Data di realizzazione immobile, due recenti sentenze sull’onere della prova

L’argomento relativo all’onere della prova della data di realizzazione di un immobile è spesso motivo di contenzioso fra il proprietario di un immobile e l’ufficio tecnico comunale, soprattutto dinanzi a istanze di condono. Vediamo due recenti sentenze

Mario Petrulli 27/12/22
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L’argomento relativo all’onere della prova della data di realizzazione di un immobile è spesso motivo di contenzioso fra il proprietario di un immobile e l’ufficio tecnico comunale e, conseguentemente, oggetto di attenzione da parte della giurisprudenza, soprattutto dinanzi a istanze di condono, laddove sia necessario dimostrare di aver concluso i lavori entro una certa data o nei casi in cui si vuole dimostrare la preesistenza di un immobile rispetto all’introduzione dell’obbligo generalizzato della concessione edilizia (oggi, permesso di costruire), avvenuta nel 1967 (>> ne abbiamo parlato nell’articolo Conformità edilizia immobili ante 1967: ok alla legittimità anche senza documentazione).

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Il TAR Campania, Napoli, sez. VII, nella sent. 14 dicembre 2022, n. 7802, ha ribadito l’univoca giurisprudenza[1] secondo cui l’onere di provare la data di realizzazione dell’abuso al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per il condono grava su chi lo ha richiesto, atteso che solo il privato può fornire, in quanto ordinariamente ne dispone, inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’epoca di realizzazione del manufatto; mentre l’Amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all’interno del suo territorio.

Nel caso specifico è stato anche confermato che non ha efficacia probatoria, a tal fine, la dichiarazione sostitutiva allegata all’istanza di condono, la quale, per pacifica giurisprudenza, deve essere supportata da ulteriori riscontri altamente probanti e inconfutabili[2]; ed invero, secondo pacifica giurisprudenza, il valore probatorio delle dichiarazioni sostitutive è particolarmente tenue, se non nullo, in quanto non suscettibili di essere verificate[3].

Il TAR Umbria, sez. I, nella sent. 14 dicembre 2022, n. 940, ha parimenti ribadito che grava esclusivamente sul privato l’onere della prova relativa all’epoca di realizzazione dell’opera al fine di escludere la necessità del previo rilascio del titolo edilizio per essere stata la stessa realizzata secondo quanto previsto dall’art. 31 della legge n. 1150/1942, ossia prima della novella introdotta dall’art. 10 della c.d. legge ponte n. 765/1967[4]. La regola discende dall’art. 2697 c.c. e, nel processo amministrativo, dagli artt. 63, c. 1, e 64, c. 1, cod. proc. amm., in forza dei quali spetta al ricorrente l’onere della prova in ordine a circostanze che rientrano nella sua disponibilità[5].

La prova in questione può essere data anche per presunzioni, a condizione che esse siano precise gravi e concordanti[6].

Leggi anche Edificio ante 1967 ma successivo al 1861: senza licenza edilizia è legittimo?

Nel caso specifico, i giudici perugini hanno ritenuto insufficiente allo scopo di dimostrare la preesistenza dell’immobile rispetto al 1967 (come accennato, anno di entrata in vigore dell’obbligo generalizzato di concessione edilizia):

  • il contenuto di un contratto di compravendita immobiliare del 1982, ossia successivo al 1967;
  • una foto aerea di scarsa qualità, tanto da risultare impossibile distinguere la presenza nell’area fotografata di opere dell’uomo, e della quale, comunque, non era possibile attribuire data certa;
  • alcune dichiarazioni sostitutive di atto notorio, le quali sono state considerate quali meri indizi, da sole insufficienti a dare dimostrazione dell’epoca di effettiva realizzazione dei manufatti[7], dovendo essere corroborata da altri documenti o elementi di corredo (come foto aeree, documenti catastali, atti notarili, contratti di locazione registrati, fotografie con data certa, ecc.).

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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[1] Ex multis, TAR Campania, Napoli, sez. IV, sent. 19 ottobre 2016, n. 4774; sez. II, sent. 27 novembre 2014, n. 6118; TAR Lazio, Latina, sez. I, sent. 15 giugno 2016, n. 391; Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 6 agosto 2014, n. 4208 e sent. 7 luglio 2014, n. 3414.

[2] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. n. 903/2019; sez. II, sent. n. 343/2020.

[3] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 21 aprile 2021, n. 3214; sez.VI, sent. n. 7543/2021.

[4] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 14 ottobre 2022, n. 8778; sent. 22 giugno 2022, n. 5132; sez. VI, sent. 24 maggio 2022, n. 4115.

[5] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 24 maggio 2022, n. 4115; sent. 2 luglio 2020, n. 4267; sent. 19 ottobre 2018, n. 5984; sez. II, sent. 5 febbraio 2021, n. 1109; TAR Campania, Salerno, sez. II, sent. 19 ottobre 2020, n. 1472.

[6] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 27 gennaio 2022, n. 570.

[7] Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 13 gennaio 2020, n. 302.

Immagine: iStock/Sezeryadigar

Mario Petrulli

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