Mutamento di destinazione d’uso: cambia tutto o non cambia niente?

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Lo Sblocca Italia ha introdotto l’articolo 23-ter all’interno del Testo Unico dell’Edilizia: una novità che introduce un cambiamento non trascurabile in materia di mutamento di destinazione d’uso. Secondo la nuova disciplina infatti costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso “ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale” inserita in un catalogo chiuso. Il catalogo comprende 5 categorie funzionali che corrispondono alla destinazione:
– residenziale;
– turistico-ricettiva;
– produttiva e direzionale;
– commerciale;
– rurale.

L’articolo 23-ter fa espressamente salve le diverse previsioni delle leggi regionali, specificando che le Regioni sono chiamate ad adeguare la propria legislazione a tale disciplina entro 90 giorni. Decorso questo termine (cosa già avvenuta), “trovano applicazione diretta le disposizioni del presente articolo”. Lo stesso articolo stabilisce infine che, salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso all’interno delle cinque categorie funzionali sopra indicate è sempre consentito.

Per informazioni più approfondite anche da un punto di vista tecnico in materia consulta l’articolo redatto dalla dott.ssa Valeria Tarroni intitolato Il Cambio destinazione uso urbanisticamente rilevante.

Ma come si sta configurando il processo di adeguamento delle Regioni a tale disciplina? Per ora sono solo 3 le Regioni che si sono adeguate: si tratta di Liguria (legge 41/2014), Toscana (legge 65/2014) e Umbria (legge 1/2015). Il termine entro cui effettuare il recepimento scadeva il 10 febbraio scorso, ma la data non era di fatto perentoria. Lo Sblocca Italia infatti afferma che decorso tale termine la normativa nazionale diviene automaticamente efficace, ma contemporaneamente non viene fatta menzione del fatto che da quel momento la potestà legislativa regionale si esaurisce. Azione che la norma non potrebbe in alcun modo implementare senza ledere le prerogative costituzionali delle Regioni.

Inoltre (come già si sottolineava nell’articolo Mutamento destinazione uso: la nuova disciplina contenuta nello Sblocca Italia) il testo di legge rimette comunque alla disciplina regionale (e in generale agli strumenti urbanistici comunali) il compito di stabilire nel dettaglio quali siano le destinazioni d’uso ammissibili in ogni singolo edificio.

Non c’è pertanto nessuna impellenza per le Regioni nell’intervenire nel processo di adeguamento in materia di mutamento di destinazione d’uso. Inoltre, rispetto all’individuazione dei casi concreti in cui il cambio d’uso è ammesso, la disciplina statale si configura come recessiva rispetto a quella regionale e comunale previgente all’articolo 23-ter.

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Ciò che invece pare possedere valenza all’interno della sopracitata norma (prevalendo pertanto sulla disciplina locale) è l’indicazione per cui non sono cambi d’uso “urbanisticamente rilevanti” i mutamenti che avvengono tra le destinazioni collocate nella stessa categoria funzionale. Questi mutamenti d’uso non si apprestano a modificare il carico urbanistico dell’edificio cui accedono, con la conseguenza che per essi i Comuni non potrebbero richiedere la cessione o la monetizzazione di nuove aree a standard.

Redazione Tecnica

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