Dissesto idrogeologico: dieci fake news ora in circolazione

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Sostituire il folklore alla scienza condanna il nostro paese ad altre tragedie“: è questo il commento di WWF Italia alle affermazioni approssimative sul dissesto idrogeologico che, in questi giorni di emergenza post alluvione in Emilia-Romagna, si stanno moltiplicando.

“Purtroppo si sono succedute affermazioni di importanti esponenti politici e della cultura che hanno dimostrato di non avere alcuna idea delle reali cause di quanto accaduto e di quali soluzioni potranno evitare in futuro il ripetersi di tragedie come questa. Mentre per il COVID si è avuto il buon senso di affidarsi agli scienziati, sul dissesto idrogeologico e soprattutto sulla crisi climatica il dibattito pubblico si svolge senza le necessarie conoscenze ed è purtroppo influenzato da vere e proprie fake news”.

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“La corretta informazione su questioni così importanti è l’ingrediente fondamentale sia per la sicurezza delle persone, sia per l’adozione di politiche efficaci basate sulle migliori conoscenze scientifiche – continuano dal WWF – Chi, nel dibattito pubblico, continua a sostenere tesi in contrasto con la scienza e l’evidenza dei fatti, rimandando decisioni o investendo fondi pubblici in opere inutili o dannose, si assume una responsabilità enorme rispetto alle prossime tragedie che continueranno a trovare il nostro territorio non pronto agli effetti della crisi climatica”.

Assicurando di continuare a “tutelare in tutte le sedi, anche quelle giudiziarie, i quasi 7 milioni di italiani attualmente esposti a rischio idrogeologico e tutti i cittadini che da anni continuano a pagare, anche con la vita, le conseguenze della disinformazione”, il WWF ha voluto individuare e smentire le principali fake news che stanno circolando in questi giorni, contribuendo contestualmente a identificare soluzioni efficaci per salvare vite umane ed evitare miliardi di euro di danni.

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Dissesto idrogeologico, 10 fake news

Ecco le 10 principali fake news sul dissesto idrogeologico in Italia individuate e smentite da WWF Italia:

1. Per prevenire disastri serve dragare i fiumi e scavare in alveo: FALSO

In gran parte dei fiumi italiani l’alveo si sta progressivamente abbassando a causa del minor apporto di sedimenti dato dalle innumerevoli briglie e dighe che ne interrompono la continuità, oltre che per il massiccio prelievo di inerti avvenuto negli scorsi decenni. Dragare i fiumi, abbassandone la quota altimetrica, contribuisce a creare fenomeni franosi più a monte, peggiorando il dissesto complessivo e mettendo a rischio la stabilità dei ponti a valle.

2. Per evitare inondazioni bisogna pulire gli alvei tagliando la vegetazione: FALSO

Mentre è corretto rimuovere tronchi e rami morti dall’alveo dei fiumi, in particolare in corrispondenza di ponti e restringimenti, o intervenire in modo mirato e con la consulenza di geologi e forestali in particolari situazioni dove la vegetazione può ridurre l’officiosità idraulica di alcuni manufatti, la vegetazione che cresce sulle rive è fondamentale per la loro stabilità, per rallentare la velocità dell’acqua durante le piene, garantire la capacità autodepurativa degli ecosistemi fluviali, mantenere l’ombreggiatura e contribuire all’attenuazione dei periodi di siccità rilasciando gradualmente parte dell’acqua immagazzinata negli habitat ripariali.

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3. Non si fa manutenzione dei fiumi: FALSO

Se ne fa anche troppa, ma male e soggetta a meccanismi perversi che non garantiscono un’azione mitrata. Infatti, gran parte delle Regioni, Emilia-Romagna compresa, “appaltano” a privati la rimozione dei sedimenti o il taglio della vegetazione e i lavori si sostengono con il valore del materiale estratto o tagliato: il risultato è che si interviene prevalentemente dove e quando conviene ai privati e in genere con interventi grandemente sovradimensionati che distruggono la vegetazione riparia con, spesso, aumento del rischio (il WWF ha documentato tutto questo in due dossier, nel 2016 e nel 2020).

4. Per evitare inondazioni è necessario rettificare i fiumi: FALSO

Rettificare il corso dei fiumi ne riduce la lunghezza complessiva, aumentandone così la pendenza e la velocità di deflusso. Il risultato è che nei periodi di piena l’energia del fiume è maggiore e maggiori sono i danni, così come un incidente stradale a 90 km orari è molto più letale di uno a 30 km orari.

