Piano Casa, ecco i punti deboli del decreto Lupi

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L’Istituto Nazionale di Urbanistica ha valutato bene la ripresa di attenzione del Governo e del Parlamento nei confronti del tema delle politiche abitative pubbliche, con il decreto del “Piano casa”.

L’opinione dell’Inu sul decreto Piano Casa non è solo positiva, anzi. L’entità delle risorse è infatti modesta. Occorre quindi uno sforzo superiore per rimettere in campo risorse certe e per un adeguato arco di anni con l’obiettivo di ampliare l’offerta di alloggi sociali in locazione permanente destinati a fasce sociali a basso reddito.

Va inoltre criticato l’orientamento espresso dal decreto Piano Casa alla cessione generalizzata del patrimonio di edilizia residenziale sociale. Attraverso le cessioni “facili” – dopo un periodo di appena sette anni, prevede il decreto – rischia infatti di perdere efficacia e significato l’intera politica dell’edilizia sociale che dovrebbe avere quale presupposto la costituzione di uno stock di alloggi in affitto a tempo indeterminato o comunque per periodi significativi.
L’Inu propone di prorogare i termini di formazione del diritto all’esercizio del riscatto ad almeno quindici anni, e di lasciare al gestore la decisione su quali e quanti alloggi ammettere alla prospettiva del riscatto o del patto di futura vendita. L’obiettivo deve essere quello di creare un parco alloggi in affitto, quindi ERS, e non di creare altri proprietari di abitazioni private che di “sociale” non avrebbero che una vaga origine.

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Nel Piano Casa la programmazione degli interventi di edilizia residenziale pubblica ricade appieno all’interno della materia “governo del territorio” che è agli atti di legislazione concorrente fra Stato e regioni: è impropria e non costituzionalmente fondata la disposizione del decreto (art. 10 c. 8) che prevede che gli interventi di incremento degli alloggi sociali possano essere “autorizzati in deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, e ai regolamenti edilizi ed alle destinazioni d’uso”. La disposizione è foriera di effetti perversi: all’articolo 10 si consente il cambio di destinazione d’uso, anche senza opere, in tutti gli interventi regolati da convenzioni urbanistiche vigenti. Esiste il rischio che con la liberalizzazione dei cambi di destinazione d’uso si generi una ondata di cambi d’uso verso il residenziale, con falsificazione delle previsioni urbanistiche ed imponderabili effetti sulla distribuzione territoriale delle funzioni e delle dotazioni di servizi. Non è possibile inoltre considerare “rigenerazione delle aree” un cambio integrale di destinazione d’uso di un insediamento produttivo ancora non realizzato, nemmeno in parte.

L’inu chiede pertanto che la facoltà del cambio di destinazione d’uso venga limitata nel Piano Casa ai soli edifici esistenti e agli interventi dotati di titoli abilitativi edilizi per i quali alla data del 31.12.2013 fosse già stato comunicato l’inizio dei lavori. Tale deroga dovrebbe inoltre associata ad una contemporanea verifica di coerenza delle trasformazioni proposte con gli obiettivi generali dei piani urbanistici vigenti, riportando così tutto il processo nell’alveo di un razionale percorso di pianificazione urbana. L’ERS è una componente essenziale del progetto urbano e dei suoi equilibri, e non è possibile consentire che venga fatta “spuntare” liberamente dove si formino delle convenienze della proprietà privata, fuori di una logica di corretta progettazione urbanistica.

Le caratteristiche positive
Tra le altre misure messe a punto dal governo nel “Piano Casa”, ve ne sono altre che l’Inu considera lodevoli:
– la possibilità di reperire alloggi da dare in locazione attraverso l’azione delle cooperative;
– la deducibilità dall’IRPEF delle spese di affitto per i redditi bassi e bassissimi (peccato che chi non ne possa beneficiare siano gli incapienti);
– l’idea di riformare il procedimento di alienazione degli immobili degli IACP/ATER e di connettere i proventi delle alienazioni a un programma straordinario di realizzazione di nuovi alloggi e di manutenzione degli esistenti (anche se la complessità del provvedimento e i passaggi necessari rischiano di metterlo in conflitto con la scadenza ravvicinata);
– la definizione di un piano nazionale per il recupero e la razionalizzazione degli alloggi popolari attraverso manutenzione straordinaria degli alloggi;
– le iniziative di lotta agli atti di legittimazione post festum di occupazioni abusive di immobili.

 

Redazione Tecnica

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