
Il tema è quello dei lavori privati per le Società di Ingegneria. Il ring è quello dei professionisti tecnici. La questione è l’articolo 31 del DDL Concorrenza, la cui bozza stabilisce la possibilità per le società di ingegneria di operare con la committenza privata. Lo scontro è senza fine.
La Rete delle Professioni Tecniche si è scagliata contro la misura contenuta nella bozza del disegno di legge sulla Concorrenza che stabilisce la possibilità per le società di ingegneria di operare con la committenza privata. Il coordinatore della Rete (e presidente del Consiglio Nazionale Ingegneri) Armando Zambrano, ha infatti preso posizione contro la misura e contro l’OICE (l’Organizzazione delle società di ingegneria).
“L’articolo 31, non sollecitato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, mira a superare – spiega Zambrano – la sentenza del TAR Torino del 17 dicembre 2013 , che ha ribadito quello che tutti sanno: le società di ingegneria non possono operare nel settore privato”.
Tutto ha inizio dall’audizione alla Camera dei Deputati, in occasione della quale OICE ha esposto il proprio punto di vista in merito all’art. 31 del ddl sulla concorrenza, che secondo l’OICSE chiarisce gli effetti del riconoscimento giuridico delle società di ingegneria, superando la sentenza del TAR Torino, la quale inibiva loro la possibilità di operare nel settore privato.
“L’articolo 31 – ha detto Zambrano – si configura come un vero e proprio intervento ad personam, anzi ad societatem, che mira a risolvere per via legislativa una questione che riguarda interessi di ben individuabili realtà societarie. Se l’art. 31 venisse approvato ad essere colpite sarebbero in primo luogo proprio le migliaia di società di ingegneria che fino ad oggi, correttamente, seguendo il dettato normativo, si sono astenute dall’operare nel settore privato. L’azione dell’OICE va, in primo luogo, proprio contro quelle società di ingegneria che in questi anni hanno agito correttamente. D’altronde l’OICE rappresenta il mondo delle società di ingegneria solo in maniera residuale. I suoi associati rappresentano a stento poco più del 5% delle società di ingegneria operanti in Italia”.
Il Consiglio Nazionale degli Architetti si è schierato. Per il CNAPPC il problema non è la forma societaria ma la necessità di operare in base a regole comuni valide per tutti.
Le parole degli Architetti: “Gli ingegneri non hanno alcun codice etico mentre gli architetti italiani e le società tra professionisti operano nel rispetto del codice deontologico approvato dal Ministero della Giustizia: se, per esempio, evadono il fisco vengono, giustamente, radiati dall’Albo; rispettano le molte regole della Riforma delle professioni e delle Direttive comunitarie. Tutto ciò non è previsto, invece, per le società di ingegneria”.
Alla fine (per ora) la commissione Giustizia della Camera ha bocciato l’articolo 31. Il CNAPPC ha apprezzato e conclude: “Ci auguriamo ora che quello che è stato fatto uscire dalla porta non rientri dalla finestra e che anche l’Aula confermi quanto definito in sede di commissione”.
Ho idea che se il presidente del CNI vorrà chiedere ai membri di qualunque società di ingegneria che finora non abbia operato nel settore privato se si sentono danneggiati da un provvedimento legislativo che glielo consenta a tutti gli effetti, non potrà che ottenere risposta negativa.
Dire che il consentire di operare nel settore privato alle società di ingegneria che finora non lo hanno fatto, le danneggi è un palese controsenso.
La rete delle professioni tecniche, non é rappresentativa di alcun professionista non essendo un sindacato e non essendo neppure portavoce di alcuna base programmatica discussa ed approvata se non quella del suo gruppo dirigente che cavalca l’equivoco tra la rappresentanza di un iscritto volontariamente alla rete e un iscritto obbligatorio all’Ordine e al Collegio. Nessuna piattaforma discussa ed approvata nessuna elezione seria.
Il tutto senza confronto e alcuna alternativa.
Nessuna rappresentatività della categoria se non quella dei vertici della Rete che parlano a nome di tutti ( a volte anche giustamente) ma senza alcuna legittimità preparando il terreno per attivare il business dei Crediti Formativi On line da una posizione dominante che elimini i fastidiosi concorrenti.
Un bell’esempio di democrazia “furbetta .”
Per il resto mi complimento con la valutazione di Mirandola che mi pare di una logica invidiabile.