5. La colpa delle inondazioni e del dissesto idrogeologico è delle nutrie ed altri animali: FALSO

Il 94% dei Comuni italiani è a rischio dissesto per frane e alluvioni, e in gran parte di essi nutrie ed altri animali fossori non sono presenti. Vero è che localmente le tane scavate negli argini di dimensioni minori possono intaccarne la solidità, per questo sono ben note soluzioni (come la modulazione della loro pendenza o l’apposizione di reti) che prevengono lo scavo. Alcuni degli argini o dei “muri” di contenimento hanno ceduto durante la tragedia dell’Emilia-Romagna per problemi strutturali dovuti a difetti di costruzione o alla mancanza di monitoraggio e manutenzione.

6. Per evitare inondazioni serve innalzare gli argini lungo tutto il reticolo idrografico: FALSO

Gli argini artificiali sono essenziali per proteggere insediamenti urbani e centri storici (e la loro manutenzione deve essere effettuata con cura e periodicità), ma la loro altezza, come peraltro ha affermato il segretario dell’Autorità di bacino del Po, è già al limite e non si possono rialzare ulteriormente; è semmai necessario ampliare le aree di esondazione, prevedendo dove possibile di spostare gli argini, in modo da ridare spazio ai fiumi. È fondamentale garantire la continuità dei fiumi e delle fasce naturali riparie ripristinando e tutelando boschi e zone umide, che svolgono un essenziale ruolo di laminazione delle piene, ricarica delle falde, depurazione, assorbimento di CO2 e protezione della biodiversità che stiamo sempre più velocemente perdendo. Purtroppo, negli ultimi anni il consumo di suolo è proseguito con ritmi impressionanti (2 metri quadrati al secondo, sfiorando i 70 chilometri quadrati di nuove coperture artificiali in un anno, ISPRA 2022) soprattutto nelle aree di pianura, lungo le coste e nelle principali aree metropolitane e in Emilia-Romagna si registrano tra i peggiori trend negativi.

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7. Servono casse di espansione: VERO, ma…

Le casse di espansione possono ospitare parte dell’acqua in eccesso durante le piene e restituirla una volta che la piena è passata. Tuttavia, dovrebbero essere un’estrema ratio perché sono una soluzione meno efficace rispetto ad interventi diffusi basati sulla natura in un’ottica di adattamento al cambiamento climatico.

8. Servono grandi dighe per evitare disastri come questi: FALSO

Le grandi dighe possono contenere le piene di un singolo fiume o di un singolo bacino a monte; sempre che nel momento del bisogno non siano già piene. La Romagna è dotata di una delle più grandi dighe d’Italia (quella di Ridracoli), ma questo non ha impedito la tragedia dei giorni scorsi. Inoltre, le dighe hanno l’effetto di limitare il trasporto di sedimenti al mare, aumentando così l’erosione costiera e richiedendo centinaia di milioni di euro ogni anno per il ripascimento artificiale delle spiagge. In ogni caso in Italia esistono molte dighe che non sono state né collaudate né finite e farne di nuove è irresponsabile. È invece fondamentale allargare e ripristinare le aree di esondazione naturale lungo i fiumi che nel loro insieme svolgono un’importante funzione di “spugna” trattenendo l’acqua durante le piene e rilasciandola gradualmente nel resto dell’anno contribuendo ad attenuare le siccità. È il caso del progetto di rinaturazione del Po inserito nel PNRR, che oltretutto risponde alle direttive europee Acque e Alluvioni e alla Strategia europea per la Biodiversità che impegna a riqualificare e riconnettere 25.000 chilometri di fiumi entro il 2030.

9. Servono più infrastrutture: FALSO

Quasi il 10% del territorio italiano è già cementificato, incluse le aree a rischio inondazione. Questa situazione è particolarmente grave in Emilia-Romagna. L’impermeabilizzazione del suolo impedisce l’infiltrazione dell’acqua e la ricarica delle falde acquifere, mentre aumenta lo scorrimento superficiale riducendo il tempo impiegato dall’acqua per raggiungere i fiumi (“tempo di corrivazione”), pertanto le acque piovane giungeranno al fiume in un intervallo di tempo più ristretto, causando picchi di piena più alti e quindi maggiori rischi di esondazione. Inoltre, in gran parte dei fiumi italiani, le infrastrutture hanno sottratto spazio al naturale alveo dei fiumi, limitando lo spazio per le piene e aumentando così il rischio per le comunità. Ovviamente sono utili difese e infrastrutture ben pianificate nell’ambito dei centri urbani che, in molti casi, possono essere anche ben inserite nel tessuto urbano (come dimostrato in molte città europee, anche con interventi di drenaggio urbano sostenibile).

