Crisi energetica, stiamo entrando nell’era dell’idrogeno?

Il taglio delle forniture di gas, l’aumento del costo di combustibili fossili e delle materie prime, gli obiettivi fissati nell’ambito della lotta al cambiamento climatico, spingono la domanda di idrogeno, che rappresenterà l’elemento chiave nel percorso verso una transizione energetica pulita

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La crisi energetica spinge l’idrogeno: il taglio delle forniture di gas dalla Russia, l’aumento del costo di combustibili fossili e delle materie prime, oltre agli obiettivi fissati nell’ambito della lotta al cambiamento climatico, con la la progressiva decarbonizzazione dei sistemi energetici, stanno spingendo la domanda di idrogeno, che rappresenterà l’elemento chiave nel percorso verso una transizione energetica pulita e rinnovabile.

In Italia alcune big company hanno avviato i primi progetti e si stima che entro il 2050 l’idrogeno possa arrivare a coprire circa il 20% del fabbisogno energetico nazionale: “È una rivoluzione inevitabile che cambierà per sempre la domanda energetica nazionale: in Italia ci aspettiamo una crescita complessiva del 3000% già entro il 2025”, spiega Peter Werth, Chief Executive Officer di Wolftank Hydrogen (azienda parte del Gruppo Wolftank Adisa, che offre soluzioni tecnologiche per la fornitura e lo stoccaggio di idrogeno verde).

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Siamo nel mezzo di una fase cruciale che determinerà lo scenario energetico globale dei prossimi 30 anni. Tra le tante incertezze che agitano il settore in questo periodo emerge una realtà: siamo entrati nell’era dell’idrogeno. Grazie alla sua versatilità d’uso e facilità di trasporto e stoccaggio, l’idrogeno appare davvero come la soluzione per una transizione energetica pulita e rinnovabile.

Idrogeno, scenari futuri

Secondo il “Global Energy Perspective 2022” elaborato dalla società di ricerca internazionale McKinsey, la domanda energetica globale tenderà ad appiattirsi nei prossimi decenni crescendo solo del 14% entro il 2050. Nonostante la ripresa dell’economia internazionale post-pandemia, il fattore chiave sarà una maggiore efficienza energetica negli edifici residenziali, nei trasporti e nell’industria. Se, da una parte, la progressiva elettrificazione giocherà un ruolo fondamentale, sostituendo progressivamente i combustibili fossili, l’idrogeno rappresenta la componente energetica che crescerà maggiormente nei prossimi anni.

Lo studio segmenta in due parti lo sviluppo di questo mercato: entro il 2035 la domanda di idrogeno sarà appannaggio soprattutto della mobilità veicolare del trasporto su strada mentre, successivamente, si aprirà anche all’uso industriale, al riscaldamento degli edifici pubblici e privati, al trasporto marittimo e aeronautico con una percentuale di penetrazione complessiva intorno al 20% sulla domanda energetica europea e italiana.

Allo stato attuale il consumo di idrogeno in Italia è quasi interamente dedicato agli usi industriali nella raffinazione e nella chimica per la produzione dell’ammoniaca, ma lo scenario è destinato a cambiare molto velocemente.

“Ci sono diverse motivazioni che spingono questa inevitabile rivoluzione: la necessità di avere una fonte energetica rinnovabile, a zero emissioni di anidride carbonica e facile da trasportare, immagazzinare e distribuire in tutta Italia, dalle grandi città fino ai piccoli comuni di provincia. È arrivato il momento di avere coraggio e di investire sull’idrogeno”, continua Werth.

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Secondo il “Piano Nazionale di Sviluppo – Mobilità Idrogeno Italia” elaborato dall’Associazione italiana idrogeno e celle a combustione, entro il 2025 si prevedono in circolazione 27 mila autovetture alimentate a idrogeno (circa lo 0,1% del parco macchine italiane) per poi arrivare a quasi 300 mila nel 2030 e 8,5 milioni al 2050. Per sostenere questa domanda (a cui si aggiungono 1.110 autobus e circa 2.000 automezzi pesanti) sarà necessario realizzare entro il 2025 ben 197 stazioni di servizio che forniranno oltre 9.200 tonnellate di idrogeno l’anno.

