Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi

Analisi di un caso studio che interessa un viadotto in calcestruzzo armato a più campate, con travi in calcestruzzo precompresso. Tra le anomalie rilevate: corrosione avanzata delle armature lente, delle armature tese e degrado della pasta cementizia

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Negli ultimi anni un’ampia azione di recupero si è potuta realizzare grazie alla convenzione tra ANAS e MIT con l’attuazione del “Programma di manutenzione straordinaria di ponti, gallerie e interventi mirati alla sicurezza del piano viabile” previsto dalla Legge di stabilità 2014. L’attuazione del programma ha comportato nel 2016 una spesa complessiva da parte di ANAS di oltre 600 milioni di euro per opere di manutenzione.

Ad oggi la situazione del patrimonio infrastrutturale italiano presenta grosse incertezze legate non solo alla indisponibilità delle risorse economiche da destinarsi alla pianificazione delle manutenzioni, ma soprattutto all’assenza di un censimento dell’intera rete viaria le cui competenze si distribuiscono tra comuni, province, regioni e solo per piccola parte tra Autostrade e ANAS.

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Per fornire un dato che chiarisce la dimensione del problema si pensi che in Italia si stimano circa un milione e mezzo di ponti. Mediamente, ogni anno, oltre una quindicina di questi sono interessati da fenomeni di crollo. Molti, fortunatamente, senza destare alcun clamore perché non producono vittime.

L’intervento di recupero delle trave descritto di seguito, ed estratto dal volume Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate di Matteo Felitti e Lucia Rosaria Mecca, rientra nell’ambito delle opere previste dalla cosiddetta legge Sblocca Italia (d.l. n. 133 del 12 settembre 2014).

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Studio di diagnosi

Nel 2014, sul viadotto costruito tra gli anni ’60 e i primi anni ’70, è stata svolta una campagna di indagine per la redazione della mappa del danno. Il viadotto ha una lunghezza complessiva di circa 200 m e si compone di 4 campate realizzate su pile rettangolari della massima altezza di 35,00 m. Le travi che compongono l’impalcato sono a doppio T in calcestruzzo armato precompresso a cavi post tesi.

Lo studio diagnostico è consistito in un preliminare esame visivo dello stato di conservazione dell’opera che ha messo in risalto la disomogeneità dell’aggregato e lo scarso copriferro. A questo sono seguiti:

  • prelievi di carote dal corpo di trave e prove pull out per la determinazione della resistenza meccanica del calcestruzzo in opera;
  • test colorimetrici alla fenoftaleina per stabilire i livelli di carbonatazione;
  • rilievi endoscopici per analisi delle microcavità nei getti ed all’interno delle guaine;
  • rilievi pacometrici finalizzati alla determinazione del numero e dei diametri delle armature;
  • rilievi con radar per le strutture per la determinazione del numero e del tracciato dei cavi di tirantatura;
  • endoscopie per ispezione dello stato di conservazione dei cavi.
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Foto 1_Prove pull out per la determinazione delle resistenze medie del calcestruzzo costituente le solette. La determinazione è necessaria per valutare l’adeguatezza del calcestruzzo delle solette al fissaggio del ponteggio sospeso. Non si trascuri, infatti, per gli interventi sui viadotti, l’importanza delle opere provvisionali: queste sono sottoposte ad azioni importanti, sostengono i carichi di gran parte dello stoccaggio provvisorio e la loro messa in opera richiede un sapiente coordinamento della sicurezza in corso d’opera ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi Foto 2
Foto 2_Una fase del prelievo di carota dalla trave: l’operatore è posizionato su by bridge ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi Foto 3
Foto 3_Importante degrado delle armature lente, delle guaine di protezione dei cavi, delle armature tese e del calcestruzzo. È evidente come l’azione dell’acqua proveniente dall’impalcato abbia contribuito notevolmente ad accelerare il degrado della struttura (L. R. Mecca, F. Vento, G. Pianpiano) ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore

I risultati delle indagini e delle prove sperimentali condotte hanno evidenziato un’ampia serie di problematiche dovute a:

  • invecchiamento del manufatto;
  • materiale non adatto alla “esposizione” dell’opera;
  • impiego di tecniche costruttive potenzialmente problematiche (cavi post tesi, scarso copriferro);
  • inadeguata impermeabilizzazione.

Le prove di schiacciamento sui provini cilindrici hanno invece restituito una buona resistenza del calcestruzzo in opera.

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Descrizione dell’intervento

Conclusa l’analisi critica dei risultati di indagine si è convenuto che il fenomeno che desta maggiori preoccupazioni è il degrado molto avanzato dei cavi di tesatura, alcuni dei quali completamente corrosi. Al fine di recuperare la conseguente riduzione della pretensione è stato previsto l’inserimento di cavi esterni ai quali affidare l’aliquota di precompressione rilasciatasi nel tempo.

Per poter operare l’intervento di posa in opera dei cavi e l’esecuzione della messa in tiro è stato necessario realizzare un ripristino preliminare degli ammaloramenti diffusi, oltre ad opportune opere di rinforzo per adeguare le travi e renderle adatte ad accogliere le azioni trasferite dalla precompressione aggiuntiva.

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Recupero travi: prima fase

Il recupero delle travi si è suddiviso perciò in due principali fasi di intervento. La prima, di riparazione, ha previsto:

a) scarifica corticale del calcestruzzo degradato e rimozione di tutte le parti non adese;
b) trattamento delle armature con spazzole di acciaio per rimozione della ruggine e ravvivatura fino a metallo bianco;
c) passivazione delle armature ed eventuale ripristino delle sezioni originarie dei ferri mediante aggiunta di armatura lenta opportunamente inghisata;
d) ripristino delle sezioni resistenti delle travi mediante ricostruzione degli spessori in calcestruzzo.

