Rinnovare l’esistente, punti di vista intorno a un obiettivo primario

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L’Unione Europea ha individuato nell’edilizia il settore da cui ripartire per la crescita sostenibile. Qualche passo è già stato fatto, ma non basta. È necessario sviluppare strategie e strumenti nuovi per rendere gli edifici energeticamente più efficienti e confortevoli. Le tecnologie le abbiamo, così come i sistemi, i materiali e le conoscenze per costruire o risanare abitazioni garantendo comfort, riduzione dei consumi e delle emissioni e sicurezza. Abbiamo anche la strategia: il recupero di ciò che abbiamo costruito. Ne abbiamo parlato con Dario Mantovanelli, di Wienerberger.

Ediltecnico: L’edilizia ha una grossa colpa: è responsabile del 40% circa del consumo di energia e di un terzo delle emissioni di CO2. In Italia abbiamo individuato le strategie e possediamo le tecnologie per limitare l’uno e l’altro, ma non riusciamo a “decollare”. Norbert Lantschner, Presidente Fondazione ClimAbita, ha detto che è necessaria una revisione del meccanismo premiante delle agevolazioni fiscali, che funzionano ma non tanto quanto ci si aspettava. Quali sono secondo te i punti deboli del nostro paese?

Dario Mantovanelli: Uno dei problemi principali è che siamo un Paese di (piccoli) proprietari immobiliari, con quasi un 80% di proprietari sul totale della popolazione, contro un 60% di media nell’Eurozona. In più, solo un piccola percentuale è proprietaria di un edificio unifamiliare, su cui poter andare a realizzare eventuali interventi di riqualificazione energetica in completa autonomia. Tutti gli altri vivono in condominio e, ahimè, trovare una maggioranza qualificata in un’assemblea condominiale, che approvi interventi atti a migliorare radicalmente le performance dell’edificio (quindi involucro più impiantistica), è tutt’altro che facile. Condivido quanto detto da Norber Lantschner ma, oltre a premiare maggiormente chi vuole riqualificare, bisogna creare nuovi strumenti che facciano sviluppare ad esempio la crescita di ESCO (energy saving company). Queste società specializzate nella realizzazione di interventi finalizzati all’efficientemente energetico degli edifici si accollano su di sé i rischi dell’iniziativa e del progetto, lasciando libero il cliente finale da qualsiasi attività (e onere) organizzativo e di investimento.

E.: Il cliente finale, il professionista e il produttore hanno tutti un ruolo determinante all’interno del percorso da fare per rinnovare l’involucro già esistente. Secondo te quali sono i “compiti” che ciascuno di loro deve svolgere per fare in modo che l’Italia marci veloce verso un risultato significativo?

D.M.: Bisogna mettere al centro il professionista; troppo spesso l’utente finale, grazie ad internet, cerca soluzioni in autonomia, dirigendosi direttamente al produttore e bypassando il progettista, il cui know how è fondamentale per realizzare un intervento di ristrutturazione che abbia una visione complessiva. Contattare un’impresa che cambi gli infissi e realizzi un cappotto esterno non significa aver fatto un intervento di riqualificazione energetica. Magari si spenderà meno di riscaldamenti in inverno ma, senza l’attento studio termoigrometrico di un professionista, si può incorrere in rischi di muffe e condense interstiziali. Altro elemento fondamentale, per ottenere comfort ed efficienza energetica, può essere quello di demolire l’esistente e ricostruire da zero l’edificio: intervenire sull’esistente è costoso e laborioso, in più, lavorando su edifici vecchi, non si riuscirà mai ad raggiungere le stesse prestazioni che su un edificio di nuova costruzione, soprattutto sul versante estivo. Le masse superficiali dei laterizi rettificati di ultima generazione, ad esempio, garantiscono un comfort estivo difficilmente raggiungibile ristrutturando un vecchio involucro.

E.: Stiamo tutti aspettando il 23 giugno, giorno in cui a Modena si parlerà di questi temi in un convegno di e per i tecnici. Quali sono i prodotti che Wienerberger propone per dare il proprio contributo concreto alla missione di deep building renovation?

D.M.: Come già anticipato, “deep building renovation” deve poter voler dire anche demolire e ricostruire; penso soprattutto i vecchi edifici scolastici che, in molti casi, non solo sono altamente energivori, ma non offrono alcuna sicurezza dal punto di vista sismico. In Italia abbiamo un patrimonio straordinario di edifici sotto tutela, che va preservato e efficientato nei limiti del possibile. Per molti altri edifici, privi di alcun valore architettonico, varrebbe la pena di chiedersi se non sarebbe meglio abbatterli e ricostruirli. Molti Istituti Case Popolari, proprietari di immobili interi, lo stanno già facendo: meglio demolire e ricostruire bene, da zero, che andare a studiare difficili interventi di risanamento che, torno a ripeterlo, non devono pensare solo alla riduzione dei consumi energetici ma, anche e soprattutto, all’adeguamento sismico.

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Sono ancora aperte le iscrizioni online per garantirsi un posto in platea il 23 giugno a Modena al convegno intitolato Innovare l’involucro – ottimizzare il comfort e minimizzare i consumi.

Redazione Tecnica

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