“Attualmente sono presenti 6 stazioni di rifornimento di idrogeno in tutta Italia che stimiamo possano fornire circa 300 tonnellate all’anno – prosegue Werth – Visti questi numeri, stiamo parlando di una crescita del 3000% già entro il 2025: è una transizione inevitabile verso una fonte di energia praticamente inesauribile, che produce solo acqua quando viene bruciata e che può essere prodotta in diversi modi. Per tutto questo l’idrogeno è destinato a cambiare per sempre lo scenario energetico nazionale e coinvolgendo istituzioni, aziende e cittadini”.

Gli obiettivi già fissati

Il Governo ha posto come obiettivo una percentuale dell’idrogeno negli usi finali dell’energia del 2% entro il 2030 e circa del 20-23% entro il 2050: se fossero rispettate queste stime, l’Italia riuscirebbe a ridurre le emissioni di 97,5 milioni di tonnellate di CO2, corrispondente ad una riduzione di circa il 28% rispetto alle emissioni climalteranti del 2018, come sottolineato dal report “H2 Italy 2050” elaborato da Ambrosetti e Snam.

Il PNRR ha individuato fondi complessivi per 3,19 miliardi di euro per i progetti dedicati all’idrogeno, come riconversione delle imprese, produzione, trasporto e stoccaggio: recentemente sono stati pubblicati due bandi che prevedono 30 milioni di euro per progetti di ricerca sviluppati dalle imprese e 20 milioni per progetti di organismi di ricerca pubblici, ovvero enti e università.

Nel documento REPowerEU“, un pacchetto di misure che prevede investimenti per oltre 200 miliardi di euro per accelerare la transizione verde (ne abbiamo parlato soprattutto per quanto riguarda l’obbligo di pannelli solari su tutti i nuovi edifici dal 2030), è prevista una politica di sviluppo chiamata “Hydrogen Accelerator” che dovrà andare a sostituire una parte della domanda di gas russo con 10 mega-tonnellate di idrogeno rinnovabile.

“Adesso serve sostenere questa domanda con una visione a lungo termine, un’infrastruttura adeguata, una legislazione unitaria per tutta l’Unione Europea e una catena di approvvigionamento che preveda trasporto e stoccaggio proporzionati alle stime di fornitura previste per i prossimi 20-30 anni. Inoltre servono investimenti tecnologici che permettano di ridurre i costi, consentendo economie di scala in fase di produzione: producendo idrogeno massivamente si abbasserà il prezzo a beneficio di tutta la filiera”, spiega sempre Werth.

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Prospettive di sviluppo a lungo termine

Ma quali sono le prospettive di sviluppo a lungo termine? Stando al report “Hydrogen Roadmap Europe” diffuso dall’UE, all’interno di uno scenario ottimistico, l’idrogeno nel 2050 potrebbe rappresentare il 24% della domanda energetica del Vecchio Continente (con 2.250 terawattora – TWh).

Secondo questi calcoli sarebbe possibile alimentare circa 42 milioni di auto, 1,7 milioni di camion, 5.500 treni, e sarebbe in grado di riscaldare 52 milioni di famiglie. Il tutto con un risparmio di 560 mega-tonnellate di CO2.

Il Paese che sta ragionando a livello più centralizzato e sistemico è la Germania, che sta mettendo a punto un progetto di importazione di idrogeno dalla Norvegia che andrà a sostituire progressivamente il gas russo proveniente dal gasdotto Nord Stream. Anche in Arabia Saudita si stanno portando avanti progetti per la realizzazione di impianti per la produzione di idrogeno con l’obiettivo di diversificare la propria economia basata sulle esportazioni di petrolio in tutto il mondo.

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