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Foto 4_Eseguita la spazzolatura delle armature per l’eliminazione dei residui di ruggine (punto b) viene effettuato il trattamento delle stesse con passivante (punto c); in figura si nota la messa a nudo dei cavi del primo registro ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
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Foto 5_Dove necessita viene inserita armatura aggiuntiva opportunamente solidarizzata agli elementi esistenti con resine per inghisaggio dei ferri (punto d) (A. Rilievi, F. Vento, G. Pianpiano, Fip Chemicals) ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
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Foto 6_Provini per prove di laboratorio ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi Foto 7
Foto 7_Ricostruzione parti ammalorate ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore

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Recupero travi: seconda fase

La seconda fase, relativa alla messa in tiro delle travi tramite precompressione esterna, ha compreso:

a) ancoraggio dei cavi alla trave mediante opportune selle attaccate a carter situati rispettivamente in corrispondenza dei traversi di campata e mediante cuffie per le testate di ancoraggio situati alla testata della trave stessa o in soletta;
b) posa in opera su ogni trave di cavi esterni in acciaio armonico costituiti da 7 trefoli viplati compatti tipo S.L.M.;
c) applicazione sulla superficie delle travi di un apposito rivestimento protettivo costituito da resina metacrilica in solvente.

Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi Foto 8
Foto 8_Fase iniziale del posizionamento del carter di testata ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
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Foto 9_Fase finale del posizionamento del carter di testata ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi Foto 10
Foto 10_Fase finale della solidarizzazione del carter in mezzeria ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore
Patologie e diagnostica delle strutture. Le fasi del progetto per il recupero di travi da ponte a cavi post tesi Foto 11
Foto 11_Completamento delle fasi di intervento ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore

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Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate

Il problema del degrado delle strutture ed infrastrutture in calcestruzzo armato in Italia ha assunto negli ultimi anni il carattere di vera emergenza. Il manuale tratta vari casi di interventi sulle strutture esistenti in calcestruzzo armato ponendosi quale ideale complemento del testo sul Degrado delle Strutture in Calcestruzzo Armato curato da Felitti e Mecca.L’opera, illustrando alcuni interventi realizzati dagli stessi Autori nello loro ultraventennale attività professionale, offre suggerimenti e spunti di approccio ai problemi che il progettista ed il costruttore si trovano più comunemente ad affrontare. Per tutti i casi studio il testo accenna all’esigenza “storica” (in funzione del dettato normativo)che influenza la capacità e l’accuratezza delle analisi sul comportamento del calcestruzzo armato, che nel tempo hanno visto il modificarsi sia delle tecniche di rilievo del danno e sia delle modalità di intervento. Allo stesso modo si sono modificati gli obiettivi progettuali passando dagli approcci prescrittivi a quelli prestazionali.Vengono esaminati, con dovizia di immagini e schemi commentati, casi che riguardano interi sistemi strutturali e interventi locali (travi, pilastri, fondazioni, ecc.).Matteo Felitti Titolare dello studio tecnico ENGINEERING & CONCRETE CONSULTING, si occupa principalmente di calcolo strutturale, dissesti statici nelle costruzioni esistenti, degrado dei materiali e risoluzione contestazioni in collaborazione con lo Studio Legale dell’Avv. Paola Tucci. Svolge, inoltre, attività di consulenza tecnologica presso importanti Aziende che operano nel settore della prefabbricazione e della fornitura di calcestruzzi prestazionali. Docente Esterno di “Calcolo Automatico delle Strutture” presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II (Titolare Cattedra: Prof. Francesco Marotti de Sciarra). Certificato Livello 2 per i metodi PND: ES-MG-MO-PC-SC-UT-VT. Certificato Livello 3 per i metodi PND: TT. Settore: Ingegneria Civile, Beni Culturali e Architettonici. Autore di testi e pubblicazioni per collane e riviste di settore. Lucia Rosaria Mecca Ingegnere strutturista, titolare dello studio MECCAINGEGNERIA nel quale si occupa prevalentemente di progettazione e direzione lavori di opere ed infrastrutture realizzate in ambito civile ed industriale. Svolge attività di consulenza negli ambiti dell’ingegneria geotecnica e strutturale per Professionisti, importanti Società ed Aziende operanti in ambito nazionale ed internazionale. È direttore tecnico e socio titolare della Geomonitor srl, società di Ingegneria specializzata nel settore delle prove, dei monitoraggi e dei controlli non distruttivi, per i quali possiede la qualifica di Esperto. Autrice di testi e pubblicazioni per collane e riviste di settore.

Matteo Felitti, Lucia Rosaria Mecca | 2019 Maggioli Editore

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Foto di copertina: Cavo di tesatura che oltre ad essere scoperto per mancata vibrazione del calcestruzzo risulta non iniettato e dunque privo di uno strato di protezione alla corrosione delle armature tese. Facendo leva con una punta di scalpello sui fili messi in vista da un taglio realizzato sulla lamiera, è stato possibile muoverli. La mobilità degli stessi è la conferma che sono privi di un tiro efficace dovuto alla corrosione avanzata in diversi punti della trave ©Tecniche di diagnosi, riparazione e miglioramento di strutture in calcestruzzo armato degradate – Maggioli Editore

Redazione Tecnica

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