Qualità dell’aria nelle scuole. Ventiliamo soltanto?

Esistono due importanti argomenti da valutare prima di intervenire sul miglioramento dell’aria di un qualsiasi luogo, aspetti da utilizzare come guida per il posizionamento/dimensionamento impiantistico. Ecco quali sono

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(di L. Busa) Il drammatico periodo vissuto (e subìto) dalla comunità internazionale a partire dal 2020 fino a tutto il 2021 ed oltre, causato dalla diffusione pressoché ubiquitaria del Covid-19, ha posto in prima battuta l’attenzione verso le possibili immediate soluzioni d’emergenza (guanti, mascherine, distanziamento, igienizzanti, ecc.) capaci di tamponare provvisoriamente le diverse ondate di contagio velocemente susseguitesi.

Soluzioni di questo tipo si sono rivelate utili ed efficaci, soprattutto nell’attesa di protocolli più strutturati, adatti ad orizzonti temporali più lunghi e focalizzati sul miglioramento dei contesti ambientali piuttosto che sul prolungato uso dei DPI (Dispositivi di Protezione Individuale).

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Con il passare del tempo si assiste ad un’evoluzione di pensiero che sta spostando l’attenzione verso principi di prevenzione primaria piuttosto che di cura, soprattutto contestualizzati negli edifici scolastici, dove le nostre future generazioni hanno maggiormente faticato nel contrasto alla subdola patologia.

Si tende ultimamente ad introdurre nelle scuole nuovi sistemi di VMC (Ventilazione Meccanica Controllata) per il ricambio costante e programmato dell’aria interna ed innovative metodologie di purificazione della stessa basate su avanzate tecnologie come ad esempio la fotocatalisi o la ionizzazione a plasma non termico. Quello che ancora non si fa è di comprendere appieno la materia dell’IAQ (Indoor Air Quality), inserendo ogni soluzione o sistema d’intervento all’interno di un concetto interpretativo più ampio che tenga conto:

  • della conoscenza dei luoghi,
  • dell’effettivo grado inquinante e
  • dei periodi espositivi.

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Scuole e salubrità effettiva dei luoghi

Dall’esperienza fatta ormai in diversi complessi scolastici, cominciata ben prima dell’avvento del Covid-19, abbiamo notato come non sia sufficiente applicare soluzioni impiantistiche standardizzandone il dimensionamento secondo le normative in vigore, come ad esempio la UNI 10339 che tabella i ricambi d’aria necessari in funzione di prestabiliti indici di affollamento, ma diventa necessario valutare in maniera costante e dinamica la relazione sinergica tra occupanti ed edificio nella costituzione dei diversi scenari inquinati che si sviluppano all’interno di ogni singolo ambiente; questo approccio diagnostico è propedeutico all’estrapolazione di precise fasce di taratura per i flussi di ricambio d’aria di volta in volta necessari a garantire l’effettiva salubrità dei luoghi.

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Tale valutazione non può avvenire unicamente in funzione dei parametri termo-igrometrici e/o di CO2 (Anidride Carbonica) caratterizzanti un ambiente confinato ma deve comprendere precisamente anche inquinanti come:

  • VOC,
  • polveri sottili,
  • batteri,
  • muffe e virus.

Esistono dunque due importanti argomenti, oltre alla rispondenza normativa, da valutare prima di intervenire sul miglioramento dell’aria di un qualsiasi luogo, aspetti da utilizzare come guida per il posizionamento/dimensionamento impiantistico del futuro progetto implementativo:

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  1. lo studio del comportamento fluidodinamico di un ambiente nei diversi momenti della giornata determina la possibilità di evitare e/o mitigare possibili sacche di “stagnazione” nelle quali, ad esempio, i benefici effetti di una VMC in progetto non verrebbero trasferiti all’ambiente ma cortocircuitati, magari in corrispondenza delle bocchette esterne e/o in prossimità di alcuni punti, interni all’edificio, dove potrebbero palesarsi anomale concentrazioni inquinanti;
  2. l’analisi dinamica delle caratteristiche inquinanti di un luogo, riferita ai singoli patogeni e descritta nella sua variabile temporale, determina ad esempio la possibilità di programmare il funzionamento di una VMC in relazione ai diversi carichi previsti a seconda di determinate fasce orarie (accesso all’aula, igienizzazione mani, ricreazione, uscita dall’aula); diventa deleterio affidare l’operazione ad un sistema domotico istantaneo in quanto il funzionamento di una VMC verrebbe vincolato a variabili sensoristiche non sempre controllabili e/o interpretabili, molto meglio settare la macchina su comportamenti statistici della struttura.

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Screening degli inquinanti in tempo reale

Approcci sistematici come quelli appena descritti sono possibili solo attraverso un contemporaneo screening degli ambienti da eseguire con datalogger multi-sensore capaci di misurare in tempo reale (ogni 5 minuti) le principali caratteristiche di un luogo confinato e di trasferire questi dati all’interno di un data-base di settaggio macchine; datalogger di questo tipo possono evidenziare ad esempio come una VMC, pur correttamente dimensionata su previsione di carichi costanti, possa mantenere livelli di temperatura, umidità e CO2 perfettamente sotto controllo ma non sia in grado di assorbire probabili picchi improvvisi, ad esempio di VOC, polveri o formaldeide.

Per lo stesso motivo diventa importante porsi un quesito, ovvero:

  • Cambiare l’aria attraverso un sistema di VMC è sufficiente a mantenere alto il livello di salubrità di un luogo?
  • È cioè sufficiente a ridurre in maniera significativa la probabilità di contagio da Covid-19?
  • È sufficiente a sviluppare un principio di prevenzione primaria nei confronti di patologie allergiche e/o asmatiche?
  • È sufficiente a garantire l’assenza di sostanze tossiche sensibilizzanti?

La risposta a tali domande non è di semplice risoluzione ma senz’altro, affrontando ogni situazione con il giusto approccio diagnostico (misurazione preventiva dell’aria sul campo) è possibile, a seconda dei casi, trovare soluzioni ad ogni problematica eventualmente riscontrata; è possibile per esempio inserire delle batterie di post trattamento all’interno delle VMC da installare: per la riduzione delle sostanze chimiche presenti (filtri ai carboni attivi) o per l’eliminazione di agenti patogeni micro e nano biologici come funghi, muffe, batteri e virus (sistemi di fotocatalisi o sistemi ionizzazione a plasma freddo).

Differenziare gli interventi attraverso diverse tecnologie tarate sull’effettivo rilievo dei luoghi d’intervento, sulle sue reali caratteristiche fluidodinamiche e sui corretti indici di affollamento, permette con certezza di conseguire un livello di salubrità multi-parametrica certificata e replicabile attraverso protocolli d’intervento mirati.

L’articolo è dell’architetto Leopoldo Busa, progettista e consulente energetico, Direttore tecnico di Biosafe, Certificazione di Salubrità ambientale, dopo avere conseguito il Master di II Livello “CasaClima” presso la Libera Università di Bolzano, si specializza nella salubrità degli ambienti interni affiancando alle sue conoscenze accademiche una particolare attenzione verso i principi di prevenzione ambientale.

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Foto:iStock.com/Ziga Plahutar

Redazione Tecnica

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