
L’8 marzo è passato, le mimose avvizziranno, la Festa della Donna ritornerà tra 364 giorni: nel frattempo la questione di genere continuerà a ripresentarsi ogni giorno, a partire da oggi, un lunedì di lavoro come tanti altri. Il lavoro è certamente l’ambito in cui tale “questione” emerge in tutta la sua importanza: e sono proprio di questi giorni i dati emessi dal CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio) con riferimento alle pari opportunità e alla parità di genere in ambito professionale.
Professione: la questione di genere
E i dati non sono incoraggianti: dei 152mila architetti italiani, quasi il 41% (circa 62mila) è donna, quasi il 10% in più rispetto alla situazione del 1998. Negli ultimi 15 anni le donne architetto iscritte all’albo sono cresciute del 141%, ovverosia 36mila iscritti in più. Negli ultimi 6 anni, il guadagno mensile netto dei giovani laureati in architettura dopo 5 anni dal conseguimento del titolo di secondo livello è stato, mediamente, circa del 20% superiore per i maschi: nel 2013, circa 1300 euro contro 1070 delle donne.
Il dato relativo alla differenza di reddito tra maschi e femmine si è certamente contrato negli ultimi anni, ma la distanza tra i due sessi rimane comunque ampia. E il dato assume ancora più rilievo se si pensa che nei prossimi anni la quota femminile in seno alla professione è destinata a crescere ancora, se non altro per una questione di carattere meramente anagrafico. Tra le donne, infatti, la percentuale di iscritti con meno di quarant’anni è pari al 43%, mentre tra i maschi si ferma al 25%. Specularmente a ciò, gli ultracinquantenni sono il 41% tra gli architetti maschi e appena il 20% tra le donne.
Rimanendo in tema di professioni tecniche leggi l’articolo POS obbligatorio professionisti, bastone e carota per renderlo effettivo?
I dati più interessanti emersi nell’indagine del CRESME
Esistono poi differenze sostanziali tra uomini e donne con specifico riferimento all’attività lavorativa: le donne non solo sono maggiormente colpite dalla disoccupazione, ma sono impiegate in misura significativamente minore nell’attività libero professionale. Tali diseguaglianze generano ampi livelli di insoddisfazione: in primo luogo, il 48% delle donne architetto coinvolte nella ricerca del CRESME ha dichiarato di aver dovuto interrompere la propria attività professionale per un tempo significativo (contro il 24% dei colleghi maschi), e lo ha fatto, nel 67% dei casi, per occuparsi dei figli. Mentre per gli uomini le motivazioni dell’interruzione lavorativa, nella maggioranza dei casi, sono legate a problemi personali o alla cura di persone anziane a carico. Ma un aspetto da sottolineare in rosso è il seguente: oltre l’80% delle donne ritiene che queste interruzioni abbiano ritardato o ostacolato, in un modo o nell’altro, la propria carriera professionale, anche in misura molto grave, nel 46% dei casi.
Un fatto di cultura?
I dati sono stati diffusi dal CRESME nel corso del convegno “Aequale: la professione al femminile” (organizzato dal CNAPPC per le pari opportunità e alla parità di genere in ambito professionale): ciò che è affiorato in maniera decisiva dallo studio è il fatto che le donne, ancor prima del problema del reddito, percepiscano la difficoltà di inserirsi nella professione e crearsi un nome sul mercato, probabilmente per via di una certa diffidenza mostrata sia dalla clientela sia dagli altri professionisti. A significare che la questione di genere è un terreno su cui è necessario effettuare numerosi passi in avanti nel nostro paese, anche e soprattutto a livello culturale.
Dispiace leggere queste percentuali, il lavoro deve essere pagato allo stesso modo sia alle donne che agli uomini, ma non dimentichiamoci che non deve esserci nemmeno differenza tra bianco e nero.
Penso che invece un’ architetto donna dovrebbe essere pagato uguale anche perchè a volte si rivela molto più in gamba in questo campo delle progettazioni e nei lavori di costruzione d’interni. concordo per il nero o bianco del commento precedente.
Troppi architetti escono ogni anno in Italia. Trovare un “bel” lavoro per tutti è un’impresa ardua e molte si accettano soluzioni per pochi euro al mese. Le donne sono tra le più colpite, il nostro paese dovrebbe migliorare …. bisogna premiare le competenze e le capacità. Punto.