Gli effetti di TASI e IMU? Gli italiani “rinunciano” alle proprie case

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La crisi economica si unisce alla rinnovata recrudescenza del carico impositivo sulla casa (TASI e IMU): il risultato? Desolante. Il prezzo degli immobili cala, ma a ciò si aggiunge un altro fenomeno disarmante: un numero sempre più elevato di persone “rinuncia” a tutti gli effetti alla propria casa perché non riescono a far fronte al peso delle tasse ed ai costi di manutenzione.

A lanciare l’allarme in questi giorni è Confedilizia, subissata negli ultimi mesi dalle richieste da parte di proprietari di casa per avere informazioni sull’istituto della rinuncia: ovverosia la possibilità di rinunciare alla propria proprietà a favore dello Stato. Si tratta di un istituto presente da sempre nel nostro codice civile, attraverso cui un soggetto ha facoltà di manifestare la volontà di dismettere, abbandonare o non utilizzare un proprio diritto reale. Solitamente viene utilizzato al momento della successione ereditaria quando l’erede decide che il bene, in questo caso la casa, risulta troppo onerosa e invece di benefici economici produce perdite. Ma è possibile utilizzare questo istituto anche per qualunque bene di proprietà la cui gestione sia divenuta troppo onerosa.

“Non solo – spiega il presidente Corrado Sforza Fogliani – c’è chi decide di demolire la propria casa, di renderla inagibile. Nel Nord Est si scoperchiano i capannoni abbandonati per non pagare IMU e TASI. Sono in crescita le schede di cancellazione degli immobili dal catasto. Come associazione siamo costernati di dover aiutare i nostri soci a distruggere un patrimonio immobiliare, ma è il risultato di un fisco incivile che tassa anche gli immobili che non producono alcun reddito”. L’esempio più lampante per comprendere ciò che sta accadendo è quello delle case in territori collinari e montani abbandonati, dove i costi di manutenzione vanno a sommarsi a TASI ed IMU: in tali casi il proprietario decide di buttare giù la casa per non avere solo un valore negativo dalla abitazione. Oppure di rinunciarci, attraverso l’apposito istituto (che non è gratuito, anzi).

La rinuncia è sempre un momento difficile – spiega Sforza Fogliani -, a questo si somma il fatto che anche per rinunciare a favore dello Stato bisogna pagare e non poco”. Secondo i calcoli effettuati da Confedilizia servono circa 3mila euro per effettuare la rinuncia nei confronti di un immobile con rendita catastale da 250 euro e base imponibile da 30mila euro. Cifre non trascurabili.

Per scoprire quanto devi pagare di TASI consulta il nostro nuovo tutorial intitolato TASI 2014: come si calcola e come si paga in 4 semplici mosse.

La situazione svelata dall’Organizzazione dei proprietari immobiliari non fa altro che tracciare un’ulteriore linea nel complicato affresco della TASI 2014: il tributo pesa non poco, e soprattutto non risulta facile districarsi dentro il vero labirinto, quello delle detrazioni. Sparite le detrazioni fisse previste dalla vecchia IMU, ogni Comune ha definito a suo modo la questione. Ma vediamo di chiarire la situazione almeno sulle abitazioni principali:
– circa 900 Comuni hanno azzerato la TASI sulla prima casa (quindi qui il problema non si pone, almeno per coloro che possiedono solo una abitazione),
– poco più di 4800 Comuni (più della metà sul totale) applicano il tributo sui servizi indivisibili sulle abitazioni principali con aliquota fissa e senza sconti;
– quasi 2350 Comuni hanno previsto detrazioni o agevolazioni di qualche tipo: e qui, per orientarsi, è necessario visionare le specifiche delibere emesse dai Comuni (visionale qui, in allegato all’articolo Aliquote TASI 2014: ecco l’elenco completo delle delibere dei Comuni italiani).

 

A cura di Marco Brezza

Redazione Tecnica

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