Decadenza permesso di costruire: recinzione, scavi e deposito attrezzi non bastano a evitarla

Recinzione dell’area, scavo per le fondazioni e deposito di attrezzi non sono sufficienti a concretizzare un effettivo inizio dei lavori e quindi non bastano a evitare la decadenza del permesso: breve nota a una recente sentenza

Mario Petrulli 02/08/22
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La recinzione dell’area, la collocazione di un prefabbricato per il deposito attrezzi e lo scavo propedeutico per il getto delle fondazioni non sono sufficienti a concretizzare un effettivo inizio dei lavori (e quindi ad evitare la decadenza del permesso di costruire): è quanto evidenziato dal TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 18 luglio 2022, n. 2045.

La pronuncia conferma l’orientamento secondo cui il concreto inizio dei lavori, utile ad escludere la decadenza del permesso di costruire, deve essere valutato in termini rigorosi, allo scopo di evidenziare l’effettiva volontà di realizzare il manufatto[1].

L’effettivo inizio dei lavori deve essere valutato non in via generale ed astratta, ma con specifico e puntuale riferimento all’entità e alle dimensioni dell’intervento edilizio così come programmato e autorizzato, e ciò al ben evidente scopo di evitare che il termine per l’avvio dell’edificazione possa essere eluso con ricorso a lavori fittizi e simbolici, e quindi non oggettivamente significativi di un effettivo intendimento del titolare della concessione stessa di procedere alla costruzione[2].

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Pertanto, l’inizio dei lavori idoneo ad impedire la decadenza del titolo edilizio non può ritenersi sussistente con il semplice sbancamento del terreno e la predisposizione degli strumenti e materiali da costruzione, ovvero l’inizio dei lavori non è configurabile per effetto della sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento e senza che sia manifestamente messa a punto l’organizzazione del cantiere o sussistendo altri indizi che dimostrino il reale proposito di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione; con la conseguenza che la declaratoria di decadenza del titolo edilizio per mancato inizio dei lavori entro il termine fissato è illegittima solo se siano stati eseguiti lo scavo ed il riempimento in conglomerato cementizio delle fondazioni perimetrali fino alla quota del piano di campagna entro il termine di legge o se lo sbancamento realizzato si estenda in un’area di vaste dimensioni[3].

Si assume, infatti, che, in base alla previsione normativa di cui all’art. 15, comma 2[4], del Testo Unico Edilizia (DPR n 380/2001), l’inizio lavori debba intendersi riferito a concreti lavori edilizi che possono desumersi dagli indizi rilevati sul posto; pertanto, i lavori debbono ritenersi iniziati quando consistano nel concentramento di mezzi e di uomini, cioè nell’impianto del cantiere, nell’innalzamento di elementi portanti, nella elevazione di muri e nella esecuzione di scavi preordinati al gettito delle fondazioni del costruendo edificio per evitare che il termine di decadenza del permesso possa essere eluso con ricorso ad interventi fittizi e simbolici[5].

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In un’ipotesi simile a quella esaminata dai giudici salernitani, è stato affermato che “L’inizio dei lavori idoneo ad impedire la decadenza del titolo edilizio non può ritenersi sussistente con il semplice sbancamento del terreno e la predisposizione degli strumenti e materiali da costruzione ovvero l’inizio dei lavori non è configurabile per effetto della sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento e senza che sia manifestamente messa a punto l’organizzazione del cantiere o sussistendo altri indizi che dimostrino il reale proposito di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione[6].

Parimenti, è stato affermato[7] che non sono indici di un reale inizio dei lavori di costruzione gli interventi di ripulitura del sito e approntamento del cantiere e dei materiali necessari per l’esecuzione dei lavori; lo sbancamento, il livellamento e la recinzione del terreno; la movimentazione di terra e gittata di uno strato di battuto di calcestruzzo a circoscrivere le fondamenta della costruzione a farsi; la realizzazione di taluni plinti di fondazione e dei relativi pilastri; l’allestimento del cantiere, l’esecuzione di movimenti di terra e la posa di un plinto; la recinzione del terreno con pali in cemento, la demolizione di una preesistente vecchia costruzione, la continuazione dello scavo di fondazione ed il getto di due plinti in cemento armato; la costruzione di un limitato tratto di fondazione.

