Data realizzazione immobile, onere probatorio: regola generale ed eccezione

Mario Petrulli 15/02/23
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Grazie a una recente sentenza, affrontiamo nuovamente il tema dell’onere probatorio relativo alla data di realizzazione di un immobile e vediamo qual è regola generale e un’eccezione.

Nella recente sent. 30 gennaio 2023, n. 695, il TAR Campania, Napoli, sez. IV, è stato ribadito l’orientamento consolidato secondo cui grava esclusivamente sul privato l’onere della prova relativa all’epoca di realizzazione dell’opera, al fine di escludere la necessità del previo rilascio del titolo edilizio[1]. La regola discende dall’art. 2697 c.c. e, nel processo amministrativo, dagli artt. 63, c. 1, e 64, c. 1, cod. proc. amm., in forza dei quali spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità[2].

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La pronuncia presenta, però, una peculiarità: i giudici, infatti, hanno ricordato che il suddetto orientamento ammette un temperamento secondo ragionevolezza nei casi in cui, da un lato, il privato fornisca, a comprova della data di realizzazione del manufatto, elementi non implausibili (aerofotogrammetrie o dichiarazioni sostitutive) e, dall’altro, l’Amministrazione fornisca, a sua volta, elementi incerti a comprova di una diversa epoca di realizzazione[3].

Nel caso specifico, un proprietario aveva presentato una CILA per la realizzazione di alcuni interventi su un immobile risalente; nonostante la relazione asseverata presentata ed un’aerofoto di circa un secolo prima che testimoniavano l’esistenza da lunghissimo tempo dell’immobile, l’ufficio tecnico adottava una comunicazione di inefficacia della CILA. I giudici hanno dato ragione al proprietario, stigmatizzando la decisione dell’ufficio tecnico che, nonostante l’esistenza di un elemento probatorio rilevante (aerofoto datata 1929), aveva adottato un provvedimento negativo nei confronti del titolare, senza mettere in dubbio l’autenticità dell’aerofoto né fornendo elementi atti di dimostrare la più recente costruzione dell’immobile, dimostrando l’assenza di un’adeguata istruttoria propedeutica all’adozione del provvedimento.

In sostanza, la deduzione della parte privata di concreti elementi di fatto relativi all’epoca dell’abuso trasferisce l’onere della prova contraria in capo all’amministrazione.

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Un ulteriore caso concreto similare è stato oggetto della sent. 8 giugno 2020, n. 194, del TAR Lazio, Latina. L’interessato, a sostegno della propria tesi secondo cui l’edificio oggetto della controversia era stato realizzato prima del 1° settembre 1967 (data di introduzione dell’obbligo generalizzato della concessione edilizia >> ne abbiamo parlato nell’articolo Conformità edilizia immobili ante 1967: ok alla legittimità anche senza documentazione), aveva presentato in giudizio:

  • progetti riguardanti gli edifici insistenti sul terreno di sua proprietà, due dei quali non citati dall’amministrazione civica nel provvedimento di demolizione;
  • dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà che fissano al giugno 1966 la data di ultimazione dei manufatti de quibus e che forniscono anche elementi in ordine ai materiali all’epoca utilizzati per realizzarli ed all’uso cui erano stati adibiti;
  • una comunicazione di inizio lavori;
  • una consulenza tecnica di parte redatta da un professionista abilitato, la quale conclude nel senso che l’edificio, pur mostrando segni di ristrutturazione successivi all’impianto originario, evidenzia un periodo di realizzazione compatibile con l’epoca antecedente al 1° settembre 1967.

Secondo i giudici, tali elementi provano un’obiettiva situazione di incertezza in merito all’epoca di costruzione dei manufatti contestati, in presenza della quale l’Amministrazione, prima di ingiungere il ripristino dello stato dei luoghi, avrebbe dovuto espletare più puntuali ed approfonditi accertamenti, in assenza dei quali si profilano un difetto di istruttoria e un vizio motivazione[4].

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Infatti, il mancato riferimento alla data di realizzazione degli abusi rifluisce nell’omissione di un “dato che incide in modo rilevante sotto il profilo della normativa applicabile e, quindi, della categoria edilizia nell’ambito della quale devono essere sussunte le opere contestate. Si consideri, al riguardo, che, fermo restando il principio, […] secondo il quale l’onere di provare l’effettiva data di realizzazione delle opere normalmente incombe sul privato che intende applicare la normativa vigente nel tempo a sé più favorevole, occorre considerare che il Comune deve chiarire, nel provvedimento con il quale qualifica l’abuso, la data degli interventi contestati, oppure, anche sotto il profilo temporale, la specifica normativa che intende applicare[5].

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

Consigliamo

 

[1] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 14 ottobre 2022, n. 8778; sent. 22 giugno 2022, n. 5132; sez. VI, 24 maggio 2022, n. 4115.

[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 maggio 2022, n. 4115; sez. II, sent. 5 febbraio 2021, n. 1109; sez. VI, sent. 2 luglio 2020, n. 4267; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 19 ottobre 2020, n. 1472; Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 19 ottobre 2018, n. 5984.

[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 23 giugno 2016, n. 3177.

[4] TAR Liguria, sez. I, sent. 5 giugno 2017, n. 494; in termini sostanzialmente conformi cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. IV, sent. 7 febbraio 2013, n. 373.

[5] TAR Liguria, sez. I, sent. 29 maggio 2019, n. 497.

Immagine: iStock/sommart

Mario Petrulli

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