Realizzazione muro di cinta: permesso di costruire o SCIA?

Il Testo Unico Edilizia non indica espressamente se il muro di cinta necessiti del permesso di costruire o se sia sufficiente la segnalazione di inizio di attività, occorre fare riferimento all’impatto effettivo che genera sul territorio. Una recente sentenza e una rassegna di casi precedenti

Mario Petrulli 09/05/23
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Secondo la giurisprudenza[1], in linea generale, la realizzazione di recinzioni, muri di cinta e cancellate rimane assoggettata al regime della SCIA ove dette opere non superino in concreto la soglia della trasformazione urbanistico-edilizia, occorrendo — invece — il permesso di costruire, ove detti interventi superino tale soglia.

Il Testo Unico Edilizia[2] non indica espressamente se il muro di cinta necessiti del permesso di costruire, in quanto intervento di nuova costruzione (art. 3, comma 1, lettera e) e art. 10), ovvero se sia sufficiente la segnalazione di inizio di attività (art. 22).

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Di recente il TAR Campania, Napoli, sez. VIII, nella sent. 14 aprile 2023, n. 2285, ha ribadito, in linea con l’orientamento prevalente[3], che più che all’astratto genus o tipologia di intervento edilizio (sussumibile nella categoria delle opere funzionali a chiudere i confini sui fondi finitimi) occorre fare riferimento all’impatto effettivo che le opere a ciò strumentali generano sul territorio: con la conseguenza che si deve qualificare l’intervento edilizio quale nuova costruzione (con quanto ne consegue ai fini del previo rilascio dei necessari titoli abilitativi) quante volte abbia l’effettiva idoneità di determinare significative trasformazioni urbanistiche e edilizie.

Di conseguenza, a prescindere dal mero e astratto nomen iuris utilizzato per qualificare l’opus quale muro di recinzione (o altre simili), la realizzazione di muri di cinta di modesti corpo e altezza è generalmente assoggettabile al solo regime della SCIA; al contrario, solo nel caso in cui l’intervento è tale da integrare una trasformazione urbanistica del territorio con la creazione di una “nuova costruzione”, lo stesso necessita del previo rilascio del permesso di costruire, la cui mancanza è sanzionata con la demolizione ex art. 31 del Testo Unico. Nel caso specifico analizzato dai giudici partenopei si era dinanzi ad un muro divisorio di modesta entità, in un contesto di area lottizzata, per il quale è stato ritenuto non necessario il permesso di costruire, con conseguente annullamento dell’ordinanza di demolizione adottata dall’ufficio tecnico comunale.

Muri di cinta con permesso di costruire

Fra la casistica, ricordiamo che è stato ritenuto necessario il permesso di costruire per la realizzazione:

  • di due muri alti in media mt. 1,25, a recinzione di un’area di circa 75 mq[4], “trattandosi di manufatti che non possono ritenersi di dimensioni non significative”;
  • di “2 tronconi di muro realizzati con blocchi di lapilcemento – di cui, il primo, a Sud del fondo, per una lunghezza mt 16,45 spesso mt 0.20 e alto di mt 0.40, al cui termine, sul lato Est, si ritrova un cancello in ferro largo mt 3.60 ed alto 2.00 e, il secondo, di mt 17,90, largo mt 0.20 ed alto mt 0.40, cui è posto, a chiusura, un altro cancello in ferro largo mt 3.00 ed alto mt 2,20 -, entrambi con sovrapposizione di rete metallica bendata da materiale plastico sorretta da pali in ferro di altezza mt 2,00[5] (secondo i giudici, “per le apprezzabili dimensioni e le modalità costruttive, non siamo dinanzi ad opere assimilabili ad un mero muro di cinta, con modesti corpo ed altezza ovvero a lavori di scarsa rilevanza strutturale”);
  • di un muretto in c.a. di altezza media pari a circa 70 cm, sormontato da pannello in orsogril di altezza pari a circa 1,60 mt.” per una lunghezza di circa 141 mt., compresi “due cancelli carrabili che danno l’accesso all’area”; di un secondo muretto “delle medesima tipologia costruttiva sopra descritta […], per una lunghezza di circa 35,00 mt.”; “di un muro in c.a. di altezza pari a circa 2,60 mt e spessore pari a cm 30, con sperone di fondazione largo 60 cm (in aggiunta allo spessore del muro) ed altezza pari a cm 50,00[6];
  • per “un muro di recinzione lungo mt. 25 e alto mt. 2,50, munito di cancello carrabile scorrevole in ferro della larghezza di mt. 5, che è certamente qualificabile come opera muraria che incide in modo permanente e non precario sull’assetto edilizio del territorio[7];
  • per “un muro di recinzione costituito da muratura di tufo e cemento armato, lungo circa 25 mt. e avente altezza pari a circa 2,70 mt. per uno spessore di circa 25 cm., derivante dalla ricostruzione di parte di un preesistente muro in pietrame lavico[8].

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Muri di cinta senza permesso di costruire (con SCIA)

Viceversa, è stata ritenuta sufficiente la SCIA:

  • per alcuni muretti delimitativi rivestiti di pietrame[9], inidonei a determinare una apprezzabile trasformazione urbanistico – edilizia del territorio;
  • per un “muro di mattoni privo di intonaco, di dimensioni assai ridotte (mt 4,00 di lunghezza per mt 2,25 di altezza), realizzato all’interno del cortile del fondo, non in aderenza ad altre costruzioni, non visibile né dalla pubblica via […] né da altri punti di vista circostanti, avendo un’altezza sostanzialmente coincidente con i muri perimetrali circostanti”, visto che “non ha comportato, pertanto, all’evidenza, quella trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio alla quale è normalmente riconducibile la necessità della previa acquisizione del permesso di costruire[10];
  • per “un pannello chiuso in c.a. con sovrastante grigliato metallico zincato”, che “si eleva dalla quota di calpestio per una altezza che varia da mt. 1,00 a mt. 1,20”, “trattandosi di manufatti di natura pertinenziale, di modesta altezza, senza alcuna funzione di contenimento o di trasformazione del territorio, ma intesi a delimitare i confini di proprietà[11].

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[1] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 gennaio 2016, n. 10.

[2] DPR n. 380/2001.

[3] Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 4 luglio 2014, n. 3408; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 17 novembre 2020, n. 1699; Napoli, sez. VIII, sent. 21 marzo 2023, n. 1774.

[4] TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 7 aprile 2022, n. 2385.

[5] TAR Campania, Salerno, sez. III, sent. 25 agosto 2021, n. 5624.

[6] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 17 novembre 2020, n. 1699.

[7] TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. 28 aprile 2020, n. 1542.

[8] TAR Campania, Napoli, sez. III, sent. 2 agosto 2022, n. 5234.

[9] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 26 marzo 2019, n. 473.

[10] TAR Campania, Napoli, sez. VI, sent. 24 febbraio 2023, n. 1202.

[11] TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 16 settembre 2022, n. 2391.

Immagine: iStock/GaryAlvis

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