Ne abbiamo parlato anche nell’articolo Per evitare decadenza permesso di costruire non sufficienti demolizione muri e contenziosi in atto

Laddove non sia riscontrato un effettivo inizio lavori, deve essere adottato il provvedimento di decadenza, da considerarsi a contenuto vincolato, di carattere ricognitivo di un effetto decadenziale, che si produce automaticamente in relazione al mero decorso del tempo[8].

Secondo la giurisprudenza, “La perdita di efficacia del titolo edilizio per mancato inizio o ultimazione dei lavori nei termini prescritti dall’art. 15, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, deve essere accertata e dichiarata con formale provvedimento del competente organo comunale all’esito di apposita istruttoria, anche ai fini del necessario contraddittorio con il privato circa l’esistenza dei presupposti di fatto e di diritto che legittimano la declaratoria di decadenza. Infatti, l’istituto della decadenza del permesso di costruire di cui alla citata disposizione, pur avendo natura dichiarativa e vincolata, presuppone, a garanzia degli interessi privati coinvolti, un atto di accertamento di un effetto legale che si riconnette al manifestarsi dei presupposti normativi, con la conseguenza che può ben affermarsi che l’operatività della decadenza postula sempre l’intermediazione provvedimentale, in assenza della quale il titolo edilizio dovrà continuare ad essere considerato assolutamente vigente (orientamento consolidato: cfr. per tutte Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 ottobre 2015 n. 4823; TAR Campania Napoli, Sez. III, 7 novembre 2019 n. 5289; TAR Campania Napoli, Sez. VIII, 8 maggio 2018 n. 3065)[9].

In collaborazione con www.studiolegalepetrulli.it

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[1] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 18 maggio 2012, n. 2915; sez. IV, sent. 15 aprile 2013, n. 2027.

[2] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 9 dicembre 2020, n. 7827.

[3] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 30 settembre 2013, n.4855; sez. V, sent. 15 luglio 2013, n. 3823.

[4]2. Il termine per l’inizio dei lavori non può essere superiore ad un anno dal rilascio del titolo; quello di ultimazione, entro il quale l’opera deve essere completata, non può superare tre anni dall’inizio dei lavori. Decorsi tali termini il permesso decade di diritto per la parte non eseguita, tranne che, anteriormente alla scadenza, venga richiesta una proroga. La proroga può essere accordata, con provvedimento motivato, per fatti sopravvenuti, estranei alla volontà del titolare del permesso, oppure in considerazione della mole dell’opera da realizzare, delle sue particolari caratteristiche tecnico-costruttive, o di difficoltà tecnico-esecutive emerse successivamente all’inizio dei lavori, ovvero quando si tratti di opere pubbliche il cui finanziamento sia previsto in più esercizi finanziari.

[5] Consiglio di Stato sez. II, sent. 21 ottobre 2021, n. 7067 e sent. 24 gennaio 2018, n. 467; sez. VI, sent. 19 settembre 2017, n. 4381.

[6] Consiglio di Stato, sez. II, sent. 9 dicembre 2020 n. 7827; cfr. anche TAR Liguria, sez. I, sent. 17 giugno 2020, n. 402, secondo cui “L’inizio dei lavori, pertanto, non è configurabile per effetto della sola esecuzione dei lavori di scavo di sbancamento e senza che sia manifestamente messa a punto l’organizzazione del cantiere e sussistendo altri indizi che dimostrino il reale proposito di proseguire i lavori sino alla loro ultimazione”.

[7] Cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II quater, sent. 8 gennaio 2020 n. 134 e la giurisprudenza ivi richiamata.

[8] Consiglio di Stato, sez. IV, sent. 20 dicembre 2013, n. 6151 e sent. 18 maggio 2012, n. 2915.

[9] TAR Campania, Napoli, sez. II, sent. 3 aprile 2020, n. 1322.

Immagine: iStock/jax10289

Mario Petrulli

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