10. Il cambiamento climatico non c’entra nulla: FALSO

Il cambiamento climatico causato dalle emissioni di gas serra da parte delle attività antropiche, sulle cui cause la comunità scientifica mondiale concorda ormai da anni (con l’eccezione di qualche singolo professore spesso legato al mondo dei combustibili fossili), che ha già portato ad un aumento medio di oltre 1°C delle temperature medie globali, sta avendo effetti particolarmente intensi sul bacino del Mediterraneo, alterando fortemente i cicli idrologici, allungando i periodi di aridità alternati da brevi periodi di piogge intense, sempre più frequenti e dove la quantità di precipitazioni che un tempo cadeva in mesi ora cade in pochi giorni. Sta a noi agire per limitare al più presto le emissioni ed evitare gli scenari peggiori e adattarci al cambiamento climatico in atto.

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“A questi dieci punti – conclude il WWF – si aggiunge la retorica che vorrebbe addossare la colpa dell’alluvione agli ambientalisti che hanno vietato ogni opera: anche questo è del tutto FALSO. Gli ambientalisti non hanno governato alcuna regione italiana, né tantomeno hanno avuto voce in capitolo nelle scelte dei governi nazionali e regionali. Inoltre, i Governatori regionali sono stati investiti del ruolo di Commissario straordinario per il dissesto idrogeologico da parecchi anni e avrebbero potuto muoversi facilmente e spesso in deroga a molti vincoli. Viceversa, da decenni gli ambientalisti segnalano il rischio derivante da una cattiva gestione dei corsi d’acqua italiani, dalla distruzione e riduzione delle aree di esondazione che spesso ha ridotti i corsi d’acqua in semplici canali, aumentando il rischio idraulico e causando un collasso della biodiversità dei fiumi italiani (quasi il 60% dei quali presenta uno stato ecologico non buono). Quindi siamo davvero ad una situazione paradossale: accusare chi da 30 anni lancia l’allarme su fiumi e territorio perché, semplicemente, quello che avevano annunciato si è avverato”.

Consigliamo

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  • fenomeni da azioni franose, smottamenti e cedimenti
  • colate detritiche e di terra
  • crolli in roccia
  • cedimenti per smottamenti e variazioni del livello di falda
  • instabilità delle scarpate per piogge intense con aumento del livello di falda

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“Un testo che declina dettagliatamente un concetto che reputo alla base della progettazione strutturale” (Franco Bontempi).“Nel volume non ci si limita ad introdurre in modo semplice la problematica, ma si guida il lettore alla comprensione della risposta strutturale agli eventi inattesi attraverso esempi concreti” (Ivo Caliò)La robustezza di un sistema strutturale e geotecnico è intesa, sostanzialmente, come la capacità di prevenire o ridurre le conseguenze derivanti da un evento locale (eccezionale e/o estremo).Il testo, suddiviso in due parti distinte per un’agevole consultazione, affronta con piglio autorevole e approccio operativo il tema – ancora oggi poco conosciuto – della valutazione del comportamento strutturale attraverso gli indici di robustezza.Tra i molteplici aspetti trattati, il manuale analizza, in dettaglio, il fenomeno del collasso progressivo, le forme con cui può manifestarsi ed i relativi meccanismi di innesco e propagazione, proponendo, poi, esempi di interventi di retrofitting per ottimizzare la risposta strutturale.Inoltre, vengono riportati, in maniera esaustiva, numerose applicazioni numeriche per la stima degli indici di robustezza, con particolare riferimento alle strutture esistenti in c.a., murature e opere geotecniche.Tali casi studio, rappresentano utili strumenti operativi per lo strutturista che si occupa di tali tematiche.Matteo FelittiTitolare dello studio ENGINEERING & CONCRETE CONSULTING, si occupa principalmente di calcolo strutturale, dissesti statici nelle costruzioni esistenti, degrado dei materiali e risoluzione di contestazioni. Cultore di Scienza delle Costruzioni ICAR/08, docente Esterno di “Calcolo Automatico delle Strutture” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II.Francesco OlivetoIngegnere specializzato nell’ambito strutturale e geotecnico. Collabora con Gruppo Sismica srl per la formazione e lo sviluppo di metodologie di calcolo di strutture in muratura e in c.a. in condizioni di danno pregresso e attuale ai fini della stima della capacità residua.Gli Autori, in collaborazione con STACEC Srl, hanno sviluppato e implementato, nel software FaTA Next, alcuni modelli di degrado per la valutazione degli indicatori di rischio su strutture in calcestruzzo armato con danno inglobato. Tale argomento sarà oggetto di una prossima pubblicazione.

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Comunicato via wwf.it
Immagine (di repertorio): iStock/LuckyTD

Redazione Tecnica

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