Rilascio del Pdc anche per le opere non compatibili

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Aumentano esponenzialmente le possibilità di rilascio del permesso di costruire con le modifiche introdotte dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 Misure urgenti per la crescita del Paese.

Con le modifiche al Testo Unico dell’Edilizia, aumentano notevolmente le possibilità di assenso e diminuiscono quelle di dissenso per il rilascio del permesso di costruire, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.  È quanto emerge dal comma 5-bis, dell’articolo 20 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, introdotto dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, recante Misure urgenti per la crescita del Paese, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 dell’11 agosto 2012 (leggi anche Decreto Crescita alla Camera per la fiducia: le novità in edilizia).

Infatti, il primo periodo del citato comma 5-bis, recita: “Se entro il termine di cui al comma 3 (sessanta giorni) non sono intervenute le intese, i concerti, i nulla osta o gli assensi, comunque denominati, delle altre amministrazioni pubbliche, o è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate, nel caso in cui tale dissenso non risulti fondato sull’assoluta incompatibilità dell’intervento, il responsabile dello sportello unico per l’edilizia indice la conferenza di servizi” (leggi anche Sportello Unico Edilizia, più spazio all’autocertificazione).

Ciò significa che per il rigetto dell’istanza non basta un dissenso basato solo sull’incompatibilità dell’intervento, ma deve risultare una incompatibilità “assoluta” poiché, qualora il motivato dissenso sia opinabile, lo sportello unico per l’edilizia indice una conferenza di servizi.

Va considerato inoltre che difficilmente  lo sportello unico per l’edilizia potrà assumersi la responsabilità di assoggettare l’intervento richiesto ad opera assolutamente incompatibile sulla base della semplice esposizione del parere espresso da un ente coinvolto nella formazione del titolo edilizio poiché, in realtà, la linea di demarcazione tra le due possibili interpretazioni (compatibile o incompatibile) è oltremodo labile e quindi, con buona probabilità, dovrà scegliere la procedura della conferenza di servizi.

A questo punto subentra il secondo comma che recita “Le amministrazioni che esprimono parere positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini dell’individuazione delle posizioni prevalenti per l’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento, di cui all’articolo 14-ter, comma 6-bis, della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni”.

Dalla lettura di quanto sopra si desume, quindi, che non basta solamente il dissenso espresso a determinare il rigetto dell’istanza, benché l’incompatibilità risulti anche nella conferenza di servizi.

Di fatto, la norma prescrive che dell’eventuale dissenso si deve tener conto nell’individuazione delle posizioni prevalenti per l’adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento.

Una forma di suffragio a maggioranza, da cui traspare la difficoltà che incontra lo sportello unico per l’edilizia a far rispettare le prescrizioni e i limiti imposti dalle norme di settore e, che pertanto, un eventuale dissenso non può essere ritenuto vincolante per la conclusione del procedimento di formazione del titolo abilitativo edilizio.

Mario Di Nicola

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