Modifica parti comuni in condominio: la rimozione delle opere illecite

Cosa succede quando un condomino esegue opere illecite sulle parti comuni? L’amministratore ha bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea per far rimuovere un’opera abusiva dalle parti comuni?

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Qualora il proprietario di un appartamento sito in un edificio condominiale esegua opere nella sua proprietà esclusiva facendo uso di beni comuni, indipendentemente dall’applicabilità delle norme sulle distanze nei rapporti tra le singole proprietà di un edificio condominiale, è comunque necessario verificare che il condomino stesso abbia utilizzato le parti comuni dell’immobile nei limiti consentiti dall’art. 1102 c.c.

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Azione per la rimozione delle opere abusive

Se questi limiti sono violati, l’azione, con la quale il condominio chiede la rimozione di opere che un condomino abbia effettuato sulla cosa comune, oppure nella propria unità immobiliare, con danno alle parti comuni, in violazione degli articoli 1102, 1120 e 1122 c.c., ha natura reale, e, pertanto, non è suscettibile di prescrizione (Cass. civ., sez. III, 06/06/2018, n. 14622; Cass. civ., sez. III, 16/03/1981, n. 1455).

L’imprescrittibilità, piuttosto, può essere superata dalla prova della usucapione del diritto a mantenere la situazione lesiva.

In ogni caso, nel giudizio promosso per conseguire la rimozione di una costruzione illegittimamente realizzata in un’unità immobiliare in danno delle parti comuni di un edificio condominiale, sono litisconsorti necessari tutti i comproprietari di tale unità, indipendentemente dal fatto che solo uno od alcuno di essi ne siano stati gli autori materiali (Cass. civ., sez. II, 28/02/2018, n. 4685).

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Iniziativa dell’amministratore e autorizzazione dell’assemblea

L’amministratore ha bisogno della preventiva autorizzazione dell’assemblea condominiale per far rimuovere un’opera abusiva dalle parti comuni? La questione è stata recentemente affrontata dalla Cassazione nella sentenza n. 6428 del 3 marzo 2023.

Nel caso di specie, un condominio citava in giudizio una società per far accertare e dichiarare l’illegittimità dell’apposizione delle due canne fumarie a servizio del locale di proprietà della convenuta, con conseguente condanna della stessa al ripristino dello stato dei luoghi mediante loro rimozione e al risarcimento dei danni. Costituendosi in giudizio, la società convenuta si difendeva contestando la fondatezza della domanda dell’attore ed eccependo preliminarmente il difetto della legittimazione del condominio all’azione, avendo l’amministratore agito senza il mandato dell’assemblea.

Il Tribunale considerava illegittima l’apposizione delle due canne fumarie e condannava la società convenuta alla rimozione delle stesse e al ripristino dello stato dei luoghi. Il giudice di primo grado confermava la legittimità dell’azione intrapresa dall’amministratore senza il mandato dell’assemblea. Veniva invece respinta la domanda di risarcimento dei danni. La Corte di Appello confermava la sentenza di primo grado.

Questa conclusione è stata condivisa dalla Cassazione che ha sottolineato come i giudici di secondo grado abbiano correttamente fatto riferimento al disposto dell’art. 1130 n. 4 c.c. Il condominio ha infatti agito per difendere il mantenimento dell’integrità materiale delle facciate, di pertinenza del fabbricato, stravolte dalla nuova installazione. Per proporre tale azione, definita “di ripristino” e, quindi, non di accertamento dei diritti dominicali, non era necessario mandato di tutti i condomini, potendo l’amministratore agire ex art. 1130 c.c., n. 4, e art. 1131 c.c. (Cass. civ., Sez. Unite, 06/08/2010, n. 18331).

Leggi anche Modifica parti comuni in condominio, quando è necessario il consenso dell’assemblea

Merita di essere ricordato che l’articolo 1130 c.c., al punto 4, obbliga l’amministratore a “compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio”. Nei limiti di questa attribuzione, l’amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro i terzi. Secondo la Cassazione, facendo riferimento agli atti meramente conservativi, il legislatore ha inteso riferirsi ai soli atti materiali (riparazioni di muri portanti, di tetti e lastrici) e giudiziali (azioni contro comportamenti illeciti posti in essere da terzi) necessari per la salvaguardia dell’integrità dell’immobile (Cass. civ., Sez. II, 03/04/2007, n. 8233).

Iniziativa del singolo condomino a tutela delle parti comuni

Naturalmente anche il singolo condomino può chiedere, invece, la rimozione di opere che altro condomino abbia effettuato sulla cosa comune in violazione della disciplina dettata dagli artt.1102, 1120 e 1122 c.c.: in tal caso, proprio perché è un’azione di natura reale, deve essere proposta nei confronti di tutti gli altri partecipanti al condominio stesso (non si può certo citare in giudizio solo l’amministratore: in tal senso Cass. civ., sez. III, 13/11/2020, n. 25677).

In altre parole, questa azione è diretta non al semplice accertamento dell’inesistenza (o esistenza) dell’altrui diritto, ma al mutamento di uno stato di fatto mediante la demolizione di manufatti o costruzioni con la conseguenza che è necessario chiamare in causa tutti i comproprietari dei beni comuni interessati. La mancata integrazione del contraddittorio è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado.

Articolo di Giuseppe Bordolli, consulente legale condominialista 

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Immagine: iStock/fizkes

Giuseppe Bordolli

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