), per i mutamenti di destinazione d’uso delle altre zone omogenee.
Ma, ancor più, dall’articolo 23-ter del medesimo decreto d.P.R. n. 380 del 2001, introdotto dall’articolo 17, comma 1, lettera n.), legge 11 novembre 2014, n. 164, relativo al cambio destinazione uso urbanisticamente rilevante, e prevede che, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate:
a) residenziale;
a-bis) turistico-ricettiva;
b) produttiva e direzionale;
c) commerciale;
d) rurale.
La destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare è quella prevalente in termini di superficie utile. Le regioni adeguano la propria legislazione ai principi di cui al presente articolo entro novanta giorni dalla data della sua entrata in vigore. Decorso tale termine, trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo. Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito.
La giurisprudenza ha sottolineato come il cambio destinazione uso di un fabbricato ha per effetto il passaggio da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra e si traduce in un differente carico urbanistico, con la precisazione che lo stesso a volte avviene senza la realizzazione di opere a seguito del mero mutamento d’uso dell’immobile, altre volte si caratterizza per la realizzazione di quelle opere in assenza delle quali l’immobile non può soddisfare quella diversa funzionalità che comporta il trapasso da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra.
Da ciò deriva il precetto per cui il cambio destinazione uso riguarda un immobile individuato e può avere corso solo nel rispetto della disciplina urbanistica vigente.
È evidente quindi che tutto il sistema ruoti intorno al concetto chiave di “categoria funzionale”, quale elemento che determina la rilevanza del cambio destinazione uso.
In quale categoria, fra le 5 sopra indicate, dovrebbe ricadere un immobile accatastato come C6 (stalla, rimessa,) che rappresenta la pertinenza di un immobile adiacente di cat A5?
Vorrei accorpare i due immobili e ad ultimazione lavori eseguire la variazione catastale. Il cambio di destinazione può essere considerato all’interno della stessa categoria (fra le 5 citate) e quindi urbanisticamente non rilevante? Grazie in anticipo.
Vorrei cambiare la destinazione d’uso (in parte) di una attrezzatura agricola regolarmente realizzata (in zona agricola) nel 2005, da AGRICOLA A COMMERCIALE.
Come potrei fare?
Gli ultimi decreti possono aiutarmi?
Io ho un negozio meglio dire un minimarket ed ho fatto cessazione di attività commerciali e adesso dovrei farlo a garage di che cosa ho di bisogno per fare una variante catastale