Distanze in edilizia, il Veneto pesta i piedi allo Stato

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Secondo il Consiglio dei Ministri è stata violata la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile” e quella concorrente nella materia “governo del territorio”. In particolare, la contestazione riguarda le distanze in edilizia.

Premettiamo che la disciplina delle distanze in edilizia rientra nella competenza legislativa statale esclusiva (art. 117, co. 2, lett. l) “ordinamento civile”), e che alle Regioni è comunque consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nella normativa statale, anche se solo nel caso in cui tale deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio.

Il Consiglio dei ministri ha impugnato davanti alla Corte costituzionale una norma della Legge regionale del Veneto n.4 del 16 marzo 2015, che contiene  disposizioni in materia di governo del territorio e di aree naturali protette regionali. L’articolo contestato è il numero 8 , comma 1, lettera a):

1. In attuazione di quanto previsto dall’articolo 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, lo strumento urbanistico generale, con le procedure di cui al comma 4, può fissare limiti di densità, di altezza e di distanza in deroga a quelli stabiliti dagli articoli 7, 8 e 9 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 “Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765:

a) nei casi di cui all’articolo 17, comma 3, lettere a) e b), della legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio”, con riferimento ai limiti di distanza da rispettarsi all’interno degli ambiti dei piani urbanistici attuativi (PUA) e degli ambiti degli interventi disciplinati puntualmente“.

Secondo l’impugnativa del CdM, questa norma introduce la possibilità di deroga ai predetti limiti di distanze all’interno di “ambiti” non meglio specificati “degli interventi disciplinati puntualmente”, e risulta, in realtà, non conforme all’articolo 2-bis del TUE che attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano la facoltà di prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al D.M. n. 1444/1968.

La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 134 del 2014, ha precisato che il principio secondo cui “le deroghe all’ordinamento civile delle distanze in edilizia tra edifici sono consentite se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio” è stato sostanzialmente recepito dal legislatore statale con l’articolo 2-bis del dPR n. 380 del 2001.

Nella parte in cui si prevede la possibilità di derogare all’interno di “ambiti degli interventi disciplinati puntualmente”, il CdM rileva che non ricorre nella specie quella finalizzazione urbanistica dell’intervento regionale per arrivare alla costruzione di un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio, che costituisce l’estrinsecazione della relativa competenza legislativa regionale.

È per questo che secondo il Governo la norma è stata adottata violando la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di “ordinamento civile” (art. 117, secondo comma lettera l) e di “governo del territorio” (art. 117, terzo comma), materie che vanno a toccare direttamente la questione delle distanze in edilizia.

Redazione Tecnica

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