L’altezza degli edifici, un fronte aperto di problematicità varie

Su questo parametro, il legislatore nazionale dovrà trovare maggior coraggio per apportare gli auspicati chiarimenti sull’importante tema dell’altezza (esterna) degli edifici

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Recentemente, la giurisprudenza ha avuto modo di esprimersi in più occasioni sul tema delle altezze lasciando però irrisolte vecchie problematiche e non dando risposta a quelle nuove.

Su questa questione, sono andati nel dettaglio Romolo Balasso e Pierfrancesco Zen, autori di questo articolo estratto dal volume Il regime delle distanze in edilizia , edito da Maggioli Editore.

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A tal proposito, significative ci paiono alcune pronunce del Tribunale amministrativo (cfr. Tar Veneto nn. 1254/2020 e 1255/2020) o del Consiglio di Stato (cfr. sez. VI, n. 2712/2021 o – meno recentemente ma a titolo meramente esemplificativo – sez. IV, n. 5732/2013). Dalla loro lettura, appare un’equazione, data per scontata, tra l’inderogabilità delle norme sulle distanze (con tutti i distinguo e i limiti che questa materia richiede) e quella sulle altezze il cui regime sembra del tutto equiparabile, e di fatto equiparato, secondo la giustizia amministrativa.

La realtà normativa non è però evidentemente allineata ed, infatti, molte legislazioni regionali, sotto la spinta della normativa sul consumo del suolo, testimoniano lo sforzo di considerare la non vincolatività del d.m. 1444/1968 almeno in materia di altezza.

Anche dalla lettura dei fondamentali artt. 8 e 9 del decreto sopra citato si evince che l’altezza non è un elemento paragonabile alle distanze quanto, piuttosto, un parametro per determinare le distanze stesse, almeno con riferimento a quelle “esterne” (per quelle interne si rinvia, invece, alla lettura delle recenti pronunce della Corte Costituzionale n. 54/2020 e n. 124/2021). Di ciò sembra prenderne atto lo stesso legislatore nazionale che recentemente ha modificato il d.P.R. 380/2001 proprio con l’art. 2-bis laddove ha attribuito alle Regioni la facoltà di “prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444”.

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Il carattere inderogabile sta cedendo?

Sulla base di questa presa di coscienza del legislatore nazionale anche quello regionale, come si diceva, ha dato delle significative aperture sull’argomento sintomatiche di un disagio crescente. A titolo esemplificativo, si riporta la norma sul Piano casa, nella sua ultima versione (l.r. 32/2013) della regione Veneto che così recita:

“Al fine di consentire il riordino e la rigenerazione del tessuto edilizio urbano già consolidato ed in coerenza con l’obiettivo prioritario di ridurre o annullare il consumo di suolo, anche mediante la creazione di nuovi spazi liberi, in attuazione dell’articolo 2-bis del d.P.R. n. 380/2001 gli ampliamenti e le ricostruzioni di edifici esistenti situati nelle zone territoriali
omogenee di tipo B e C, realizzati ai sensi della presente legge, sono consentiti anche in deroga alle disposizioni in materia di altezze previste dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e successive modificazioni, sino ad un massimo del 40 per cento dell’altezza dell’edificio esistente (a tal fine si ricorda che la stessa regione ha recepito la suddetta normativa – nata con carattere derogatorio e provvisorio – anche nel recente testo normativo della legge regionale n. 14 del 4 aprile 2019, nota come legge Veneto 2050, facendo così cessare il carattere temporalmente determinato della disciplina dello stesso Piano casa).

Su questa discrasia è stata coinvolta anche la Corte Costituzionale che ha avuto modo di affrontare l’argomento con alcune pronunce: la n. 30/2020 e, indirettamente, le già citate nn. 54/2020 e 124/2021. Il giudice delle leggi non ha evidentemente avuto il coraggio di esprimersi in modo chiaro sul tema dell’inderogabilità delle altezze esterne (come detto, per quelle interne si è già trattato in precedenza) dichiarando inammissibile proprio il quesito che il Consiglio di Stato, sez. VI, aveva sollevato con apposita ordinanza (n. 1431 di rimessione e n. 94 del 1° marzo 2019 di ricezione).

Tuttavia, riconoscendo la legittimità costituzionale della legge regionale del Veneto sul Piano casa che si è espressa, sia pur indirettamente, in materia di altezze (l’art. 8 del Piano casa-ter della suddetta legge, infatti, non è stato dichiarato incostituzionale), sembrerebbe proprio che il carattere inderogabile stia cedendo. Difficile pensare ad una dimenticanza o a un difetto di analisi del giudice delle leggi.

