Il lotto intercluso e la disciplina urbanistica: il Consiglio di Stato si pronuncia

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Un intervento costruttivo diretto è possibile nell’ipotesi del c.d. lotto intercluso cioè quando l’area edificabile di proprietà del richiedente:

a) sia l’unica a non essere stata ancora edificata;

b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;

c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;

d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.

Con la sentenza n. 5488, depositata il 7 novembre 2014, il Consiglio di Stato è tornato ad affrontare la tematica del c.d. lotto intercluso con particolare riferimento ai riflessi, di tale situazione, in termini di disciplina urbanistica.

Il ricorrente si rivolgeva al Consiglio atteso che il TAR Campania, in accoglimento del ricorso del proprietario del fondo limitrofo, aveva annullato il titolo abilitativo rilasciatogli dal comune. Una delle ragioni delle censure, avverso la sentenza del TAR, consisteva nel fatto che i giudici avevano ritenuto obbligatorio il previo piano attuativo nonostante la completa urbanizzazione della zona interessata ed il fatto che il lotto coinvolto era un lotto intercluso.

L’elemento determinante dell’intera vicenda, infatti, era costituito dal fatto che il lotto di proprietà del ricorrente era situato nella zona B del PRG che si trovava in un stato di completa urbanizzazione, primaria e secondaria: ci si trovava, cioè,  di fronte al c.d. lotto intercluso, essendo assicurata, nella zona, la sufficiente presenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

Ebbene, ha affermato il Consiglio, che regola generale ed imperativa, in materia di governo del territorio, è quella del rispetto delle previsioni del p.r.g. che impongono, per una determinata zona, la pianificazione di dettaglio: tali prescrizioni – di solito contenute nelle n.t.a. – sono vincolanti e idonee ad inibire l’intervento diretto costruttivo (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625). Ne consegue che:

a) quando lo strumento urbanistico generale prevede che la sua attuazione debba aver luogo mediante un piano di livello inferiore, il rilascio del titolo edilizio può essere legittimamente disposto solo dopo che lo strumento esecutivo sia divenuto perfetto ed efficace, ovvero quando è concluso il relativo procedimento (cfr. Cons. St., sez. V, 1 aprile 1997, n. 300);

b) in presenza di una normativa urbanistica generale che preveda per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona l’esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa (cfr. Cons. St., sez. IV, 3 novembre 2008, n. 5471);

c) l’insurrogabilità dell’assenza del piano attuativo con l’imposizione di opere di urbanizzazione all’atto del rilascio del titolo edilizio; invero, l’obbligo dell’interessato di realizzare direttamente le opere di urbanizzazione è idoneo a sopperire solo alla mancanza fisica e materiale di tali opere ma non è in grado di colmare l’assenza dello strumento esecutivo (cfr. Cons. Sr., sez. IV, 26 gennaio 1998, n. 67; Cass. pen., sez. III, 26 gennaio 1998, n. 302; Cons. St., sez. V, 15 gennaio 1997, n. 39);

d) l’inconfigurabilità di equipollenti al piano attuativo, circostanza questa che impedisce che in sede amministrativa o giurisdizionale possano essere effettuate indagini volte a verificare se sia tecnicamente possibile edificare vanificando la funzione del piano attuativo, la cui indefettibile approvazione, se ritarda, può essere stimolata dall’interessato con gli strumenti consentiti dal sistema (cfr. Cons. St., sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6625);

e) la necessità dello strumento attuativo anche in presenza di zone parzialmente urbanizzate che sono comunque esposte al rischio di compromissione dei valori urbanistici e nelle quali la pianificazione di dettaglio può conseguire l’effetto di correggere e compensare il disordine edificativo in atto (cfr. Cass. pen., sez. III, 19 settembre 2008, n. 35880).

Tuttavia, alla luce di tale normativa, la giurisprudenza ha individuato un’eccezione a tale stringente necessaria presenza di strumenti urbanistici per la disciplina del territorio: il cd “lotto intercluso”. Tale fattispecie si realizza, secondo tale impostazione, allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente:

– sia l’unica a non essere stata ancora edificata;

– si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni;

– sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici;

– sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.

In sostanza, si consente l’intervento costruttivo diretto purché si accerti la sussistenza di una situazione di fatto perfettamente corrispondente a quella derivante dall’attuazione del piano esecutivo, allo scopo di evitare defatiganti attese per il privato ed inutili dispendi di attività procedimentale per l’ente pubblico (cfr. Cons. St., sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 268; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1013; sez. IV, Sent., 10 giugno 2010, n. 3699). Quindi, lo strumento urbanistico deve considerarsi superfluo posto che è stata ormai raggiunta la piena edificazione e urbanizzazione della zona interessata, raggiungendo in tal modo la scopo ed i risultati perseguiti dai piani esecutivi (i.e. piano attuativo).

Nel caso esaminato dal Consiglio di Stato risultava che il lotto di proprietà del ricorrente era inserito in una zona completamente urbanizzata e servita dalle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, in una zona razionalmente urbanizzata e circondata da una serie di abitazioni private, di tal ché l’approvazione di un piano attuativo sarebbe stata del tutto superflua, non rimanendo margini di regolamentazione. Contrariamente si porrebbe a carico del privato l’inutile attesa per l’approvazione del piano esecutivo che comunque non potrebbe apportare alcun significativo intervento volto alla salvaguardia del territorio, che si ripete già pienamente urbanizzato.

Per tali ragioni il Consiglio di Stato ha accolto l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, ha respinto il ricorso di primo grado.

Nicola D’Angelo

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