Se non che, come inizialmente si evidenziava, permangono pronunce, sia dei giudici di merito sia del Consiglio di Stato, che, interpretando in modo restrittivo gli interventi legislativi, antepongono tutti i limiti del d.m. 1444/1968 anche in materia di altezza.

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Proprio il Consiglio di Stato, sez. VI, con la recente pronuncia già menzionata 2712/2021 (peraltro conseguente al pronunciamento della Corte Costituzionale sopra richiamato n. 30/2020), ha riaperto diverse problematiche sull’argomento.

Tali disagi si rinvengono anche nella più recente sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, n. 6193 del 2 settembre 2021 la quale, pur escludendo la validità del regolamento comunale che norma in modo differente dall’epico decreto più volte citato il concetto di edifici “preesistenti e circostanti”, ha altresì affermato che “la norma è stata emanata in attuazione dell’articolo 2-bis del testo unico 380/2001, che in generale consente alle regioni stesse di emanare disposizioni derogatorie al d.m. 1444/1968, senza particolari limiti.

La norma cui fa riferimento è l’articolo 8 della legge regionale 4/2015 non esprimendosi invece sul più interessante tema dell’altezza rispetto al Piano casa (articolo 9, comma 8-bis della legge regionale 32/2013) che pure era stato sollevato. La circostanza più strana è che viene ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale invocata “perché la norma nazionale ha inteso conferire al legislatore regionale una discrezionalità molto ampia: gli esiti potrebbero essere contrari a Costituzione solo in casi di manifesto arbitrio, che nella fattispecie non è ravvisabile”.

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Non c’è chi non veda in un siffatto pronunciamento un’arbitrarietà difficilmente controllabile ed accettabile soprattutto quando è notorio che sull’argomento, fino ad oggi, lo stesso Consiglio di Stato non ha riconosciuto possibilità derogatorie, se non nei limiti di strumenti urbanistici attuativi.

La partita è tutt’altro che chiusa e, proprio per la necessità di contenere il consumo del suolo, l’unica variabile costruttiva che sostanzialmente non pone problemi di salute ed igienico-sanitari (salvo quelli interni già preservati dalla normativa speciale) è proprio quella dell’altezza.

Su questo parametro, anche il legislatore nazionale dovrà trovare maggior coraggio per apportare gli auspicati chiarimenti sull’importante tema dell’altezza (esterna) degli edifici.

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Il regime delle distanze in edilizia

Questa nuova (e ottava) edizione conferma e mantiene l’impianto e l’impostazione operativa che ne hanno decretato il grande successo presso i lettori e si caratterizza rispetto alle precedenti versioni per un notevole arricchimento giurisprudenziale e per gli approfondimenti su temi sempre più rilevanti che, inevitabilmente, incidono in maniera significativa sul regime delle distanze (si pensi alla materia delle tolleranze, delle altezze, del Regolamento Edilizio Tipo ecc.). Grande attenzione è stata posta per l’analisi e l’interpretazione delle numerose e importanti novità normative recentemente introdotte nel nostro ordinamento, specie con i “Decreti Semplificazione” ed in particolare con il decreto n. 76/2020 convertito nella legge 120/2020. Anche in conseguenza di ciò si è reso necessario provvedere ad una revisione sistematica del capitolo relativo alle deroghe in materia di distanze. L’eterogeneità degli argomenti non ha impedito di mantenere un fil rouge che li collega tutti sotto l’egida dell’edilizia e del diritto che la regolamenta, per fornire al tecnico e al giurista uno strumento di consultazione agile, completo ed esauriente per tutti gli aspetti relativi al regime delle distanze nelle costruzioni. Romolo Balasso Architetto libero professionista che ha orientato la propria attività professionale nell’ambito tecnicogiuridico. Consulente, formatore e relatore in diversi incontri su tutto il territorio nazionale, è stato promotore e fondatore del centro studi Tecnojus, dove ricopre la carica di presidente, e per il quale cura i contenuti e i servizi oltre al sito web. Pierfrancesco Zen Avvocato del Foro di Padova, appartenente all’Associazione Avvocati Amministrativisti del Veneto e cofondatore del Centro Studi Tecnojus. Autore di diverse pubblicazioni letterarie e giuridiche, quest’ultime specie in materia di Diritto amministrativo e civile.

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Foto:iStock.com/Andrii Yalanskyi

Redazione Tecnica

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